Mosul: le truppe irachene circondano la moschea in cui fu proclamato il Califfato

La battaglia per la liberazione di Mosul potrebbe essere entrata nella fase decisiva. Le forze di sicurezza irachene si trovano, infatti, a poche centinaia di metri dalla grande moschea in cui, nel 2014,  Abu Bakr Al-Baghdadi proclamò il califfato dell'Isis.

L'agenzia iraniana Press Tv, citando il capo della polizia federale irachena Raed Shaker Jawdat, ha divulgato la notizia secondo cui le truppe di Bagdhad sono prossime al minareto al'Hadba ('il gobbo') e alla grande, moschea di Nuri.

I soldati iracheni sono arrivati nella parte vecchia della città dopo aver sostenuto violentissimi scontri con i miliziani del Califfato.

Il luogo di culto sarebbe stato completamente circondata. Mentre a terra infuria la battaglia, in cielo incrociano decine di droni le cui riprese si stanno rivelando particolarmente preziose per monitorare, in tempo reale, i movimenti dei terroristi in fuga.

L'esercito siriano entra a Palmira

Dopo diverse settimane di violenti combattimenti, l'esercito siriano e le truppe alleate hanno liberato la Cittadella storica di Palmira dai miliziani dell'Isis.

Guidate dai soldati della 5^ Legione e dalla 18^ divisione corazzata, le truppe siriane sono riuscite a riprendere il controllo di numerosi siti ubicati ad ovest del cosiddetto Triangolo di Palmira.

Sostenute dalla copertura aerea offerta dall'aviazione russa, le forze di Damasco sono ora ad un tiro di schioppo dalla città, occupata lo scorso 16 dicembre dai miliziani del Califfato.

Con i terroristi in rotta, la definitiva riconquista dell'area urbana e del sito archeologico, da parte dei soldati siriani, potrebbe avvenire già nelle prossime ore.

Anche se l'agglomerato non riveste una posizione strategica, la storia e la rilevanza culturale la rendono una priorità nell'agenda militare del governo del presidente Assad.

 

Obama - Trump e i poli estremi del pregiudizio

 Quando Obama fu eletto, gli diedero subito il Nobel per la pace, senza aspettare che facesse qualcosa per meritarselo. Poi ha fatto, sì, ma un mare di guerre, e anche maldestramente; ed ha oggettivamente favorito califfi e terroristi islamici.

 Ripeto ancora che il sedicente Premio Nobel per la pace NON ha niente a che vedere con i Nobel assegnati dall’Accademia di Svezia; ma è un’operazione di politicanti del parlamento della Norvegia. Lo ripeto perché la gente, se no, pensa sia un Nobel sul serio.

 Obama è la dimostrazione che “Non chi grida Signore Signore entrerà nel Regno dei cieli”: a sentire lui e compagni, sono un’inesauribile antologia di sante intenzioni, quasi tutte contraddette dai fatti. Solo che c’è una cultura parolaia che dà, appunto, importanza alle parole; e se uno parla di pace pensa che faccia la pace. Chiedetelo a Libia, Iraq, Siria, cosa ne pensino della pace di Obama… e ai tentativi di Obama di provocare alla guerra la Russia. Il primo atto di Trump sarà incontrarsi con Putin: chi dei due cerca la pace?

 Le donne? Trump ha poco rispetto per la castità delle donne? Beh, almeno non lo fa alla Casa Bianca, e nel ben noto modo preferito da Clinton marito sotto gli occhi compiacenti della Clinton moglie. O vogliamo ricordare gli amori dei Kennedy?

Gli immigrati? Ma secondo voi c’è davvero qualcuno, in tutti gli Stati Uniti, che desidera un’inondazione di messicani? O, in Italia, di “profughi” e “minori non accompagnati” e ampiamente diciottenni?

 O qualcuno al mondo pensa che se un cantante è bravo a cantare (ammesso, e “de gustibus…”), io prenda in alcuna considerazione il suo parere sulla letteratura greca o sulla presidenza degli Stati Uniti? Canti, si paghi, poi stia zitto.

 Ciò premesso, non è che io straveda per Trump: ma vogliamo concedergli i cento giorni canonici che non si negano a nessuno? Aspettiamo dunque almeno Pasqua, per giudicare. Giudicare dai fatti, non dalle chiacchiere.

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Siria: autobomba al mercato di Azaz, decine di morti

I morti sono almeno sessanta, mentre i feriti sono oltre 150. Questo il bilancio, provvisorio, del drammatico attentato compiuto oggi in Siria.

La notizia è stata diffusa dalla televisione libanese degli Hezbollah Al Manar e dall'emittente panaraba satellitare Al Arabiya.

Secondo i due organi d'informazione, che hanno citato fondi vicine alle opposizioni,  la strage è stata compiuta in un affollato mercato di Azaz, città controllata da gruppi ribelli che dista una cinquantina di chilometri da Aleppo. Per seminare morte e distruzione, i terroristi si sono serviti di un'autobomba che hanno fatto esplodere all'ora di punta.

Altro sangue è stato versato, inoltre, nella provincia di Raqqa dove 11 civili, di cui cinque minori appartenenti alla stessa famiglia, sono stati uccisi nei bombardamenti aerei compiuti dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti. Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), i cinque minori sono morti insieme  due donne della famiglia in un raid portato sul villaggio di Al Swidiyyeh.

Per l'Ondus, nel corso del 2016, la coalizione a guida americana avrebbe provocato 467 vittime civili, 108 delle quali sarebbero minori.

Una richiesta per fermare la guerra, l'Unione europea fa ridere i polli

Riunita a Roma, l’intera Unione Europea esprime il suo fermo e fiero parere sulla Siria. “Chiede” di cessare il fuoco. Lo “chiede” ad Assad, alla Russia, ai tagliagole dell’ISIS e califfi vari, ai ribelli “moderati” e ai loro sostenitori americani. Ovvero, mezzo mondo è in guerra, e l’Europa “chiede”. Provate a immaginare le risate di Putin, del califfo, degli USA, dei ribelli eccetera, alla notizia che l’Europa “chiede”. E chiede senza argomenti, senza proposte, senza nessuna intenzione e possibilità d’intervento non dico militare ma nemmeno economico e politico: niente, l’Europa “chiede”. Lo stesso che, sotto un temporale, io, privo di ombrello, “chieda” alle nuvole di smettere di piovere.

 L’umana storia è fatta di guerre combattute; pochi però hanno prestato attenzione alle guerre che non si fecero, che qualcuno riuscì a impedire con ogni mezzo tranne uno, “chiedere”. Ecco alcuni esempi abbastanza recenti:

-          Nel 1815 il Congresso di Vienna determinò un assetto europeo che, con qualche circoscritto incidente, resse fino al 1914.

-          Nel 1878, dopo la guerra tra Russia e Turchia, i Balcani stavano esplodendo, e, per essi, l’intera Europa. Bismarck convocò il Congresso di Berlino, e, con proposte intelligenti e con grande autorevolezza, tracciò assetti e confini che durarono fino al 1912.

-          Di fronte al rischio di una guerra europea per l’Africa, nel 1881 convocò la Conferenza del Congo, ed evitò scontri armati.

- Nessuno impedì la Prima guerra mondiale; ma nell’agitato e confuso dopoguerra numerosi plebisciti e arbitrati misero mano a questioni di confine che potevano degenerare.

- Nel 1936 scoppiò la Guerra civile spagnola. Italia, Gran Bretagna, Germania e, costretta, anche la Francia, fecero in modo che il confitto restasse solo spagnolo, impedendo, Italia e Germania, non permettendo Gran Bretagna e Francia, la penetrazione di Stalin nella questione.

- Nel 1938, di fronte al rischio di guerra per i Sudeti tedeschi assurdamente finiti cecoslovacchi, Mussolini convocò l’incontro di Monaco tra le Potenze europee, e decise la questione senza guerra. - Il pericolo di uno scontro tra Ungheria e la neonata Slovacchia venne risolto dal Primo arbitrato di Vienna tra Italia e Germania.

- Un Secondo arbitrato, nel 1940, impedì la guerra tra Ungheria e Romania per la Transilvania.

Nessun conflitto, e dico nessuno, è mai stato impedito o risolto dall’ONU tra il 1945 e oggi, e, in genere, da gente che “chiede” senza potere, senza autorevolezza, senza proposte concrete. Figuratevi l’Europa, che non ha nemmeno una politica estera!

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Aleppo: i soldati siriani controllano la gran parte della città

La seconda città della Siria sta per essere liberata dalla presenza dei terroristi. L'offensiva sferrata, nei giorni scorsi, dalle truppe lealiste per riportare Aleppo sotto l'autorità del governo legittimo è, ormai, giunta alla stretta finale.

A confermare i significativi progressi fatti registrare dai soldati di Damasco è stato il centro stampa di Mosca che ha fatto sapere che il 40% della parte orientale di Aleppo è stato 'liberato' dalla presenza delle milizie islamiche. La nota indica, inoltre, che sono saliti a "12" i quartieri nei quali i rivoltosi hanno deposto le armi.

Accanto allo sforzo militare, le autorità governative stanno mettendo in campo un grandissimo impegno per assicurare assistenza ed aiuti umanitari alla popolazione civile.

L'agenzia Sana ha confermato, inoltre, che l'esercito siriano è entrato in profondità nei distretti di Sakhur e Haydariya, riuscendo, quindi, a tagliare in due la zona orientale della città e ad estendere il controllo sulla gran parte della zona settentrionale di quest'area. La situazione sul campo è in continua evoluzione, tanto più che il fronte tenuto dagli uomini di Al Nusra sembra, ormai, essere sul punto del definitivo collasso.

Siria, Aleppo: dopo aver conquistato Hanano le truppe di Damasco sono ad un passo dalla vittoria

Sembra essere entrata in una fase decisiva l’offensiva dell’esercito siriano finalizzata a conquistare la città di Aleppo. La pressione per chiudere definitivamente la partita con i ribelli è aumentata d’intensità a partire dalla giornata di venerdì quando, su quello che è allo stato il fronte più importante, sono arrivati oltre mille soldati.

A dare manforte ai militari impegnati da settimane in un’estenuante battaglia condotta casa per casa, sono giunti diversi contingenti appartenenti al Partito nazionale siriano ed ai fanti di marina. Le truppe fresche sono entrate immediatamente in linea è stanno, già, prendendo parte alla fase finale dell’offensiva, entrata nel vivo, con la conquista, dopo tre giorni di intensi scontri, del quartiere di Hanano da parte degli uomini delle forze speciali Tigre.

Con la conquista dello strategico quartiere, l’esercito siriano si trova, ora, ad un passo dal chiudere definitivamente la partita con i terroristi di Fatah Halab, una coalizione islamica trinceratasi, a partire dal 2012, nei quartieri orientali della città.

L’avanzata delle forze di Damasco è proseguita, anche, oggi con l’occupazione dei quartieri Jabal-Badro e Ard Al-Hamra, distretti adiacenti ad Hanano. L’offensiva è stata condotta dagli uomini della Guardia Repubblicana, dai paramilitari dei Falchi del Deserto e della brigata palestinese al-Quds. Secondo alcune fonti presenti sul campo, l’esercito siriano sarebbe riuscito ad espugnare, inoltre, le fabbriche di Jandoul, il distretto di Ayn al-Tal, la metà del distretto Ba'ibdeen e gran parte dei distretti Hallak Fuqani e Hallak Tahtani. I soldati di lealisti continuano la loro avanzata su tutto il fronte. Stando alle ultime informazioni, anche, il quartiere di Sakhour sarebbe, ormai, caduto nelle mani delle forze governative.

La battaglia avrebbe provocato decine di morti, soprattutto tra i ribelli ormai in rotta. Ad aumentare le perdite tra le fila dei terroristi, l’azione implacabile delle aviazioni russa e siriana che stanno bersagliando i convogli dei miliziani in fuga.

La definitiva riconquista di Aleppo, che appare ormai solo una questione di tempo, permetterebbe allo Stato Maggiore siriano di avere a disposizione migliaia di soldati da impiegare in altri quadranti.

Siria: missili russi fanno strage di ufficiali dei servizi segreti americani e israeliani

La reazione di Mosca al bombardamento aereo americano che ha causato circa 100 morti tra le fila dei soldati siriani in lotta contro l'Isis nella citta siriana di Deir el Zor, non si è fatta attendere. Alcune navi da guerra russe che incrociano nel Mediterraneo hanno lanciato una salva di missili Klibr che ha colpito e distrutto un centro operativo degli insorti nel quale si trovavano una trentina di componenti dei servizi segreti israeliani ed occidentali. La notizia è stata riportata dall'agenzia Sputnik che ha citato fonti militari di Aleppo. Il centro operativo distrutto dai missili di Mosca si trovava all'interno di vecchie cave situate sul monte Saman, nella parte occidentale della provincia di Aleppo. Tra le vittime ci sarebbero anche ufficiali dell'intelligence di Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e Regno Unito. I militari dei paesi che, in teoria, starebbero combattendo contro il terrorismo si trovavano nel centro operativo per dirigere gli attacchi condotti dai terroristi su Aleppo e Idlib. L'attacco, compito lunedì scorso dalle forze navali russe, ha quindi annientato il centro di comando della coalizione diretta da USA ed Arabia Saudita che dirigeva le operazioni dei gruppi terorristi affiliati al “Jabhat Fatah Al-Sham” (ex Fronte al-Nusra) ed al fantomatico ELS. I diversi miliziani che operano in Siria sono armati ed addestrati dagli USA e dal Regno Unito e in alcuni situazioni ricevono ordini dall’Arabia Saudita. In ogni caso, tutti i gruppi  sono coordinati dallo stesso centro di comando inter-alleato che i russi avevano scoperto intercettandone le comunicazioni. Il centro di comando e la sua localizzazione era stato individuato da tempo e si sapeva che al suo interno vi erano ufficiali delle forze speciali USA, Saudite e Turche con la presenza sicura di alcuni ufficiali israeliani. Prima di entrare in azione i russi hanno aspettato. La circostanza induce, quindi, a pensare che l’azione abbia rappresentato la risposta all’attacco, contro le truppe siriane, compiuto lo scorso 17 agosto dall'aviazione guidata dagli USA a Deir el Zor.

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