Operazione Eracle: sequestrati beni per un valore di oltre 100 mila euro

I carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di Francesco Ferrante, di 44 anni e Cosimo Morelli, di 37 anni.

I due sono ritenuti responsabili, in concorso con altri individui, di associazione di tipo mafioso. A Ferrante è stato, inoltre, contestato il reato di intestazione fittizia di beni.

Il provvedimento, emesso sulla base delle risultanze investigative raccolte nell’ambito dell’attività d’indagine denominata “Eracle”, ha determinato il sequestro preventivo di alcuni beni mobili ed immobili riconducibili  sia a Ferrante che a Morelli.

Il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a circa 100 mila euro.

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'Ndrangheta: azzerata la cosca dei "Rango-Zingari", eseguite 18 ordinanze di custoria cautelare

Dalle prime luci dell’alba è in corso una vasta operazione antimafia dei carabinieri del Comando provinciale di Cosenza che, con il supporto di velivoli dell’ottavo nucleo elicotteri di Vibo Valentia, stanno eseguendo 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettanti esponenti della potente cosca di ‘ndrangheta consentina dei “Rango-Zingari”.

I provvedimenti sono stati emessi su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro dall’ufficio del Giudice per le indagini preliminari del capoluogo catanzarese.

Le indagini sono state condotte dai militari del Reparto operativo del Comando provinciale carabinieri di Cosenza e coordinate dal procuratore capo Nicola Gratteri, dai procuratori aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto e del sostituto procuratore Pierpaolo Bruni.

Tra le persone raggiunte dall’ordinanza, anche, il capo della cosca Maurizio Rango, 40 anni, già detenuto in regime di 41 bis.

Intercettazioni, pedinamenti, riprese e riscontri alle dichiarazioni di pentiti dello stesso clan, hanno consentito agli investigatori dell’Arma di ricostruire 3 anni di egemonia della cosca sul territorio cosentino, dal 2012 al 2015. Una multinazionale del crimine che gestiva lo spaccio organizzato di cocaina e hashish, le estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori del consentino, arrivando persino ad “assegnare” alloggi popolari agli affiliati togliendoli ai legittimi assegnatari.

La cosca era riuscita anche ad imporsi attraverso attività apparentemente lecite, gestendo delle società di sicurezza che imponeva alle discoteche del luogo, non esitando, in un caso, a pestare un gestore riottoso.

Documentata anche l’espansione del clan verso la cittadina di Paola (CS), subentrando alla locale cosca dei “Serpa”, disarticolata nel 2012 da un’operazione antimafia portata a termine dall’Arma dei carabinieri e coordinata dalla Dda. di Catanzaro.

Chiesta condanna a 2 anni e 6 mesi per il presidente del Crotone Vrenna

Due anni e sei mesi di reclusione. Questa la richiesta di condanna avanzata dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Domenico Guarascio, a carico del presidente del Crotone Raffaele Vrenna, di suo fratello Giovanni e dell’ex procuratore Francesco Tricoli. Nel processo, in corso di svolgimento a Catanzaro, i tre imputati sono accusati in concorso di aver posto in essere operazioni societarie e commerciali volte ad attribuire fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di quote societarie, beni ed altre utilità, di fatto riconducibili a Raffaele Vrenna, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali. I reati sarebbero stati compiuti nel 2008, quando l’imprenditore venne coinvolto nell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia "Puma" e decise di ricorrere al trust per la sua holding affidandone la gestione a Tricoli, all’epoca procuratore a Crotone. La decisione, secondo la Distrettuale antimafia di Catanzaro, sarebbe stata attuata al fine di eludere eventuali misure patrimoniali antimafia.

Processo "Insula": due condanne per estorsione ed usura

Domenico Commodaro, giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, ha inflitto una condanna a sei anni di reclusione a due imputati, Salvatore Arena e Luigi Tarasi, riconosciuti responsabili dei reati di estorsione ed usura. Il processo, celebrato con rito abbreviato, rappresenta l'appendice dell'inchiesta "Insula", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo regionale e sfociata nel 2013 in tredici arresti. Le indagini si erano concentrate sui presunti legami stretti fra la la cosca Arena e diversi amministratori pubblici di Isola Capo Rizzuto, compresa Carolina Girasole, già sindaco della città in provincia di Crotone e nell'occasione finita in manette.  Sulla base di quanto emerso nel corso delle indagini, i due imputati prestarono una somma di 10 mila euro  applicando un tasso d'interesse del 120%. 

Processo "Piana": in appello condannati due imprenditori

A due imprenditori è stata inflitta una condanna nel contesto del processo d'appello celebrato con rito abbreviato e derivante dall'inchiesta "Piana" che due anni fa aveva messo nel mirino le attività illecite del clan lametino Giampà. Le indagini erano state condotte dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e da personale della Direzione investigativa antimafia del capoluogo.  Nello specifico, Davide Orlando è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere, mentre a Roberto Piacente il giudice ha comminato una pena di 3 anni e 2 mesi.  Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l'operazione era riuscita a spezzare il filo diretto fra gli affiliati alla cosca Giampà ed i titolari di attività imprenditoriali. Un'intesa in grado di generare, a parere della tesi accusatoria, benefici di natura economica sia all'una che all'altra parte. Il verdetto, in ogni caso, ha confermato l'insussistenza dell'ipotesi di reato di associazione mafiosa. 

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