Lavoro, opportunità per infermieri e medici in Germania

Possibilità di lavoro in Germania per medici e infermieri italiani. Reclutamento mediato tramite agenzia, stipendio, alloggio e corso di tedesco tra i vantaggiosi benefit d'inserimento previsti.

“Nurse for Germany”, con sede a Oberhausen, vanta una lunga esperienza in questo settore, con un percorso di assistenza totale. Da qualche anno sta promuovendo positivamente, anche in Calabria, questa opportunità occupazionale all'estero. Incontri conoscitivi si sono svolti, nelle scorse settimane, nel Catanzarese, a Chiaravalle Centrale e a Soverato.

“L'ostacolo della lingua - hanno spiegato nel corso dei colloqui Grazia Sanzo e Klaus Dotzauer di “Nurse for Germany” - viene superato agevolmente con i corsi dedicati, strutturati sulle specifiche esigenze della professione. Per i neo assunti, cifre adeguate alla qualità della vita e all'importanza dei compiti quotidiani da assolvere in ospedale: già all'inizio, per un neo laureato si parte da circa tremila euro lordi”.
L'integrazione con il contesto sociale e culturale, infine, non è un problema, data la presenza di altri italiani già al lavoro nelle strutture sanitarie della zona e, soprattutto, grazie alla costante assistenza di “Nurse for Germany” anche nelle necessità personali.

Il coronavirus, i medici e gli invertabrati in camice bianco

In molti, chi sa perché, si sono illusi che il coronavirus avrebbe restituito un’umanità migliore.

La verità, invece, è che l’emergenza ha amplificato vizi e virtù di ciascuno.

La cattività, l’angoscia, l’incertezza nel domani non ci hanno reso migliori né peggiori: piuttosto hanno restituito la fotografia di ciò che ognuno di noi realmente è.

Prova ne sono le profonde linee di demarcazione che hanno tratteggiato il confine tra due modi d’intendere ed esercitare le professioni sanitarie.

L’epidemia ha, infatti, contribuito a delineare due ambiti d’appartenenza, presenti da sempre, ma amplificati dal covid.

Da una parte (la stragrande maggioranza), medici, infermieri, operatori sanitari che si sono buttati a capofitto nel girone dantesco della pandemia e per settimane hanno lavorato pancia a terra, a volte, fino alle conseguenze più estreme.

Uomini e donne che, sprezzanti del pericolo, hanno portato cura, assistenza, talvolta, magari, solo una parola o un semplice gesto di conforto a chi lottava, tra  la vita e la morte, con il virus.

In loro alberga lo spirito di chi crede in ciò che fa e interpreta la professione, non come un semplice lavoro, ma come una missione.

La missione di chi, nel momento del pericolo, dona e si dona, di chi va dove c’è bisogno di lui, di chi, davanti a chi soffre, ha la forza di lasciarsi tutto alle spalle.

E’ a loro, agli eroi silenziosi di un tempo senza eroi, che il Paese deve tributare stima e gratitudine.

Così come deve manifestare disprezzo e sdegno, per quella minoranza che purtroppo esiste, di invertebrati in camice bianco che non hanno il diritto di essere posti sul medesimo piano dei professionisti con i quali, forse, hanno in comune il titolo accademico e nulla più.

Medici e paramedici che durante la fase più cruenta dell’emergenza hanno fatto affiorare il volto peggiore che un essere umano possa mostrare.

Un  volto meschino, protervo, egoista, pusillanime, emerso con disarmante evidenza durante alcune registrazioni mandate in onda ieri, nell’edizione calabrese del Tg3.

Nelle telefonate, che ricostruiscono alcuni momenti concitati della gestione dell’emergenza abbattutasi sulla Rsa di Chiaravalle Centrale - diventata tristemente nota per il focolaio di coronavirus costato la vita a 28 persone - si sente il direttore della centrale operativa del 118 di Catanzaro riferire al titolare della casa di cura che i medici ed i sanitari inviati “si sono messi in malattia”.

Il responsabile del 118 aggiunge: “che ci posso fare, se sono dei codardi, dei disertori”.

Come se non bastasse, si sente anche il medico del 118 che, arrivato davanti alla Rsa venti minuti prima di finire il turno, anziché visitare i pazienti, dice: “Non vale la pena che mi infetto pure io, vale la pena per dieci minuti?”, e se ne va.

Conversazioni che fanno il paio con altri episodi analoghi di cui le cronache si sono occupate nelle scorse settimane.

Episodi che restituiscono una scenario squallido, avvilente, popolato da figuri disposti a qualunque sotterfugio, pur di sottrarsi alle responsabilità, per le quali sono peraltro pagati.

Sono loro l’altra faccia (di sterco) della medaglia, i “codardi” che indossano il camice bianco, non per portare aiuto a chi soffre, ma forse per sentirsi parte di un circolo esclusivo, dal quale andrebbero espulsi per manifesta indegnità.

La sanzione nei loro confronti, dovrebbe essere esemplare.

L’unica punizione plausibile dovrebbe essere l’espulsione dai rispettivi ordini professionali. Non solo e non tanto per le palesi dimostrazioni d’infingardaggine, quanto per rispetto di coloro i quali sono sempre rimasti in prima linea, sacrificando amori, affetti, tempo libero e talvolta financo la vita.

E per la stima che il Paese deve  nutrire nei confronti di questi ultimi, che i vigliacchi vanno radiati, perché chi ha dato tutto, non può sentirsi chiamare collega da chi non ha donato nulla, neppure ciò per cui era pagato.

  • Published in Diorama

Coronavirus, Calabria: 340 nuovi medici disponibili per affrontare l'emergenza

Sono 340 i medici che hanno dato la propria disponibilità per essere impiegati durante l’emergenza coronavirus in Calabria.

Di questi 158 sono neo laureati in medicina, non ancora abilitati, ma che possono esercitare la professione, secondo quanto disposto dal decreto “Cura Italia” approvato dal governo. 

I restanti 182 sono, invece, medici specializzati e specializzandi, molti dei quali in discipline come medicina interna, cardiologia, pneumologia, anestesia e rianimazione, particolarmente richieste nella gestione dell’emergenza sanitaria.

"Tali disponibilità - ha detto la presidente della Regione Calabria Jole Santelli - ci permetteranno di utilizzare gradualmente il personale medico in base alle necessità e alle aperture programmate degli ospedali Covid sul territorio regionale. 

Parallelamente al reclutamento del personale medico, le Asp hanno già dato avvio allo scorrimento delle graduatorie degli idonei per l’assunzione, sempre a tempo determinato, di 270 infermieri e 200 Oss oltre che a biologi e tecnici di laboratorio.

L’assunzione di personale medico e sanitario non medico permette di rendere operative tutte le strutture e i posti letto aggiuntivi che la Regione Calabria sta attivando per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. 

Sapere di poter contare su professionisti, molti dei quali giovani e con tanta voglia di fare, rappresenta una speranza nella lotta a questo virus e ci dà forza per proseguire in questo grande lavoro che ci vede tutti coinvolti, ciascuno per la propria parte".

 

Coronavirus: la Calabria chiede "aiuto" ai medici in pensione

"Anche i professionisti in pensione potranno dare il loro contributo per prevenire e limitare la diffusione del Coronavirus: medici specializzati in anestesia e rianimazione, pneumologia, malattie infettive, cardiologia, medicina interna, medicina d'urgenza, radiodiagnostica e i biologi, che non esercitano più la professione, possono comunicare la propria disponibilità alla Regione Calabria.

La Direzione Tutela della Salute, Politiche Sanitarie ha, infatti, pubblicato un avviso per acquisire la disponibilità del personale medico e di biologi a riposo, anche se non più iscritti all’albo. Viene dunque istituito un elenco dal quale attingere qualora se ne presentasse la necessità nell’emergenza sanitaria che ci troviamo a gestire.

Verranno conferiti incarichi di lavoro autonomo, di durata non superiore a sei mesi e, comunque, fino al termine dello stato di emergenza, anche a titolo non oneroso; l’attività sarà prestata in favore delle Aziende del Ssr della Regione Calabria".

 Lo rende noto il presidente della Regione Calabria, Jole Santelli.

Sanità, la Cisl medici avanza dubbi sulla fusione Pugliese - Mater Domini

“La Cisl Medici sostiene da anni la costituzione a Catanzaro di una Azienda ospedaliera unica, punto cardine strategico della sanità calabrese, in primis per favorire servizi qualitativamente e quantitativamente adeguati e sicuri ai cittadini - obiettivo principale - e poi per realizzare l’eliminazione degli sprechi di risorse e supportare lo sviluppo della Facoltà di Medicina con le varie Scuole di Specializzazione”.

È quanto afferma il segretario regionale della Cisl medici Calabria, Nino Accorinti, che spiega: “L’orientamento strategico di fondo deve essere quindi la creazione di una Azienda con vocazione all’assistenza oltre che alla didattica, con il passaggio da un clima di competitività ad uno basato sulle sinergie di intenti e il fondamentale superamento della cultura dell’appartenenza al singolo ospedale. Ciò tramite un processo leale, trasparente e condiviso di cooperazione e di valorizzazione in modo paritario delle funzioni e delle attività del personale ospedaliero e di quello universitario. Da questa impostazione potrebbero derivare dinamiche di rete, la costruzione di percorsi diagnostici-terapeutici – finora carenti nelle due aziende – anche a livello territoriale, e la messa in comune di risorse materiali non più assegnate ad una struttura ma messe al servizio di tutta la rete. Macroelementi di criticità nel caso della fusione Pugliese-Mater Domini sono, senza dubbio, la riorganizzazione edilizia con soluzioni organizzative problematiche e le risorse assegnate alla nuova Azienda “Dulbecco” che certamente non può iniziare la sua attività con un bilancio negativo dato dalla somma dei risultati della gestione delle attuali Direzioni Aziendali. In ogni caso non si possono approvare, per la sicurezza dei pazienti, proposte organizzative che tendono a frammentare l’area dell’emergenza (Dipartimento Materno-Infantile) e che non tengono conto dell’assenza di spazi idonei (come evidenziato oltre due anni fa da 2 sub-commissioni costituite proprio dal Commissario ad Acta) presso la struttura di Germaneto e dell’attuale organizzazione dell’Azienda Mater Domini. Punti cardine della fusione/integrazione sono le premesse giuridiche e la parte regolamentare del Protocollo d’Intesa Università-Regione – con cui definire un modello unitario, coerente ed efficiente di azienda - finora sottratto al confronto ed alla condivisione di chi rappresenta i lavoratori. Ciò senza considerare che non si può realizzare un reale processo di integrazione senza il coinvolgimento e il fondamentale contributo del personale delle due realtà. Non servono intese superficiali per avviare il processo, ma occorre delineare un impianto aziendale coerente nel rapporto tra obiettivi e strumenti che, al tempo stesso, garantisca il mantenimento della aziendalizzazione di queste strutture e la possibilità dell’Università di perseguire i suoi fini istituzionali.  La ricerca di un assetto unitario, però, non si può risolvere nel riassorbimento di una tipologia nell’altra e nella subordinazione delle necessità assistenziali a quelle didattiche, vere o presunte che siano! Ciò genera solo conflittualità tra le parti a danno dell’assistenza sanitaria e dell’interesse del malato. Peraltro, occorre tenere in considerazione la normativa che regola i rapporti tra Servizio Sanitario Nazionale ed Università. Infatti, sembra che in violazione dell’art. 1 del D.Lgs. 517/99 e dell’art. 3 delle Linee Guida 2001, non siano stati stabiliti i parametri di attività e le soglie operative per il dimensionamento delle strutture complesse che sono state già individuate in 64, mentre dovrebbe essere l’atto aziendale, come previsto dall’articolo 3, redatto dal Direttore Generale dell’Azienda Integrata a definire l’individuazione delle strutture e l’organizzazione dipartimentale. Su quest’ultimo aspetto è centrale la programmazione concertata e integrata degli obiettivi delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca e delle risorse umane e materiali disponibili prevedendo in caso di costituzione dei soli Dai (dipartimenti ad attività integrata) – con esclusione dei Dipartimenti Assistenziali - che la direzione potrebbe essere svolta indifferentemente sia da personale ospedaliero che universitario.  Ruoli e professionalità devono essere ugualmente considerati, rispettati ed integrati nell’ottica di una maggiore efficacia ed efficienza del sistema”.

“La Cisl medici – conclude Accorinti - auspica l’apertura di un tavolo tecnico di concertazione con esperti ed organizzazioni che rappresentano il personale ospedaliero ed universitario che, vivendo le varie realtà, potranno dare un loro contributo al processo di integrazione”.

 

L'Italia che non programma si troverà a corto di medici

Tra pochi anni, mancheranno, per pensionamento, 80 mila medici tra base e ospedalieri; e nessuno li sostituirà. Ragazzi, mi cadono le braccia!

 Se questi medici raggiungono nel 2018 i 65 anni o qualche fornerata, nel 2008 ne avevano 55, nel 1998 45… Ci voleva Pitagora in persona, per fare due conti, già nel 1998, anzi nel 1988? Per calcolare, nel 1988, nel 1998, nel 2008, che nel 2018 si sarebbe posto il problema? A che serve l’Istat? O a fare propaganda di improbabili crescite economiche?

 Non solo, ma una bella mattina si sono inventati il numero chiuso, riducendo così gli studenti e aspiranti medici. E nemmeno lo hanno contingentato: chiuso, e basta; magari per aiutare qualcuno ai danni di qualcun altro. Certi cognomi…

 L’Italia non ha avuto e non ha alcuna programmazione di ampio respiro. Tutto è estemporaneo, provvisorio, fantasioso. Ogni operazione è fine a se stessa, per rispondere a qualche comodo o capriccio o scopo elettoralistico. Si costruiscono strade dove non passa nessuno; e scuole in paesi che si spopolano… E poi ci manca l’essenziale.

 Urge correre ai ripari. Per formare un medico, oggi, occorrono, dopo la scuola superiore, minimo sei anni, senza contare tirocini e specializzazioni. Lo stesso per le altre categorie, che non credo stiano tanto meglio.

 Bisogna intervenire sulla scuola, con un orientamento serio: l’orientamento non è una campagna acquisti, è sforzarsi di riconoscere le vocazioni e inclinazioni degli studenti, ed esaltarle. Come si fa? Smettendola di cianciare che siamo tutti uguali, perché, grazie a Dio, non è vero.

 E facciamo lavorare sul serio gli istituti di statistica.

  • Published in Diorama

L’Asp di Vibo pronta ad assumere 18 dirigenti medici (a tempo determinato)

L’Asp di Vibo Valentia ha avviato le procedure per l’assunzione, a tempo determinato, di 18 dirigenti medici e 2 autisti di ambulanza. L’indizione degli avvisi pubblici è avvenuta con le delibere di seguito indicate:

1) Delibera n. 1002 - avviso pubblico per soli titoli per la copertura a tempo determinato di n. 3 posti di dirigente medico disciplina di Radiologia, ai sensi dell'art. 1. comma 542 della legge di stabilita 2016. n. 208/2015;

2) Delibera 1004 - avviso pubblico per soli titoli per la copertura a tempo determinato di n. 8 posti di dirigente medico di Anestesia e Rianimazione e n. 7 posti di dirigente medico di Medicina e Chirurgia d'accettazione e d'urgenza ai sensi dell’art. 1, comma 542 della legge di stabilità 2016 n. 208/2015; 

3) Delibera 1003 - avviso pubblico, per soli titoli, per la copertura a tempo determinato di n. 2 posti di operatore tecnico - cat. Bs - autista di ambulanza, ai sensi dell'art. 1. comma 542 della legge di stabilità 2016, n. 208/2015.

Sanità nel Vibonese, oggi l’incontro fra i medici dimissionari e i sindaci della Provincia

È stato convocato per oggi alle 15.30, presso il salone della Provincia di Vibo Valentia, l’incontro fra i primari dell’ospedale “Jazzolino”, che si erano dimessi in seguito alla pubblicazione del decreto n. 30/2016 del commissario ad acta per il Piano di rientro riguardante il riordino della rete ospedaliera, ed i sindaci di tutto il territorio provinciale. All’incontro sono invitati tutti i cittadini sensibili ad una tematica delicata quale quella sanitaria.

  • Published in Cronaca
Subscribe to this RSS feed