Per il Festival delle Nanoscienze si aprono le porte del Senato

La segretaria della Commissione Cultura e Istruzione del Senato, Bianca Laura Granato (M5S), tra gli ospiti politici della dodicesima edizione del Festival delle Nanoscienze di Gagliato.

La senatrice ha voluto toccare con mano il successo di una iniziativa che si ripete con costanza nel tempo, raggiungendo traguardi sempre più alti.

E ha colto l'occasione per lanciare una proposta subito accolta con entusiasmo dal sindaco Salvatore Sinopoli: aprire le porte di Palazzo Madama ai promotori del progetto. “Quella di Gagliato è una esperienza unica e straordinaria che ha tutta la nostra attenzione” ha affermato la senatrice Granato, dialogando con il sindaco Sinopoli. Da qui l'idea di audire ai livelli più alti chi ha immaginato questa “impresa” con l'intenzione duplice di far vedere una immagine diversa della Calabria e di prendere esempio da questa realtà originalissima di Gagliato, voluta e realizzata da Mauro e Paola Ferrari, con la collaborazione fattiva ed entusiastica di una intera comunità.

E sarà proprio “la gente di Gagliato”, nelle intenzioni della senatrice Granato, a poter dare testimonianza di questo progetto a Roma. Rendendosi disponibile a dare sostegno e visibilità alle attività che da dodici anni si svolgono nel piccolo centro delle Preserre, la segretaria della Commissione Cultura e Istruzione del Senato ha così aperto un significativo canale di dialogo con Gagliato e i suoi amministratori comunali. 

L'intervento della senatrice Silvia Vono (M5s) oggi a Palazzo Madama: "Sanità, serve una rivoluzione morale"

Ha ricevuto gli applausi convinti e ripetuti della maggioranza a Palazzo Madama la senatrice calabrese del "MoVimento 5 stelle" Gelsomina Silvia Vono, intervenendo, oggi, nel corso della discussione generale sul Documento di economia e finanza 2018.

Un intervento, il suo, focalizzato sul Def nella più ampia visione "di un'Italia più coesa, equa e solidale".

Inevitabile, pertanto, il riferimento alla Sanità, proprio mentre i rappresentanti delle strutture private accreditate calabresi, in rotta con il commissario ad acta Massimo Scura, portavano a Roma la loro protesta.

La senatrice Vono ha definito i paradigmi della "rivoluzione copernicana" che il Governo Conte metterà in campo in tema di Salute, partendo da "interventi incisivi sulla dirigenza sanitaria, scelta secondo la competenza e il merito, non più sulla base di logiche politiche o partitiche, in modo da mettere fine una volta per tutte al rapporto immorale e malsano tra politica e sanità".

E poi ancora "nuovi e diversi criteri di nomina dei direttori generali, dei direttori sanitari e amministrativi e dei dirigenti di strutture complesse".

"Gli stessi - ha affermato la parlamentare calabrese - saranno valutati in termini di raggiungimento degli obiettivi di salute e di bilancio nella gestione delle aziende. Obiettivi di performance precisi e operativi che, riducendo al minimo il margine di discrezionalità, non consentano più di premiare soggetti che, praticando il più bieco servilismo, hanno mirato solo al proprio avanzamento di carriera a totale danno delle aziende sanitarie e, soprattutto, dei cittadini".

Di particolare rilievo i richiami alla "coesione territoriale, per armonizzare il Nord e il Sud del Paese" sia per "i livelli minimi essenziali di assistenza che di prestazioni su tutto il territorio". 

La vicepresidente del comitato “Trasversale delle Serre” candidata al Senato

Nelle ultime ore, “come riconoscimento per l'impegno civile, la specchiata moralità e i risultati ottenuti nelle tante battaglie condotte sul territorio per la difesa dei diritti dei cittadini e dei lavoratori”, è maturata una proposta di candidatura alle prossime elezioni Politiche nei confronti della vicepresidente del Comitato “Trasversale delle Serre – 50 anni di sviluppo negato”, l'avvocato Silvia Vono.

La stessa ha correttamente informato per tempo la presidenza del sodalizio circa l'opportunità offertale dal “Movimento 5 Stelle” nel collegio uninominale di Catanzaro per il Senato della Repubblica (comprendente  la città capoluogo e il suo hinterland, il Lametino, il Soveratese e tutta la provincia di Vibo Valentia).

Una candidatura indubbiamente importante e di prestigio che l'avvocato Vono, nota per il suo costante attivismo oltre che per le doti di coerenza e coraggio, ha inteso accettare.

“Siamo tutti sicuri - ha commentato il presidente del Comitato, Francesco Pungitore - che Silvia porterà in campagna elettorale non solo le nostre battaglie ma anche quei valori etici che la contraddistinguono e che hanno contribuito fortemente, in questi anni, al successo della nostra mobilitazione popolare nel territorio delle Preserre e delle Serre. Alla nostra vicepresidente un meritato e sincero in bocca al lupo, insieme all'augurio di poter raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi”. 

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Lo Ius soli non è più una priorità

Come era nell’aria da prima dell’estate, il senato ha cancellato dal suo calendario la legge sullo ius soli. Se ne parla, se mai, la prossima legislatura, dopo le elezioni.

 Renzi continuava a ripetere che la legge è prioritaria, ma lo diceva senza convinzione; altri, anche in alto loco, hanno pensato bene di non accennare più al problema. La verità è banale: non c’è una maggioranza favorevole, e non c’è perché è sfavorevole la stragrande maggioranza della pubblica opinione.

 Come mai? Siamo diventati tutti disumani e spietati? No, è la legge palesemente scritta malissimo, e a colpi di ingenue furbate. Da che mondo è mondo, tutti i popoli hanno leggi per la concessione della cittadinanza a stranieri: gli unici ostinati erano gli Ateniesi, che la rifiutavano ai meteci, anche quando erano del calibro di Lisia. Ma i Romani prevedevano leggi di grande buon senso; finché Caracalla non concesse, nel 212, la cittadinanza a tutti i liberi dell’Impero. Non mancarono grandi barbari come il valoroso Stilicone, che fu console.

 Che c’è di male, dunque, ad estendere i diritti ai nati in Italia da genitori stranieri, e che frequentano le scuole e parlano italiano? Nulla, se non capissimo tutti che la ius soli era solo il grimaldello per scardinare gli attuali assetti, anche politici. I proponenti e sostenitori della legge hanno infatti la faccia di uno che prima vuole fare cittadino il ragazzo… poi, la mamma… il papà… i fratelli e cugini rimasti…

 Non c’è scritto, nella legge, ma è, come tutte le norme italiane, così ricca di pieghe, che è ben difficile non sospettare.

 Basta così: ci sono già leggi a sufficienza per chiedere la cittadinanza, e, caso per caso, concederla o negarla, senza sperare in provvedimenti erga omnes, ovvero tana liberi tutti!

 Un corollario. È palese che i proponenti, tutti di area Pd e simili, sperano, anzi sono certi che gli stranieri, una volta resi cittadini da loro, votino per loro. Ebbene, si levino dalla testa la pia illusione.

 Se infatti gli ipotetici nuovi cittadini restano una massa di sottoproletari, faranno come tutti i sottoproletari della storia: voteranno per chi passa loro da mangiare quel giorno stesso delle elezioni. Se invece uno di loro dovesse raggiungere un decoroso tenore di vita attraverso il lavoro, allora voterebbe per chi pare a lui esattamente come quelli i cui avi erano cittadini ai tempi del nonno del re Italo.

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'Ndrangheta. Il Senato ha votato sì all'arresto del senatore calabrese Antonio Caridi

L'aula di Palazzo Madama si è espressa a favore dell'arresto del senatore Antonio Caridi. Sono stati 152 i colleghi che hanno dato l'ok all'esecuzione del provvedimento restrittivo a carico del parlamentare calabrese accusato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria di avere ricoperto i ruoli di "dirigente ed organizzatore della componente 'riservata' della 'ndrangheta". Secondo le accuse formulate nell'ordinanza di custodia cautelare, il rappresentante del Gruppo Grandi Autonomie Locali "fruiva dell'appoggio, tramite la sua articolazione di vertice cosca De Stefano in occasione di tutte le consultazioni elettorali alle quali prendeva parte, dalla prima candidatura alle elezioni comunali del 1997 alle elezioni regionali del 2010". Nel pomeriggio di mercoledì la Giunta per le immunità si era pronunciata con esito analogo: 12 i componenti che avevano votato favorevolmente, 7 quelli che si erano opposti, un membro aveva, invece, scelto la strada dell'astensione. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Lega da una parte; Forza Italia, Grandi  Autonomie Locali e Idea dall'altra. Pochi minuti fa il verdetto dell'Aula: oltre ai 152 sì, sono stati conteggiati 110 no. In 12 si sono astenuti. Lo scrutinio, in accoglimento della richiesta avanzata dagli esponenti di GAL, è stato segreto, contrariamente a quanto auspicato dal PD, che avrebbe preferito il voto palese. L'avvocato Valerio Spigarelli, difensore di Caridi, ha assicurato: "Ovviamente ci consegneremo noi".

La brutta fine della costituzione "più bella del mondo"

Che la vigente fosse “la costituzione più bella del mondo” lo ha detto… Aristotele, quando comparò i diversi assetti delle città greche, ed egli stesso studiò quella di Atene; o il Machiavelli, il Vico, o Montesquieu? Ma no, l’ha detto Roberto Benigni, poi lo ha ripetuto Laura Boldrini; e né questa né quello risultano essere dei filosofi della politica, perciò la loro affermazione mi fece l’effetto che fanno le battute. Anche perché questa costituzione più bella del mondo non arriverà al compleanno dell’1 gennaio 2018, anniversario di quanto entrò in vigore; anzi, spero, nemmeno al 2017. In questi decenni, del resto, di costituzioni ce n’erano due, e la costituzione davvero vigente era quella “materiale”, cioè la partitocrazia, che lottizzava governi e posti; e i governi nazionali e le amministrazioni locali cadevano e risalivano e si rimpastavano a ritmi industriali: una cinquantina di governi! Dopo il 1990, si provò con una surrettizia e ambigua elezione diretta del “premier”, che ebbe grama vita: i governi Berlusconi, frutto di elezione, o caddero o vennero fatti arcanamente cadere; Prodi lo buttarono giù i suoi amici e compagni; Dini, Monti e roba del genere non si sa da dove siano spuntanti; e così lo stesso Renzi. Insomma, già così della costituzione del 1948 era rimasto ben poco. Ora, niente. Ma l’errore non fu cambiarla di fatto, e non è oggi cambiarla di diritto; fu scriverla in modo che ci fossero due assemblee legislative praticamente uguali, con la sola differenza che i senatori dovevano avere 40 anni e i loro elettori 25: un pallido ricordo scolastico del “senatus” come riunione dei “senes”, vecchi. Era un sbaglio, e fu una delle cause dell’instabilità italiana di questi decenni. Un’assemblea basta e avanza; e non che io sia contento di come funzioni la Camera; ma un passo per volta, e intanto mandiamo a casa il Senato. Un corollario, anche se non è l’essenziale, sono 350 bocche di luccio in meno da sfamare: e che bocche!

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Santelli accusa Renzi: “Al Senato il peggior mercato della politica”

“Il suk in cui Renzi ha trasformato il Senato è l’immagine plastica di un premier alle corde”. È quanto afferma la deputata Jole Santelli, secondo cui “la calendarizzazione imposta ai lavori del Senato con il tentativo di incassare il 'bottino' riforme attraverso l'esca del rinnovo delle Commissioni e solo a seguire la mozione di sfiducia palesa le enormi difficoltà di tenuta del governo e il 'traffico' d'influenze poltronistiche messo in atto da Renzi e i suoi. Uno spettacolo – aggiunge la coordinatrice regionale di Forza Italia - avvilente e spregiudicato, un premier che sostiene di voler modificare il Senato, in realtà distruggendo l'istituzione senza realizzare obiettivi realmente riformatori e cerca di farlo attraverso il peggiore mercato della politica”.

Il senato? Torniamo allo Statuto

Le istituzioni inglesi che, aristocratiche e alto borghesi, i libri spacciano per democratiche, e, medioevali, passano per rivoluzionarie, funzionarono per secoli così: il potere del re limitato da una Camera dei Comuni, con rappresentanti delle città, e una Camera dei Lord con i feudatari. Tutti i liberali europei del XIX secolo tentarono di imitarle, venendo però inficiati da una mania francese: il cartismo, cioè fissare per iscritto quello che saggiamente in Inghilterra, poi Gran Bretagna, è solo modificabile consuetudine. Il risultato fu che le costituzioni liberali e, nel XX secolo, democratiche subirono una stridente dicotomia tra norme scritte e situazioni di fatto. Lo Statuto albertino (per inciso, era simile anche la costituzione di Ferdinando II) del 1848 prevedeva una Camera elettiva (censitaria, ma elettiva), e un Senato di nomina regia, la cui funzione era di immischiarsi poco nelle piccole questioni della politica, e garantire saggezza e moderazione attraverso l’autorevolezza dei suoi membri. Presto la Camera iniziò a prevaricare, condizionando e di fatto ponendo i governi, che invece dovevano essere espressione del re. Lo lamentava nel 1897 Sidney Sonnino con il celebre articolo “Torniamo allo Statuto”. La costituzione del 1948 fece del Senato un sostanziale doppione della Camera, con qualche remota reminiscenza del passato come l’età e i senatori a vita; ma il Senato fu teatro delle stesse manovre più o meno pulite dell’altro ramo. L’effetto fu un rimpallo delle leggi tra emendamenti e modifiche. Che ora il Senato così com’è sparisca, dichiaro di essere d’accordissimo. Che alcuni vecchi costituzionalisti si schierino in difesa del 1948, rafforza con entusiasmo la mia convinzione. Fosse per me, farei un Senato albertino, con figure davvero autorevoli e con una funzione di rappresentanza dei corpi intermedi e delle realtà comunitarie e sociali, comprese le categorie produttive e le corporazioni; e con rare e fondamentali funzioni e riunioni. Intanto sparisce questo che c’è, e mi sta bene. 

 

 

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