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Serra: Nessuna speranza per i lavoratori del call center

Il call center di Serra chiuderà i battenti. Nonostante le vibranti proteste di questi giorni, i lavoratori non sembrano avere alcuna possibilità di salvare il loro posto di lavoro. E’ quanto emerso, nel corso dell’incontro svoltosi presso il Ministero per lo Sviluppo Economico, dove la Abramo Custemer Care ha presentato, ai commissari di Infocontact ed ai sindacati, il suo dettagliato piano industriale. Acquisizione della Infocontact per 850 mila euro, presa in carico del Tfr maturato dai lavoratori da luglio 2014, fino al momento dell’acquisizione, nonché il mantenimento dei livelli occupazionali per 632 dipendenti. Questa la proposta della società del gruppo Abramo che ha, inoltre, ribadito la ferma determinazione a procedere alla chiusura delle sedi periferiche “perché non coerenti con il modello organizzativo della società acquirente”. Le proposte, com’era prevedibile, hanno trovato la netta contrarietà delle organizzazioni sindacali, in particolare della Cgil che ha giudicato irricevibile la proposta di accentrare tutte le attività su Lamezia Terme. Con la chiusura dei centri periferici, di fatto si procederebbe ad un surrettizio licenziamento dei lavoratori, i cui compensi non sono assolutamente sufficienti a coprire i costi di viaggio per raggiungere la sede lametina. La distanza, tra azienda e sindacati, per il momento è tale da rendere necessaria una nuova riunione in programma per il prossimo 2 marzo. Nel corso del nuovo incontro, saranno affrontati, inoltre, i problemi legati alla prevista riduzione dell’orario di lavoro ed all’azzeramento degli scatti d’anzianità. In attesa di capire la china che prenderà la vertenza, sembra piuttosto evidente che il destino dei lavoratori serresi è appeso ad un filo quanto mai esile.

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Serra: I quattro nomi del Pd per il dopo Rosi

SERRA SAN BRUNO – I censoriani più ortodossi lo ripetono come un mantra: “Il vecchio centrosinistra è morto il 4 novembre del 2010”. Già, perché la storia di quello che starebbe per tornare come “nuovo centrosinistra”, inizia proprio in quella data, quando, l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono fu defenestrato dalla componente censoriana che si unì all’opposizione salerniana dimettendosi dal consiglio comunale. Poi un continuo rimbalzare di accuse, scuse, andate e ritorni. A poco più di un anno dalle prossime comunali il “nuovo centrosinistra” si starebbe ricompattando per dare vita ad una coalizione nella quale la parte del leone la farebbe il Partito democratico. Lo scopo è chiaro: vincere le elezioni e tornare alla guida del paese dopo la parentesi di centrodestra. Ma non sarà facile. Se da un lato, il centrosinistra sarebbe quasi ricompattato, dall’altro mancherebbero molte cose che allo stato ai democrat non tornano. Del nuovo progetto fanno parte due politici del vecchio: Pino Raffele e Raffaele Lo Iacono, che fuoriusciti dopo lo strappo, successivamente ne hanno fatto rientro, ponendo, peraltro, veti incrociati dell’uno sull’altro. Proprio cosi, perché il punto centrale sul quale l’accordo sarebbe lontano è la candidatura a sindaco. Su questo punto tre sarebbero gli aspiranti candidati a sindaco: Vincenzo Damiani che, non facendo mistero circa le sue aspirazioni, avrebbe posto la questione in termini perentori; Domenico Dominelli, politico di lungo corso che, confidando nella simpatia degli ex Ds, avrebbe sostenuto che il candidato a sindaco dovrà essere scelto dal partito; infine vi sarebbe poi – il condizionale è d’obbligo - l’ex assessore comunale della ex giunta Lo Iacono, Maria Abronzino, che sarebbe sponsorizzata dall’elettorato centrista degli ex Margherita. Se cosi fosse, ci sarebbe, quindi, un ritorno al passato e nessun rinnovamento. Per questo si potrebbero acuire i contrasti proprio con Raffele e Lo Iacono che il rinnovamento lo hanno subìto. Nel suo nome infatti – si pensi alla candidatura a sindaco della giovane professionista Rosanna Federico -  si consumò definitivamente lo strappo che portò entrambi su una strada diversa rispetto a quella di Censore. Come uscire dall’impasse? A questo punto il deputato, Bruno Censore, avrebbe due strade: la prima, quella d’indicare una persona della società civile, qualche giovane professionista proprio sulla scia di quel rinnovamento incominciato alcuni anni fa, tanto più se fosse un’altra donna; la seconda, indicare d’imperio quale candidato a sindaco il segretario cittadino del Pd Paolo Reitano. Una candidatura, non soltanto di servizio, ma, anche, di rinnovamento in grado, forse, di mettere a tacere i mal di pancia democratici.

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Quel tappeto di buche tra bivio Angitola e Serra

Sembra essere il sogno impossibile delle Serre. Uscire dall’isolamento, acquisire la libertà di movimento, godere di una rete viaria, se non all’avanguardia, almeno decorosa. Dopo anni d’inutile attesa, nel 2005, quel sogno sembrava finalmente alla portata. L’apertura dei cantieri per la realizzazione della “Trasversale delle Serre”, agognata da mezzo secolo, sembrava il preludio ad una nuova stagione destinata a portare nell’età contemporanea, anche, questo lembo sperduto di Calabria. L’avvio dei lavori della più imponente opera pubblica mai realizzata in questo territorio aveva suscitato entusiasmo, speranze e perché no, finalmente, qualche sogno. L’opera, secondo il cronoprogramma stilato dall’Anas doveva essere inaugura il 28 gennaio 2008, ma tutti sanno com’è andata a finire. Più che una strada, sembra un puzzle cui un bambino capriccioso ha voluto staccare parte delle tessere. Nell’era della net economy, o in quello che sotto l’incalzare impetuoso della crisi ne rimane, c’é chi ancora in questa martoriata regione desidera solamente una lingua d’asfalto che non trasformi la mobilità in un supplizio. L’era della velocità qui, però, non è mai arrivata. Se altrove, le strade virtuali di internet passano attraverso la fibra ottica, qui chi ha una lentissima Adsl, si considera un privilegiato. Se in altre regioni, le vie di comunicazione, quelle reali e visibili, necessitano di dispositivi autovelox per indurre gli automobilisti a moderare la velocità, qui, invece, non c’è il rischio, neppure a volerlo, di superare i 50 chilometri orari. Certo, non mancano, neppure altrove, situazioni in cui l’orografia causa difficoltà nelle comunicazioni. Ma da quelle parti, almeno, alle curve, ai tornati, alle ripide salite ed alle tormentate ascese, corrisponde almeno un uniforme manto stradale. Qui, invece no. Da noi, alle difficoltà dettate dalla natura, sembra aggiungersi il malefico accanimento di qualche goliardico silfo. A chi viene da fuori, è sufficiente imboccare l’ex SS 110, la provinciale che dall’autostrada conduce sulle Serre, attraverso il bivio Angitola, per capire che questo è un altro mondo. Il cammino s’insinua lentamente tra le sugarelle che via via lasciano il posto agli ulivi prima, ai castagni ed agli abeti dopo. Un percorso impegnativo, tortuoso. Come se non bastasse, però, alle curve, nel corso del tempo, si sono aggiunte le buche, gli smottamenti ed i conseguenti restringimenti di carreggiata. Gli automobilisti, non provano neppure a schivarle le buche, tanto l’una è la prosecuzione della precedente. Ad offrire un contributo, poi, si è aggiunta la rigogliosa vegetazione. Arbusti, rami, frasche e chi più ne ha più ne metta invadono quel che rimane della sede stradale. Una vera delizia, soprattutto, per gli automobilisti che all’auto tengono, a quelli sempre pronti a comprare l’ultimo modello. Percorrendo l’ex SS 110, la personalizzazione della vernice è assicurata, una bella striatura non la leva nessuno. Magari, l’intento della Provincia di Vibo Valentia che ne ha la competenza, è, anche, quello di far crescere, ancor di più, la vegetazione, nella speranza che le piante poste alle due estremità della carreggiata possano, prima o poi, incontrarsi e formare una bella galleria. Che spettacolo sarebbe! Roba da fare invidia ai settecenteschi giardini all’inglese. Ma non bisogna indulgere al pessimismo. Basta percorrere una trentina di chilometri e la situazione migliora. Arrivati al vecchio casello Anas di monte Cucco, si respira, finalmente, un’aria da un avamposto della modernità. Da qui la strada, come un fendente, sembra volersi aprire un varco tra le aspre rughe disegnate dalla natura. S’intravede, finalmente, un rettilineo. Peccato inizi troppo tardi e duri troppo poco. Guardando la striscia di “Trasversale” che s’innesta sulla vecchia strada Borbonica si viene assaliti dallo sconforto. Non rimane che sperare nel futuro, intanto, però, si rimpiange il passato.          

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Antichi mestieri: la tradizione serrese dei carbonai

Dopo di loro, forse, non ci sarà chi custodirà quelle straordinarie conoscenze. Perché questa generazione potrebbe essere l’ultima a compiere un lavoro duro, fatto di sacrifici e notti insonni, di famiglie a volte lontane e di pericoli dietro l’angolo. La vita dei carbonai non è certo semplice, ma è fatta anche di quelle piccole-grandi soddisfazioni di cui ai tempi di Facebook non sembra comprendersi il valore. Più comodo puntare all’abito gessato e alla scrivania di lusso che non a magliette sporche e sudate e al terreno fumante. Eppure sono loro, i carbonai, a conoscere davvero il territorio, i suoi segreti naturali, i suoi sentieri, le sue meraviglie e le sue trasformazioni.

Abbastanza diffusa nei decenni che hanno preceduto l’avvio del secondo millennio, la produzione del carbone realizzata eseguendo le tecniche dei fenici si è oggi drasticamente ridotta e la regola che consentiva il tramandarsi di padre in figlio di specifiche competenze pare non essere più rispettata.

Costruire uno “scarazzu”, una catasta di legna (solitamente leccio) coperta da paglia molto umida e terra per agevolare la totale disidratazione e la cottura del legno, è operazione complessa e richiede circa un mese, dato che ai 20 giorni per la carbonizzazione si devono sommare i 10 precedenti per l’idoneo posizionamento dei tronchi tagliati all’interno, dei pezzi meno consistenti nella fascia intermedia e dei rametti, spesso ancora verdi, all’esterno.

In questa struttura, che solitamente non ha dimensioni  troppo variabili, vanno introdotti, dalla bocca dello “scarazzu”,  dei tizzoni ardenti nel cunicolo vuoto interno, senza però far divampare o spegnere il fuoco. E quì lo “scarazzu” deve essere “assistito”: serve, dunque, una vigilanza 24 ore su 24. In pratica, queste cataste di legna, che ricordano una forma emisferica,  ardono assai lentamente nel loro centro e, dato lo scarso apporto di ossigeno, danno origine al carbone. Diversi fori sparsi su tutto il covone consentono la fuoruscita dei fumi, il cui colore indica lo stato di avanzamento del fuoco e il grado di cottura.

Ogni “scarazzu” può produrre da 20 a 100 quintali di carbone, che, una volta completa la fase di raffreddamento, vengono insaccati per essere destinati al trasporto e alla vendita.

I siti esistenti nel Serrese - tutti a gestione familiare – producono una non secondaria quantità di carbone che viene consumata in diverse regioni d’Italia (soprattutto Puglia, Emilia Romagna ed Isole maggiori) e rappresentano una testimonianza di un’attività che se ora va scomparendo, in passato ha costituito uno dei punti di forza per l’economia locale.

Si tratta pertanto di una tradizione secolare che rischia di svanire tanto per i cambiamenti degli stili di vita, che tendono ad eliminare i lavori più faticosi e logoranti, quanto per il fiorire della concorrenza dei Paesi dell’Est europeo che immettono nel mercato un prodotto a basso prezzo, ma qualitativamente inferiore.

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Unire i Comuni per superare la crisi

 Capisco che siamo in crisi economica mondiale, e figuratevi calabrese, ma non riduciamo tutto ai conti della serva. La conurbazione, cioè fusione tra Comuni, farà certamente risparmiare qualche stipendio di sindaco: se però fosse solo questo, la spesa, con tutti i passi e procedimenti, non varrebbe l’impresa. Lo scopo della conurbazione è consentire l’uso ragionevole della principalissima risorsa di ogni comunità: il territorio. Qualunque cosa vogliate farne – turismo, industria, agricoltura, boschi, pascolo eccetera – il territorio è la risorsa prima, e se male adoperato, il danno è secolare, e i rimedi, quand’anche possibili, sono lunghi e pesanti. Vi porto un solo esempio. Soverato è ancora il centro più popoloso e meglio dotato di servizi del Basso Ionio catanzarese. Ebbene, le circostanze storiche hanno ridotto il suo agro comunale a 7,5 kmq.; e lo vediamo costipato tra una sua piccola zona industriale (Caldarello) e la vasta zona industriale di Satriano (Nigrello - Laganosa), entrambi esempi di spreco di aree che andavano destinate al turismo. Esempi ancora più strambi ce li fornisce Gasperina, con agro sotto Montepaone e sotto Stalettì, e senza mare; o Petrizzi, con una “zona turistica” in alta collina e lontana da una spiaggia, che del resto è di Montepaone o Soverato. In queste e altre non meno complicate situazioni – dimenticavo Satriano nel bel mezzo di Davoli! – come si fa un piano regolatore, o qualsiasi altra seria programmazione? A scanso di interventi di intellettuali della domenica, vi ricordo che quasi tutti i Comuni calabresi non risalgono affatto alla mitica Magna Grecia e ai tempi del re Italo, ma sono stati istituiti, quasi sempre per arte e dolo a vantaggio di quattro possidenti giacobini, da Giuseppe Buonaparte nel 1807 o da Murat nel 1811. Così vi passano le ubbie storiografiche.  Ciò premesso, logica vuole che nascano, per restare nella Valle dell’Ancinale e dintorni, i seguenti nuovi Comuni: Nardodipace, Fabrizia, Mongiana, Serra S. B., Spadola, Brognaturo, Simbario; Torre R., Cardinale, Chiaravalle Centrale, Argusto. Né è detto che i futuri Comuni accorpati debbano risultare dalla sommatoria degli attuali agri, o non sia il caso di riconsiderare anche i confini.  È già nella natura delle cose che siano integrati i paesi di Petrizzi, Gagliato e Satriano con Soverato. Vorrei meglio convincermi se estendere l’ambito anche a Davoli e S. Sostene; o che questi, con S. Andrea, possano farsi Comune. Insomma, questa proposta delle conurbazioni sarebbe un lavoro per competenti, per una commissione seria e fattiva, e con meno profumo di politicanti che si possa; e tenendo alla larga i chiacchieroni generici. Ma dove metteremo le sedi comunali? Boh, al centro di ogni nuovo Comune. E come farà la vecchietta a raggiungere l’ufficio per un certificato? Con una delegazione per quartiere, un ufficio con un piccolo computer e una robusta stampante.

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Tassone (Pd): Il bando per la piscina è un altro fallimento della Giunta Rosi

“Il bando sulla piscina desta preoccupazione”. A sostenerlo in una nota il componente della segreteria cittadina del Pd, Luigi Tassone, il quale, partendo dalla premessa che “la piscina comunale ricopre un elevato ruolo di importanza sportiva e sociale e che bisogna mettere in campo tutte le iniziative volte all’ immediata riapertura”, esprime forti dubbi in merito alla “deliberazione n°5 del 4 Febbraio 2015 con la quale la giunta comunale ha delineato le linee guida per l’affidamento della piscina comunale e degli impianti sportivi ad essa connessi”. Il nuovo bando, che segue quello andato deserto, farebbe saltare “subito agli occhi delle clausole che fanno avere non poche perplessità”. In particolare,”vista la delicatezza e le specifiche professionalità richieste per la gestione di una piscina, non si riesce a comprendere infatti quali siano stati i motivi che hanno indotto la giunta comunale ad inserire una precisa clausola che riconosce, potenzialmente, la possibilità di affidare la gestione della stessa ad eventuali associazioni, società e/o enti sportivi legalmente riconosciuti che non abbiano avuto esperienze pregresse in merito e, pertanto, non adeguatamente preparate nella gestione di una struttura con caratteristiche specifiche”. Una riflessione che scaturisce dalle “difficoltà che si riscontrano nella gestione degli impianti sportivi”, in generale e delle  “piscine” in particolare. Per tale ragione, aggiunge Tassone, “la giunta avrebbe dovuto elaborare  criteri molto più precisi e selettivi di quelli che oggi ritroviamo nel bando”. A ciò si aggiunga che “le linee guida contenute nel bando appaiono sbilanciate favorevolmente verso chi andrà a gestire la struttura sportiva”. Per l’esponente democratico, non minori perplessità suscita la parte del bando relativa “all’erogazione dei contributi che il comune dovrà annualmente versare a chi si aggiudicherà la gestione; sia nella quantificazione del canone annuo che potenzialmente potrà essere riscosso, che nella riconosciuta possibilità di rinuncia della gestione, chiaramente fin troppo favorevole nei confronti di chi andrà ad aggiudicarsi la gara”. “Proprio sotto quest'ultimo aspetto – prosegue la nota - considerando anche la mancata previsione di una penale da porre a carico della rinunciante, la rinuncia stessa potrebbe creare ulteriori problemi dovuti alla riapertura di una nuova procedura di affidamento e pertanto ad una nuova chiusura dell’impianto”. A destare preoccupazione, quindi, il rischio che “possa essere compromessa la funzionalità degli impianti”.  Le molteplicità criticità rilevate, inducono, Tassone a “considerare” il bando “ come un altro fallimento della giunta Rosi”.

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Fuori dalla classifica del Fai. Ma Serra è così brutta?

Alla 7^ Edizione, 2014, del censimento nazionale “I Luoghi del Cuore” del Fai è l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo, a Carlopoli nella presila catanzarese, la più votata dei siti calabresi, con 7.525 indicazioni. Il complesso monastico di Corazzo, fondato nell’XI secolo dai benedettini e ricostruito dai cistercensi nel 1.157 e che vide anche la presenza dell’abate Gioacchino da Fiore, si è aggiudicato, infatti, il 46° posto nella classifica nazionale stilata al termine dell’iniziativa. A seguire si è posizionato il Grande Albergo “Parco delle Fate” di Taverna, nella Sila catanzarese, con 4.530 consensi. Dei monumenti o luoghi calabresi all’85^ posizione, con 4.005 segnalazioni, la  tardo barocca Chiesa della Madonna del Carmine di Bagnara, ricostruita dopo il terremoto del 1783. A seguire il borgo di Mormanno sul Pollino, la biblioteca “Paolo Greco” di Scido, ubicata nell’antico palazzo Ruffo, che raccoglie un ingente patrimonio di volumi sulla storia calabrese. Seguono: la Baia di San Nicola Arcella  sottoposta a vincolo paesaggistico – ambientale dal 1969; il  Castello di Carlo V a Crotone, in quanto esempio dell’evoluzione dei sistemi di difesa dall’età medievale a quella rinascimentale; l’abitato di Brancaleone Superiore, il sentiero del Trecciolino del Monte Sant’Elia a Palmi e la Fiumara Grecanica del Bergamotto nella provincia reggina.

Bene! Anzi male! Chissà a quale posizione si è fermata Serra San Bruno! O non figura per niente?!

È tanta la soddisfazione e l’orgoglio calabrese per l’affermazione al 1° posto per l’abbazia di Corazzo seppur distrutta da ben due terremoti e ridotta a semplici ruderi. Ma qui non si tratta di fare la guerra fra poveri. Per carità! Bisogna interrogarsi piuttosto. Non la barocca chiesa dell’Addolorata, non il santuario regionale di Santa Maria del Bosco, non la Certosa e neanche i ruderi  della facciata della chiesa certosina cinquecentesca. Non il Parco Regionale. Non le altre chiese del centro abitato! Non la Naca della Settimana Santa. Nulla di Serra da meritare una pur minima posizione in questa prestigiosa graduatoria? C’è qualcosa che non quadra. Interroghiamoci! Interrogatevi amici amministratori!

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Reitano (PD): Da De Raffele una polemica sterile e inutile

Botta e risposta, tra il segretario cittadino del Pd ed il presidente del consiglio comunale in pectore, Giuseppe De Raffele. Oggetto del contendere gli interventi da mettere in campo per cercare di preservare gli uffici del Giudice di pace. L’invito che Reitano,  aveva rivolto, ieri, al sindaco Rosi, affinché facesse quanto in suo potere per non perdere l’opportunità offerta dal decreto Milleproroghe con il quale sono stati riaperti i termini per avviare le procedure necessarie a cercare di salvare in extremis gli uffici del Giudice di pace, era stato, immediatamente rispedito al mittente da De Raffele che in una nota, dai toni piuttosto piccati, aveva replicato che l’amministrazione “non ha bisogno delle sollecitazioni del Pd”. Non si è fatta attendere la controreplica del segretario cittadino del Partito democratico che in un comuncato scrive: “Non sono abituato a replicare a critiche sterili, polemiche inutili o a note di dubbio gusto e livello, ma la risposta alquanto nervosa formulata dal Presidente del consiglio in pectore, fa sorgere il dubbio che lo stesso non abbia letto con attenzione la nota inviata dal sottoscritto”.  Reitano, non usa il fioretto e affonda una serie di stoccate all’indirizzo di De Raffele. “Ormai dopo quattro anni di amministrazione - scrive – il sig. De Raffele, piuttosto che lanciarsi in polemiche assolutamente pleonastiche, avrebbe dovuto tracciare un bilancio della sua attività amministrativa, degli interventi realizzati per Serra e per i cittadini perché, ad onor del vero a differenza di quanto decantato nel suo comunicato, non riusciamo a vederli. Lo stesso De Raffele dovrebbe rendere edotta la cittadinanza dei progetti che lui stesso ha seguito direttamente, come ad esempio la raccolta differenziata; oltre che utilizzare i social network per fare propaganda e dire che preferisce bere acqua dal rubinetto, dovrebbe dire che tipo di attività ha posto in essere per realizzare l’autonomia del nostro sistema idrico dalla Sorical, ma, soprattutto, dovrebbe dire oggi cosa intende realizzare e quali sono i nuovi programmi”. “ Dopo quattro anni di amministrazione – prosegue la nota - non ci possono essere alibi e non si possono richiamare esperienze concluse e già valutate dagli elettori, ma si devono tracciare bilanci dove indicare gli obiettivi raggiunti. Lo scontro tutto interno alla maggioranza serrese relativo al rimpasto di giunta ha trascinato il nostro paese nell’immobilismo totale e forse dovrebbe chiarire ai cittadini anche questo. Gli argomenti sarebbero davvero tanti e numerosi gli spunti per criticare quella che passerà alla storia come la peggiore amministrazione comunale”. Messa da parte la sciabola, Reitano, precisa: “La mia, comunque, era una nota strettamente politica che ricalcava il percorso di opposizione costruttiva che, per il bene della nostra cittadina, abbiamo sempre seguito. Opposizione che, pur nello scontro proprio del dibattito politico, non ha mai avuto simili cadute di stile. Al di là della violenza verbale e dell’attacco, francamente inefficace e inutile e del linguaggio utilizzato, assolutamente inadeguato per un Presidente del Consiglio in pectore, ribadiamo la nostra disponibilità affinché si possa trovare una soluzione positiva per la vicenda. Aspettiamo fiduciosi le mosse della maggioranza forzista e l’avvio dell’iter per il mantenimento dell’Ufficio e speriamo che, almeno questa volta, vengano rispettati i termini previsti nel decreto e chiediamo che ci sia una volontà e un impegno reale”. “Per il resto – conclude Reitano - stia tranquillo De Raffele perché tra un anno, circa, saranno i serresi ad esprimere un giudizio su di lui e su questa amministrazione e sono certo che non sarà affatto positivo.

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