Cripta a Santa Maria e battistero in piazza San Leoluca, Russo: “Perso patrimonio unico”

“L’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Costa potrà essere ricordata per aver fatto ‘buca’”. Lo afferma il capogruppo del PD nel Consiglio comunale di Vibo Giovanni Russo che spiega: “è un senso metaforico che tutti i cittadini vibonesi capiranno, specialmente dopo lo sconcertante caso della cripta della chiesa di Santa Maria fortuitamente rinvenuta grazie ad un cedimento. Il sovrintendente Fabrizio Sudano ha chiesto al sindaco che il cantiere possa rimanere aperto per qualche altro giorno al fine di ‘conciliare ricerca e messa in sicurezza del territorio’. Mentre il sindaco ha deciso la chiusura immediata, non rendendosi minimamente conto che è stata persa una parte di patrimonio unica. Una chiesa antica e tanti marmi, forse anche romani, che componevano una massicciata, quelli trovati sono stati portati al museo e nulla più. È questo l’amore – si domanda Russo - che si  nutre per il passato e per la cultura? Purtroppo possiamo continuare la nostra segnalazione di mancata tutela del nostro patrimonio culturale da parte dell’Amministrazione comunale. Questa mancata tutela – sottolinea - si evince dallo stato in cui versano i resti della più antica testimonianza di un battistero in Calabria. Un’opera datata tra IV e V secolo d.C. (epoca in cui quando prendono forma compiuta le diocesi), dei reperti storicamente importantissimi che sono emersi nel corso dei più recenti lavori di sistemazione della piazza San Leoluca. Si è scelto di ‘conservare’ sotto la nuova pavimentazione altre testimonianze, come i resti della chiesa, delle altre parti del battistero, alcune sepolture e tracce di mosaici, mentre si è scelto di mantenere visibile la vasca per l'immersione del battistero. È prevista la realizzazione di una tettoia di protezione ma nel frattempo i muri si stanno disintegrando. E questa è un’altra azione di tutela! Invece di conservare quello che irrimediabilmente possiamo perdere, l’Amministrazione sposta strumentalmente il dibattito pubblico su qualche ceramica contesa con il Museo di Soriano. Strano modo di avere a cuore la nostra Città”.

Pizzo. Aperta la cripta del Duomo dove si presume siano i resti di Murat

La cripta sotterranea del Duomo di Pizzo, dove presumibilmente è sepolto il corpo Gioacchino Murat, è stata aperta. È avvenuto questa mattina, alla presenza, tra gli altri, del sindaco Gianluca Callipo, dell'assessore alla Cultura Cristina Mazzei, del presidente dell'associazione Murat Onlus, Giuseppe Pagnotta, e del parroco del Duomo, don Pasquale Rosano. L'operazione, compiuta con grande discrezione così come aveva chiesto la Diocesi, per il rispetto dovuto ai defunti che riposano in questo antico luogo di sepoltura, è il primo passo per giungere con certezza all'identificazione delle spoglie del Re di Napoli, che nell'ottobre del 1815 fu catturato, imprigionato e ucciso nella città napitina. Il 30 marzo prossimo saranno poi i carabinieri del Ris a calarsi nella cripta per effettuare prelievi biologici e consentire così, nelle settimane successive, il test del Dna.  La rimozione di una delle tre pesanti lastre di marmo che sigillano i tre rispettivi ingressi al vano sotterraneo di sepoltura, ha consentito dunque una prima, sommaria indagine visiva per rendersi conto della situazione e verificare la presenza di eventuali ostacoli fino alla cassa che si presume contengano le ossa di Murat. L'obiettivo è quello di individuare con certezza i resti del sovrano partenopeo, per poi traslarle in un altro luogo di sepoltura a vista, per valorizzare al meglio la sua figura storica.  WLa cripta non veniva aperta da 40 anni - ha spiegato l'assessore Mazzei -. Da quello che abbiamo potuto vedere, si tratta di un unico lungo vano, che si sviluppa sotto il pavimento della chiesa. Il timore era che ci fossero tre diversi ambienti di sepoltura, in corrispondenza delle singole botole di marmo. Questo avrebbe reso molto più difficile giungere sino alla cassa che crediamo custodisca i resti di Murat". Questo primo importante step operativo effettuato oggi, segna il passaggio dalla fase di studio alle operazioni di recupero vero e proprio, così come programmato dal comitato tecnico-scientifico istituito circa un anno fa dal Comune, in collaborazione con l'associazione Murat Onlus. Del comitato fanno parte anche la Sovrintendenza ai Beni archeologici, l'Università di Camerino, il parroco del Duomo e il Reparto investigazioni scientifiche dei Carabinieri.Soddisfazione è stata espressa dal sindaco Gianluca Callipo, che ha ringraziato per la puntuale collaborazione il capitano dei carabinieri della Compagnia di Vibo, Diego Berlingieri, e il comandante della stazione di Pizzo, Paolo Fiorello. "Murat rappresenta uno dei maggiori motivi di interesse culturale di Pizzo - ha sottolineato Callipo -. Sono decine di migliaia, infatti, i turisti e gli studiosi che ogni anno visitano il Castello Murat, per vedere i luoghi della sua breve prigionia, del processo e dell'esecuzione mediante fucilazione ad opera della gendarmeria borbonica. Recuperare i suoi resti e allestire un nuovo luogo di sepoltura più visibile e visitabile, significherebbe un grande risultato per la nostra città, non soltanto in termini di valorizzazione culturale, ma anche con riferimento alla promozione turistica del territorio". La posizione della cassa di Murat fu individuata alla metà degli anni '70, in occasione dei lavori per il rifacimento del pavimento della chiesa, quando nella cripta fu calata una macchina fotografica. Le immagini così ottenute mostrarono numerosi resti di corpi umani, tumulati nel corso dei secoli, a conferma della consuetudine di seppellire i defunti sotto le chiese. Tra queste spoglie, fu individuata una bara che corrisponde alla descrizione che alcune cronache dell'epoca fanno dell'ultimo viaggio del re. In particolare, dopo la fucilazione, il suo corpo venne composto in una cassa di abete che durante il trasporto verso il Duomo cadde sul selciato, rompendosi. Per rimediare all'incidente, fu effettuata una riparazione di fortuna, avvolgendo la cassa con una lunga corda. Ed è proprio su un feretro legato da una corda che si è quindi concentrata l'attenzione dei ricercatori. Le probabilità che contenga le spoglie mortali di Gioacchino sono molto alte, ma il dilemma potrà essere risolto soltanto effettuando un prelievo biologico per il test del Dna da comparare a quello dei discendenti che vivono oggi in Francia.

 

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