Come la Russia beffa le sanzioni con l’aiuto della più grande democrazia del mondo

“Les affaires sont les affaires” è una commedia scritta nel 1903 da Octave Mirbeau, il cui protagonista, Isidore Lechat, incarna la figura dell’affarista rapace e senza scrupoli, capace di trarre vantaggio da qualsiasi situazione. L’opera, per quanto datata, è quanto mai attuale, soprattutto alla luce del delicato contesto economico determinato dalla guerra in Ucraina.

Un contesto in cui, purtroppo, non mancano gli Isidore Lechat capaci di trasformare in profitti le altrui sventure. E’ il caso di alcuni Paesi che continuano a trafficare con la Russia. A svelare una situazione che starebbe sterilizzando gli effetti delle sanzioni decretate dall’Occidente, è stato il Centro di ricerca sull’energia e l’aria pulita con sede a Helsinki che, in un rapporto, ha messo nero su bianco come, a dispetto dell’embargo, il petrolio russo stia scorrendo a fiumi in ogni direzione. Il tutto avverrebbe grazie a triangolazioni internazionali che permetterebbero alle navi cariche di prodotti petroliferi russi di arrivare addirittura nei porti statunitensi. Ovviamente, all’origine dell’escamotage ci sarebbe una colossale speculazione. Come riporta il National Post, “Dall’invasione russa alla fine di febbraio, i prezzi globali del petrolio sono aumentati vertiginosamente, dando alle raffinerie in India e in altri paesi un ulteriore incentivo a sfruttare il petrolio. Mosca li offre con forti sconti da $ 30 a $ 35 al barile, rispetto al greggio Brent e ad altro petrolio internazionale che ora viene scambiato a circa $ 120 al barile”.

Con il petrolio russo a prezzo di saldo, a fare affari sono in tanti, a partire dagli armatori. Stando al rapporto del CERA, il 97 per cento del greggio di Mosca fin qui consegnato nei porti indiani e mediorientali avrebbe viaggiato su petroliere assicurate in soli tre paesi: Regno Unito, Norvegia e Svezia. Dai rapporti sul monitoraggio delle navi sarebbe emerso che tra le destinazione chiave ci sarebbe la Turchia. Tuttavia, la gran parte delle petroliere avrebbe avuto come destinazione finale l’India che, con le sue raffinerie, starebbe giocando un ruolo decisivo per dare al petrolio russo uno sbocco su mercati altrimenti preclusi a causa delle sanzioni. Ad inchiodare alle sue responsabilità, quella che con molta enfasi viene chiamata la più grande democrazia del mondo, ci sono i numeri. Dallo scoppio del conflitto in Ucraina, le raffinerie indiane hanno visto lievitare il volume delle esportazioni di gasolio, passate da 580 mila a 685 mila barili al giorno. Un incremento reso possibile dalle accresciute importazione di petrolio russo, passate da 100 mila barili al giorno a febbraio scorso a 370 mila al giorno ad aprile, fino ad arrivare a 870 mila al giorno a maggio. Complessivamente, nel 2022, l’India avrebbe già importato dalla Russia ben 60 milioni di barili. Una quantità gigantesca, soprattutto, se comparata con i soli 12 milioni di barili acquistati in tutto il 2021. Nuova Delhi, quindi, sarebbe oggi il principale hub di raffinazione del petrolio russo che, una volta trasformato, verrebbe inviato per l’80 per cento sui mercati asiatici. Tuttavia, come rivelato ad Associated press dalla principale analista del CREA, Lauri Myllyvirta, il 20 per cento raggiungerebbe l’Europa e gli Stati Uniti. A ciò si aggiunga che l’India non è il solo Paese ad aver accresciuto le importazioni di prodotti petroliferi russi. Nei primi 100 giorni di guerra, infatti, Mosca ha aumentato la quota di carburante esportata anche in Francia, Cina, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

Il risultato è che, a dispetto delle pressioni esercitate dai governi occidentali, nei primi cento giorni di guerra la Russia ha incassato 93 miliardi di euro dalla sola esportazioni di combustibili fossili. Una cifra colossale destinata ad aumentare nel prossimo futuro in ragione della favorevole congiuntura internazionale. La circostanza non è sfuggita al senior advisor per la sicurezza energetica degli Stati Uniti, Amos Hochstein che, nei giorni scorsi, ha informato il Congresso della possibilità per la Russia d’incrementare le entrate derivanti dai combustibili fossili rispetto a prima del conflitto, in virtù degli aumenti dei prezzi globali e dell’accresciuta domanda determinata dall’allentamento dei blocchi causati dal Covid. Previsioni che se confermate potrebbero far sentire gli effetti delle sanzioni occidentali solo a chi le ha decretate.

Vibo: al Convitto Filangieri una mostra dedicata alla pace

 “Dopo una crisi durata oltre due anni dovuta all’emergenza sanitaria da Covid-19 che tanto ci ha fatto tenere il fiato sospeso,  credevamo che a breve avremmo potuto tirare un sospiro di sollievo e invece il 24 febbraio una terribile notizia ci ha catapultato improvvisamente in uno scenario altrettanto funesto. 

 Un conflitto armato alle porte dell’Europa che aggiunge stress, ansia e paura. Un conflitto che vede contrapposti due paesi, la Russia e l’Ucraina. Ed è guerra, come sempre, orribilmente distruttiva e sanguinosa.

 Due popoli che si scoprono improvvisamente nemici, anche se prima della fatidica data si consideravano come fratelli. Stiamo assistendo a forme di violenze inaudite e la violenza  si sa andrebbe sempre evitata perché a perderci siamo tutti. In questo scenario la scuola in primis per il ruolo che svolge ha il dovere di prendere una posizione, soprattutto nei confronti di chi oggi soffre,  per le tante madri che piangono i propri figli morti a causa del conflitto, per i tanti bambini rimasti orfani, per i profughi in cerca di una vita migliore. E’ chiaro che la pace non si può improvvisare, ma che è qualcosa che va costruita, giorno dopo giorno, dentro e fuori di noi attraverso un lavoro di integrazione  e accettazione dell’altro. Ed è questo che al Convitto Filangieri, silenziosamente ma laboriosamente si fa ogni giorno. La scuola insegna ai giovani a non essere diffidenti, competitivi, violenti. Li fa diventare protagonisti in continui momenti di confronto e di discussione per sensibilizzarli e indirizzarli verso i valori sani del vivere civile. Si parte dalla nostra Costituzione, che del resto, lo dice chiaramente: “L’Italia ripudia la guerra”….e allora perché continuare a farla? Gli alunni del Convitto Gaetano Filangieri hanno voluto testimoniare a loro modo la necessità di pace. E lo hanno fatto nel modo che più piace a loro, senza parole, senza retorica ma prendendo in mano pennelli e colori. Rappresentando simboli ed espressioni artistiche che annullano il buio del dolore e della violenza. Pennellate di freschezza e gioia perché la pace è questa. Gioia, amore e felicità. Traspare questo dalle tele , i cartelloni e i disegni esposti in ogni angolo della scuola. Una mostra dedicata alla pace e per la pace perché chiunque entri veda in ogni angolo il mondo che i ragazzi vorrebbero.

Una mostra che sottolinea la necessità di affermare che c’è una strada alternativa alla sofferenza, al dolore e ella violenza. Una mostra che vuole dire a gran voce ‘No alla guerra’”.

E’ quanto si legge in una nota del Convitto Filangieri di Vibo Valentia.

Una fonte russa rivela: “Tra i prigionieri in Ucraina ci sono militari dei paesi Nato”

“Tra i prigionieri in Ucraina ci sono militari dei paesi della Nato”, lo afferma il vice presidente della Commissione Affari Esteri del Consiglio della Federazione Russa Andrei Klimov.

Le prove della presenza tra i “prigionieri” di Mosca di “personale militare appartenente a paesi della Nato”, a detta di  Klimov, saranno rese pubbliche durante i “processi”, nel corso dei quali “il mondo intero vedrà cosa è realmente successo".

La dichiarazione arriva a distanza di poche ore dalla pubblicazione di un video, nel quale le forze cecene impegnate nel Donbas hanno fatto vedere il passaporto di un cittadino americano di 35 anni ucciso in combattimento e ritenuto membro delle forze speciali statunitensi.

In entrambi i casi si tratta di notizie che non è stato possibile verificare attraverso fonti indipendenti.

Ucraina: la Regione Calabria approva due delibere per accogliere i profughi

La giunta regionale della Calabria ha approvato, così come preannunciato nei giorni scorsi dal presidente Roberto Occhiuto, due delibere relative all’accoglienza dei profughi ucraini.

Il primo provvedimento consente ai sindaci calabresi che ne faranno richiesta di destinare alcune abitazioni a quei cittadini dell’Ucraina in fuga dal conflitto; la seconda delibera, invece, riguarda lo stanziamento di fondi per la prima accoglienza.

“Abbiamo approvato due importanti delibere - ha affermato il presidente Occhiuto -, una che dà la possibilità ai Comuni calabresi di accedere a fondi per la rifunzionalizzazione di abitazioni da destinare all’accoglienza di chi sta scappando dalla guerra in Ucraina; un’altra che, invece, consente alla Protezione Civile e ai Comuni di far fronte alle prime spese relative all’accoglienza dei profughi.

È un modo concreto di dimostrare come la Calabria, che è una Regione che ha grande necessità di solidarietà da parte della comunità nazionale, riesca a sua volta a essere solidale con chi ne ha bisogno, con chi appunto scappa dalla guerra e fino a una settimana fa viveva come tutti gli europei.

Le due delibere sono finanziate dal Por Calabria. Si tratta di 4 milioni per la rifunzionalizzazione delle abitazioni, e di 1,2 milioni per le spese di accoglienza per i cittadini ucraini.

Se il governo nazionale, come ci auguriamo, riuscisse a rendere disponibili ulteriori risorse statali per queste attività, è evidente che utilizzeremo quelle risorse”.

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