'Ndrangheta nel Vibonese, 167 indagati

All'alba di oggi, nella provincia di Vibo Valentia, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto, il Comando provinciale Carabinieri di Vibo Valentia, con il supporto di oltre 500 uomini della Legione Calabria, dei comandi territorialmente competenti, del 14° Battaglione, dei Cacciatori di “Calabria”, “Sicilia” e “Puglia”, del Nucleo cinofili e dell’8° Nucleo elicotteri di Vibo Valentia, a conclusione di una complessa e articolata attività investigativa, nella quale risultano indagate 167 persone, di cui 33 detenute per altra causa, hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso da questa Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di 61 soggetti, ritenuti appartenenti alle principali famiglie ‘ndranghetiste del Vibonese. Gli indagati sono ritenuti responsabili, in concorso e a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, violazione della normativa sulle armi, traffico di stupefacenti, corruzione, estorsione, ricettazione, turbata libertà di incanti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, favoreggiamento personale, procurata inosservanza della pena e falso ideologico, il tutto aggravato dal “metodo mafioso”.

L’attività d’indagine, denominata “Maestrale Carthago, condotta dai carabinieri di Vibo Valentia e coordinata da questa Direzione distrettuale antimafia, ha consentito di “mappare”, attraverso un poderoso impianto accusatorio, la geografia della criminalità organizzata nei comuni di Mileto, Filandari, Zungri, Briatico e Cessaniti, ricostruendo ruoli, compiti e dinamiche dei capi, promotori, organizzatori e partecipi delle associazioni mafiose, evidenziando la loro forte vocazione economico - imprenditoriale e la capacità di intessere fluidi rapporti con “colletti bianchi”, esponenti politici e rappresentanti delle pubbliche amministrazioni. In particolare è stata accertata la piena operatività sul territorio provinciale delle strutture di ‘ndrangheta della “Locale di Zungri” con le ‘ndrine di “Cessaniti” e “Briatico” e della “Locale di Mileto” con le ‘ndrine di “Paravati”, “Comparni”, “Calabrò” e “San Giovanni”, entrambe riconosciute dal “Crimine di Polsi” e soggette alle regole formali e sostanziali della ‘ndrangheta unitaria con accertati collegamenti con le famiglie della Piana di Gioia Tauro.

Durante le investigazioni i carabinieri hanno documentato un importante summit di ‘ndrangheta tenuto all’interno di una struttura turistica della “Costa degli Dei”, in occasione di un ricevimento nuziale, dove dal “Crimine” della “Provincia” venivano impartite disposizioni operative e “comportamentali” ai presenti, ossia venivano date indicazioni su come le diverse famiglie malavitose del vibonese dovevano comportarsi per la spartizione dei proventi illeciti e per dirimere eventuali controversie. Nel corso delle attività investigative è stato documentato come elementi della criminalità organizzata avrebbero condizionato e indirizzato le scelte di alcuni dirigenti medici dell’Asp di Vibo Valentia, anche mediante accordi corruttivi, facendo valere il peso “contrattuale” ed elettorale dell’articolazione ‘ndranghetistica di appartenenza. In particolare è emerso l’interesse della Locale di Mileto e della famiglia Fiaré di San Gregorio d’Ippona nella gestione del servizio di vettovagliamento per gli ospedali di Vibo Valentia, Serra San Bruno e Tropea. È stato inoltre contestato ad un altro dirigente medico della citata Azienda ospedaliera il presunto rilascio di perizie compiacenti in favore di affiliati detenuti. Ad un terzo sanitario del Dipartimento di Veterinaria è stata contestata l’ipotesi di violenza privata aggravata dal metodo mafioso, per essersi rivolto ad un capo locale con la finalità di far desistere un collega dal presentare una denuncia nei suoi confronti.

Sono state accertate poi presunte infiltrazioni all’interno dell’amministrazione comunale di Cessaniti, dove un funzionario avrebbe aggiustato” la graduatoria di un concorso pubblico, per assumere un dirigente amministrativo ritenuto vicino alla locale di Zungri. È stata contestata un’ipotesi di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, aggravata dal metodo mafioso. In particolare è stato accertato che esponenti della criminalità organizzata, colletti bianchi e pezzi della società civile avrebbero ideato un sistema collaudato, volto, attraverso la costituzione di società cooperative di comodo, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, lucrando sul sistema dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, nei comuni di Joppolo, Mileto e Filadelfia, inducendo in errore il Comune di Vibo Valentia (quale ente “capofila” per tutta la provincia), il quale autorizzava la liquidazione delle spese, procurando un danno per l’erario stimato in oltre 400mila euro, con denaro proveniente dal fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (costituito anche da fondi europei), gestito dal Ministero dell’Interno e previsto nella legge finanziaria dello Stato.

Sono state inoltre ricostruite le dinamiche di presunte attività estorsive a carico di una società aggiudicataria dell’appalto per la raccolta dei rifiuti nei comuni di Mileto e Briatico, i cui proventi (circa il 10% dell’importo a base d’asta) sarebbero stati ripartiti tra esponenti della criminalità organizzata riconducibili alle Locali di Mileto e di Zungri, a cui le vittime versavano circa 48 mila euro ogni anno per ciascuna consorteria. È stato altresì accertato un pervicace sistema di estorsioni ai danni di coltivatori della Cipolla Rossa Igp di Tropea e di attività commerciali attive nel settore turistico-alberghiero della Costa degli Dei. Attraverso la creazione di più società per la navigazione da diporto, con intestatari fittizi riconducibili ad un unico centro di interessi, le consorterie criminali avrebbero di fatto creato un regime monopolistico a tariffe imposte. È stata anche riscontrata nell’area di Cessaniti, Filandari e Briatico una presunta attività di illecita intermediazione nella
compravendita di fondi agricoli fra privati, mediante l’invasione di terreni, la minaccia e il pascolo abusivo.

Sono state sequestrate nel corso dell’attività numerose armi, tra cui fucili, pistole - molte delle quali  con matricola abrasa - e un fucile mitragliatore Ak-47 Kalashnikov, nonché un ingente quantitativo di munizioni di vario calibro. I fermati sono stati associati in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Operazione 'Maestrale - Cathago' contro la 'ndrangheta, 61 fermi

È scattata all'alba di oggi una vasta operazione anti 'ndrangheta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nel Vibonese e in altre province italiane. 

L'attività, denominata 'Maestrale - Carthago', ha portato al fermo d'indiziato di delitto di ben 61 persone. 

All'esecuzione dei provvedimenti hanno partecipato oltre 500 carabinieri. 

Operazione "Eureka", maxi blitz in tutta Europa contro la 'ndrangheta

Il Ros e il Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria - con il supporto in fase esecutiva dei Comandi provinciali di Catanzaro, Vibo Valentia, Pescara, Milano, Salerno, Catania, Savona, Bologna, Vicenza, L’Aquila, Ancona, Roma, Cagliari, degli Squadroni eliportati Cacciatori di Calabria, Puglia e Sicilia, dell’ 8° Nucleo elicotteri e del Nucleo cinofili di Vibo Valentia - hanno dato esecuzione a quattro collegati provvedimenti cautelari emessi dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 108 soggetti (in relazione a 4 dei quali con misura cautelare rinnovata dall’Ufficio gip  del Tribunale di Locri su richiesta della Procura della Repubblica di Locri), indagati, tra gli altri, a vario titolo per associazione di tipo mafioso (imputazione a carico di 5 soggetti), concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (con l’aggravante della transnazionalità e dell’ingente quantità), produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, detenzione/traffico di armi anche da guerra, riciclaggio, favoreggiamento, procurata inosservanza di pena, trasferimento fraudolento di valori e altri reati. Sono stati eseguiti provvedimenti di sequestro preventivo di società commerciali, beni mobili e immobili del valore di circa  euro 25 milioni, localizzati in Italia, Portogallo, Germania e Francia.

Nello stesso ambito di indagine,  ed a seguito dello stretto coordinamento investigativo con la Procura della  Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, è stata data esecuzione ad una misura cautelare nei confronti di due minorenni  all’epoca dei fatti.

L’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo,  si è sviluppata nell’ambito di due Squadre Investigative Comuni, una intercorsa tra la Dda di Reggio  e le Procure tedesche di Monaco I, Coblenza, Saarbrücken e Düsseldorf e l’altra tra la DDA di Reggio Calabria, l’Ufficio del giudice istruttore presso il Tribunale di Limburg ed il procuratore federale di Bruxelles, che  sono state costantemente e per un lungo arco temporale,  coordinate da Eurojust.

Eurojust ha assicurato il massimo supporto operativo, grazie ad  un costante raccordo operativo con le altre autorità giudiziarie straniere coinvolte, oltre che mediante la costituzione delle squadre investigative istituite nel procedimento penale, anche attraverso numerose riunioni di coordinamento internazionale.

In contemporanea all’operazione Eureka, le autorità belghe e tedesche hanno dato esecuzione rispettivamente 15 e 24 provvedimenti restrittivi, emessi dalle locali autorità, a carico di ulteriori indagati per reati in materia di narcotraffico e riciclaggio.

Nel medesimo ambito, a seguito di convergenze investigative tra l’indagine Eureka della Dda di Reggio Calabria e altre indagini delle Direzioni distrettuali antimafia di Genova e Milano, hanno eseguito due ulteriori provvedimenti cautelari emessi rispettivamente dagli uffici gip del Tribunale di Genova, a carico di 15 indagati,  e  del Tribunale di Milano, per 38 indagati.

L’indagine condotta dall’autorità giudiziaria reggina è stata avviata nel giugno 2019 a seguito di raccordi tra l’Arma e la polizia federale belga che stava investigando su alcuni soggetti  riferibili alla cosca “Nirta” di San Luca (Rc) attiva a Genk (Be), dedita, tra l’altro, al narcotraffico internazionale.

Le attività dell’Arma - inizialmente orientate verso la famiglia “Strangio fracascia” di San Luca (Rc), riconducibili ai citati “Nirta” - sono state progressivamente estese a diverse famiglie del medesimo centro aspromontano, interessando anche la locale di ‘ndrangheta di Bianco, nel cui ambito sono stati ricostruiti gli assetti interni, numerose condotte relative ad acquisto di cospicue quantità di cocaina per il mercato locale (non concretizzatesi per mancanza di accordo con i fornitori), di detenzione e porto di armi da guerra, reinvestimento di capitali illeciti in attività imprenditoriali - sia in Italia che all’estero - in particolare nei settori della ristorazione, del turismo e immobiliare.

È stato inoltre approfondito il contesto criminale riguardante Rocco Morabito detto “Tamunga”,  già latitante di massima pericolosità inserito nel programma speciale di ricerca del Ministero dell’Interno, tratto in arresto dall’Arma in Brasile nel maggio 2021, unitamente a Vincenzo Pasquino, all’epoca latitante per la Dda di Torino.  

Nel corso delle indagini finalizzate alla cattura di Morabito è emersa la presenza di un gruppo riconducibile al ricercato, attivo nel narcotraffico e nella compravendita di armi. Le acquisizioni, hanno evidenziato che la consorteria avrebbe offerto un container di armi da guerra, da approvvigionarsi tramite non meglio identificati soggetti pachistani, a un’organizzazione paramilitare brasiliana che, in cambio, avrebbe spedito ingenti quantità di stupefacente presso il porto di Gioia Tauro (Rc).

È stata fatta luce anche sul circuito di favoreggiatori che - tra il 2019 e il 2021 - hanno garantito il sostegno logistico ed economico della latitanza di Morabito.  

Quanto al traffico internazionale di stupefacenti è emersa l’operatività di tre associazioni contigue  alle maggiori cosche del mandamento jonico reggino, con basi operative in Calabria e ramificazioni in varie regioni italiane e all’estero.

Le tre consorterie, anche in sinergia tra loro, si rifornivano direttamente da organizzazioni colombiane, ecuadoregne, panamensi e brasiliane, risultando in grado di gestire un canale di importazione del narcotico dal Sud America all’Australia, dove il prezzo di vendita dello stupefacente risulta sensibilmente più alto rispetto al mercato europeo.

Sono stati registrati contatti con esponenti del Clan del golfo, organizzazione paramilitare colombiana impegnata nel narcotraffico internazionale.

Numerosi sono stati gli episodi di importazione via mare censiti (nei porti Gioia Tauro, Anversa e Colon), che hanno permesso di accertare che, tra maggio 2020 e gennaio 2022, sono stati movimentati oltre sei tonnellate di cocaina, dei quali più di tre oggetto di sequestro. I flussi di denaro riconducibili alle compravendite dello stupefacente venivano gestiti da organizzazioni composte da soggetti di nazionalità straniere, specializzati nel pick-up money, o da spalloni che spostavano denaro contante sul territorio europeo. Le movimentazioni di denaro hanno interessato Panama, Colombia, Brasile, Ecuador, Belgio e Olanda.

Sono circa euro 22.3 milioni,  le somme spostate con tali modalità, parte dei quali reimpiegati nell’acquisto di auto e beni di lusso, nonché utilizzati per avviare/finanziare attività commerciali in Francia, Portogallo e Germania, ove venivano anche riciclati sfruttando attività di autolavaggio.

'Ndrangheta, catturato il superlatitante Pasquale Bonavota: il plauso di Mangialavori e Limardo

“Congratulazioni ai Comandi provinciali dei carabinieri di Vibo Valentia e di Genova, a Reparti del Ros, alla Dda di Catanzaro e alla magistratura che, a conclusione di lunghe e complesse indagini, hanno arrestato oggi il super latitante Pasquale Bonavota”.

Così in una nota il deputato Giuseppe Mangialavori, Presidente della Commissione Bilancio e coordinatore di Forza Italia in Calabria. “La cattura dell’esponente di spicco della ‘ndrangheta e uno dei quattro latitanti più pericolosi d'Italia dimostra l’impegno dello Stato e delle Forze dell’Ordine. A loro va il ringraziamento mio e di tutti i calabresi” conclude Mangialavori. 

 

"Massima gratitudine alle forze dell'ordine e alla magistratura per la cattura del latitante di 'ndrangheta più ricercato d'Italia" è stata espressa anche dal sindaco di Vibo Valentia Maria Limardo.

"Avere assicurato alla giustizia colui che è considerato il capo di una cosca mafiosa è un risultato straordinario che l'Arma dei carabinieri, il Ros e la Procura distrettuale hanno ottenuto a beneficio di tutta la società civile. Per tale motivo - conclude il primo cittadino di Vibo Valentia - intendo ringraziare a nome di tutta la mia comunità il comandante dei Carabinieri di Vibo Luca Toti ed il procuratore Nicola Gratteri, insieme a tutti gli uomini e le donne che hanno contribuito alla riuscita di questa lunga e complessa operazione".

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'Ndrangheta, noto ristorante sequestrato a Bologna

Questa  mattina, i finanzieri del Comando provinciale di Bologna hanno eseguito un provvedimento cautelare emesso dal gip del locale Tribunale, a carico di 4 soggetti, uno dei quali ritenuto contiguo alla ‘ndrina “Piromalli” di Gioia Tauro, sottoponendo a sequestro l’intero complesso aziendale (conti correnti, beni immobili e quote societarie) di un noto ristorante ubicato a Modena.

Il decreto è stato emanato su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, in seguito alle indagini eseguite dai baschi verdi bolognesi  nell’ambito dell’operazione “Radici”.

L’operazione, prendendo le mosse dal monitoraggio di cospicui investimenti immobiliari e societari riconducibili a soggetti di origine calabrese, ha fatto luce sulle infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell’Emilia Romagna di organizzazioni criminali di stampo mafioso radicate in Calabria, portando, a ottobre del 2022, all’esecuzione di 23 misure cautelari personali e al sequestro di beni per un valore di circa 30 milioni di euro.

I successivi approfondimenti investigativi, incentrati su uno dei principali indagati, ritenuto “a disposizione” della potente cosca “Piromalli” di Gioia Tauro, hanno ora consentito di ricostruire analiticamente le movimentazioni dei conti correnti bancari e i negozi giuridici riconducibili alla società a capo del ristorante sottoposto a sequestro.

In particolare, nel corso delle indagini è emerso che l’indagato, già noto alle forze dell'ordine per violazioni alla disciplina sugli stupefacenti, reimpiego di proventi illeciti, associazione per delinquere, reati contro il patrimonio, reati contro la persona e porto abusivo di armi da fuoco, nonché indicato da vari collaboratori di giustizia quale contiguo alla criminalità organizzata calabrese, al fine di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali, avrebbe fittiziamente intestato a terzi compiacenti le quote sociali, i conti correnti e tutti i beni strumentali riconducibili al ristorante da lui gestito in maniera occulta sotto le “mentite spoglie” di semplice cameriere.

Il Tribunale di Bologna, condividendo l’esito delle indagini e in accoglimento delle richieste formulate dalla Dda, ha disposto il sequestro diretto dell’intero complesso aziendale, del valore complessivo di oltre mezzo milione di euro.

'Ndrangheta, la Gdf sequestra i beni di un imprenditore

I finanzieri dei Comandi provinciali di Reggio Calabria e Firenze, unitamente a personale dello Scico, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia reggina, hanno dato esecuzione ad un provvedimento emesso dal locale Tribunale che dispone il sequestro di beni - per un valore complessivamente stimato in circa 400 mila euro - riconducibili ad una persona ritenuta a disposizione della cosca “Bellocco” di Rosarno.

La figura del destinatario del provvedimento era emersa nell’ambito delle operazioni denominate:

- “Magma”, condotta dal Gico di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia reggina, nei confronti di una influente cosca di ‘ndrangheta attiva nel comune di Rosarno, e dedita, tra l’altro, al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. A seguito di tale operazione, conclusasi nel mese di novembre 2019 con l’esecuzione di 45 provvedimenti cautelari, l'uomo è stato condannato, in primo grado con il rito abbreviato, alla pena di 20 anni di reclusione per i reati, tra gli altri, di associazione di stampo mafioso e associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravato dall’agevolazione mafiosa;

- “Erba di Grace”, svolta dal Gico di Firenze, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano, nel cui ambito è stato condannato alla pena di 4 anni di reclusione per il reato di traffico di stupefacenti aggravato dall’agevolazione mafiosa;

- “Buenaventura”, condotta dal Gico di Firenze, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Firenze, nel cui ambito è stato condannato, in primo grado con il rito abbreviato, alla pena di 8 anni di reclusione per aver posto in essere manovre estorsive funzionali al recupero di un credito usuraio accordato ad un imprenditore del senese attivo nel settore tessile, al quale aveva applicato tassi di interesse annuali che arrivavano fino al 67%.

In relazione alle risultanze delle indagini, in stretta sinergia con la Dda di Firenze, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha delegato le fiamme gialle a svolgere verifiche di carattere economico-patrimoniale finalizzate all’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

L'attività ha permesso di ricostruire, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità del soggetto, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

Su queste basi, il Tribunale di Reggio Calabria ha decretato il sequestro di una ditta individuale operante nel settore della pasticceria, un’imbarcazione, tre autoveicoli, tre fabbricati, un terreno e disponibilità finanziarie, per un valore complessivamente stimato in circa 400 mila euro.

Operazione “Aemilia”, beni per 55 milioni di euro confiscati a cosca della ‘ndrangheta

I finanzieri del Comando Provinciale di Cremona hanno dato esecuzione nelle province di Aosta, Cremona, Bologna, Mantova, Modena, Parma, Reggio Emilia, Rimini, Verona e Crotone ad un provvedimento di confisca definitiva adottato dalla Corte d’Appello di Bologna e confermato dalla Corte di Cassazione di beni immobili, beni mobili registrati, disponibilità finanziarie, e quote societarie per circa 55 milioni di euro scaturito da ulteriori sviluppi della vicenda giudiziaria convenzionalmente denominata “AEMILIA”, che ha visto coinvolta una compagine ‘ndranghetista operante da anni nel territorio emiliano, nelle province di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza.

Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Cremona, avviate nel maggio 2012 a seguito dell'arresto in flagranza per il reato di usura di un piccolo imprenditore di origini cutresi, da molti anni residente in provincia di Piacenza, hanno consentito di accertare che l’arrestato, approfittando del grave stato di bisogno in cui versava la vittima, nell’anno 2011 aveva prestato soldi applicando un tasso usurario superiore al 210% annuo. E’ emerso un ampio contesto criminale caratterizzato dal coinvolgimento di altri soggetti di origine calabrese i quali, titolari di aziende con elevati fatturati, avevano ideato un vasto sistema di fatture per operazioni inesistenti (utilizzando società cartiere intestate a prestanome) il cui scopo era quello di frodare il fisco creando liquidita` in nero da impiegare nella concessione di prestiti ad aziende emiliane in difficolta` finanziarie per poi assumerne il controllo.

Gli ulteriori approfondimenti investigativi svolti su delega della Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Bologna, hanno consentito di portare alla luce molteplici reati di natura economica, tra i quali l’usura e le frodi fiscali di cui si sono fatti promotori diversi imprenditori i quali, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (aventi principalmente ad oggetto vendita di materiale inerte o noleggio di mezzi di trasporto commerciale) regolate tramite i canali finanziari ufficiali, hanno consentito all’organizzazione criminale di:

• fornire finanziamento a tassi usurai ad imprese in difficolta` economica, le quali, sovente, venivano di seguito assorbite dalla struttura criminale che ne assumeva il controllo;

• riciclare capitali di provenienza illecita;

• godere di indebite detrazioni fiscali e reperire liquidita` per le svariate esigenze dell’organizzazione mafiosa.

Il provvedimento patrimoniale eseguito, che si aggiunge alle confische da oltre 61.500.000,00 euro già operate (l’ultima di circa 4,5 milioni eseguita nello scorso novembre), consentirà di acquisire in via definitiva al patrimonio dello Stato:

• 4 immobili ubicati nella provincia di Bologna;

• 48 immobili ubicati nella provincia di Crotone;

• 6 immobili ubicati nella provincia di Mantova;

• 46 immobili ubicati nella provincia di Modena;

• 11 immobili ubicati nella provincia di Parma;

• 62 immobili ubicati nella provincia di Reggio Emilia;

• 2 immobili ubicati nella provincia di Verona,

per un totale complessivo di 179 beni immobili;

• 10 società di capitali e 6 società di persone operanti nel settore dell’edilizia, logistica, consulenza alle imprese e ristorazione, nelle provincie di Aosta, Modena, Parma, Reggio Emilia, Rimini e Crotone per un totale di 16 società;

• 31 autoveicoli; 2 motoveicoli, 17 rimorchi e semirimorchi, 47 macchine operatrici e agricole per un totale di 97 beni mobili registrati;

e oltre 40 rapporti finanziari,

per un valore complessivo stimato di circa 55 milioni di euro.

Alle operazioni di esecuzione del provvedimento, oltre a personale del Nucleo PEF Cremona hanno preso parte anche finanzieri del Nucleo PEF di Crotone, del Gruppo Aosta e del Gruppo Rimini.

Operazione 'Nuove leve', atti intimidatori e traffici di armi e droga: 11 arresti

Questa mattina, i carabinieri della Compagnia di Palmi hanno dato esecuzione, nelle province di Reggio Calabria e Latina, a due ordinanze di misure cautelari, emesse dai gip del Tribunale di Palmi e del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, nei confronti di 11 persone - di cui 7 in carcere e 4 agli arresti domiciliari - ritenute responsabile, a vario titolo, dei reati di danneggiamento aggravato, detenzione abusiva di armi e munizionamento, comuni e da guerra, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

L’operazione, denominata “Nuove leve”, scaturisce dall’attività investigativa condotta dai militari della Compagnia di Palmi tra novembre 2021 e agosto 2022 e avviata dopo che due uomini a volto coperto avevano esploso 18 colpi di pistola contro il portone e il garage dell’abitazione di una donna.

Per gli investigatori, l’accaduto sarebbe da mettere in relazione con quanto avvenuto a Seminara negli ultimi giorni di ottobre 2021, quando i carabinieri, in seguito a un’aggressione subita da uno uomo e dai due figli minorenni, hanno avviato le indagini che hanno portato alla denuncia di un gruppo di ragazzi, la cui individuazione è stata resa possibile grazie alla collaborazione di una signora del posto che aveva assistito all’aggressione avvenuta proprio sotto la sua abitazione.

Pochi giorni dopo, agli inizi di novembre, la casa della testimone venne bersagliata a colpi d’arma da fuoco. I due episodi sarebbero quindi collegati e a compiere il danneggiamento sarebbero stati due giovani, legati a un nutrito gruppo di soggetti di età compresa tra i 19 e i 30 anni, “capaci - secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori - di condotte delittuose gravi, potendo contare anche sull’appoggio di loro conoscenti e parenti di rilievo criminale, in grado di reperire armi e droga con estrema facilità, successivamente identificati negli odierni indagati”.

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