‘Ndrangheta 2.0 in Lombardia, due arresti

La polizia e la guardia di finanza, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, hanno arrestato due persone ritenute responsabili, a vario titolo, del reato di associazione mafiosa, favoreggiamento, frode fiscale, bancarotta, intestazione fittizia e possesso illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso.

In particolare, il primo dei due arrestati, un sessantaquattrenne originario di Giffone (Rc), già detenuto in quanto condannato in via definitiva per associazione mafiosa quale “capo società” della locale di Fino Mornasco, in provincia di Como, nell’ambito dell’operazione “La notte dei fiori di San Vito” e condannato in secondo grado all’ergastolo come mandante di un omicidio. L’uomo è accusato di aver gestito i suoi affari nonostante la reclusione impartendo disposizioni ai suoi uomini, tra cui un violento pestaggio nei confronti di un debitore di somme di denaro. Inoltre, è accusato di essere amministratore di fatto, per il tramite di uomini di fiducia, di numerosi esercizi commerciali intestati fittiziamente a terzi e di aver praticato prestiti a usura. Infine, dalle indagini è emerso anche come, ai fini del soddisfacimento delle esigenze della sua organizzazione, tra cui il mantenimento dei detenuti, tramite una serie di reati in materia fiscale e commerciale, abbia raccolto illecitamente ingenti liquidità.

Il secondo arrestato, originario del catanese, ma residente nel comasco, è accusato di aver fornito un supporto logistico all’associazione mafiosa, partecipando agli scavi e mettendo a disposizione la strumentazione per eseguirli, al fine di fare in modo che potessero essere recuperati 55 mila euro, occultati in un maneggio nel comasco. Quest’ultimo, riconducibile all’associazione, è stato sottoposto a sequestro nell’ambito di apposita misura di prevenzione patrimoniale.

I provvedimenti in questione sono stati emessi dal gip del Tribunale di Milano, su richiesta della Dda, nell’ambito di una complessa indagine che, già nel novembre del 2021, aveva portato all’arresto di 54 persone indagate per i medesimi reati nonché per estorsione, ricettazione, riciclaggio e corruzione. In particolare, l’indagine aveva fatto luce sull’operatività di famiglie di ‘ndrangheta operanti sulle province di Milano, Como e Varese, nonché sulle loro proiezioni in Svizzera. Nel corso delle indagini, che hanno documentato anni di storia criminale del territorio lombardo, sono stati fotografati tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio:

- periodo 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione ai danni d'imprenditori locali;

- periodo 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso;

- periodo 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi su larga scala gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.

Oltre a questa ‘ndrangheta 2.0 attiva nel tessuto economico ed imprenditoriale lombardo non sono mancate, però, le consuete attività tipiche delle grandi organizzazioni mafiose, in particolare, il traffico di stupefacenti rispetto al quale emergevano le mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, il cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni dei soggetti indagati che vi si erano stabilmente insediati.

Al riguardo, è stata determinante la costituzione di una squadra investigativa comune tra l’autorità giudiziaria italiana e il Ministero Pubblico della Confederazione per la Svizzera.

Gli arresti di ieri, eseguiti dalla Squadra mobile di Milano e dal Nucleo di polizia economico finanziaria di Como, aggiungono un ulteriore tassello all’indagine raggiungendo altri due indagati non colpiti, al tempo, dalla prima serie di provvedimenti emessi dalla Direzione distrettuale antimafia meneghina.

In concomitanza agli arresti sono state eseguite perquisizioni con contestuale sequestro di materiale probatorio sia in Lombardia che in Calabria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Blitz contro la 'ndrangheta in Lombardia, decine di arresti

A partire dall’alba di oggi, la polizia di Stato e la Guardia di finanza hanno eseguito 54 provvedimenti di fermo di indiziati di delitto, al termine di una lunga e articolata indagine coordinata dalla Procura distrettuale di Milano e condotta dalla Squadra mobile di Milano, al Servizio centrale operativo della polizia di Stato e dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como.

Li indagine, sviluppata in coordinamento tra la Dda di Milano e quella di Reggio Calabria, ha consentito di ricostruire la storia di circa quindici anni di presenza della ‘ndrangheta nel territorio a cavallo tra le province di Como e Varese, evidenziandone la vocazione sempre più imprenditoriale e svelandone le modalità di mimetizzazione e compenetrazione con il tessuto economico-legale.

Si tratta di persone di origine calabrese provenienti dalla piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, che, avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà che ne è derivata, avrebbero, in un primo periodo, posto in essere, in modo stabile e continuativo, una serie di reati - estorsione, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione - costringendo gli imprenditori lombardi al pagamento di ingenti somme di denaro per poi acquisire la totale gestione e controllo di attività economiche.

In particolare, l’indagine ha consentito di fotografe tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio:

  • periodo 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione in danno di imprenditori locali;
  • periodo 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso;
  • periodo 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi, su larga scala, gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.

Molteplici sono stati i settori in cui vi sono indizi gravi che gli indagati siano riusciti ad estendere il loro controllo, dal settore del trasporto conto terzi alla ristorazione e ai servizi di pulizia e facchinaggio, caratterizzandone ognuno con il marchio dell’acquisizione illegale e/o della gestione illegale, in spregio di ogni norma a tutela degli interessi dello Stato, dei cittadini e degli altri imprenditori. Emblematico il caso di un noto ristorante milanese sito in un punto panoramico cittadino, gestito da una società riconducibile agli indagati che, dopo aver drenato notevoli risorse finanziarie illecite dagli indagati e verso gli indagati, accumulando, però, ingenti debiti nei confronti dell’erario, è stata dichiarato fallito per aver sistematicamente omesso il versamento delle imposte.

Agli indagati viene, altresì, contestato, in via indiziaria, l’utilizzo di modalità estorsive, di violenze e di fatti di illecita concorrenza che avrebbero consentito di gestire i sub appalti di una nota e storica società lombarda operante nel settore della produzione di bevande e connessa logistica. Le commesse di trasporto così illecitamente acquisite venivano poi spartite tra i vari affiliati consentendo a tutti lauti guadagni accresciuti, altresì, dal ricorso sistematico a false fatturazioni.

Accanto alle attività economiche tradizionali, il gruppo avrebbe manifestato interesse per il traffico di stupefacenti, nell’ambito del quale sarebbero emerse le mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, verso il Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni degli indagati che vi si sarebbero stabilmente insediati, dedicandosi prevalentemente ai traffici di sostanza stupefacente proveniente dall’Italia, provvedendo, nel contempo, a radicarsi e ramificarsi allo scopo di costituire in loco nuove strutture territoriali di ‘ndrangheta. In questo filone, le attività d’indagine sono state effettuate avvalendosi di una squadra investigativa comune costituita tra l’autorità giudiziaria italiana e il ministero pubblico della Confederazione per la Svizzera.

Il coordinamento investigativo sia tra le rispettive polizie giudiziarie sia tra le Dda di Milano e Reggio Calabria, evidenziando la presenza di soggetti protagonisti di entrambe le indagini, ha consentito di confermare ancora una volta la struttura unitaria della ‘ndrangheta, pur nella sostanziale autonomia delle singole articolazioni territoriali, confermando il legame esistente tra i locali lombardi e i corrispondenti locali di ‘ndrangheta presenti in Calabria, nonché il rilevante ruolo di Milano e della Lombardia, nelle dinamiche e negli interessi della ‘ndrangheta al nord Italia.

'Ndrangheta, in corso operazione dei carabinieri

Dalle prime ore di oggi nella provincia di Reggio Calabria ed in quelle di Roma e Como, è in corso un’operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria per l’esecuzione di 5 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto emessi dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nonché di numerose perquisizioni. I reati contestati sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso.

Pedopornografia online. Arrestato un 43enne: è accusato di atti sessuali con un minore

La Polizia Postale e delle Comunicazioni, che avviato le indagini unitamente alla Squadra Mobile, ha arrestato un 43enne accusato di aver divulgato, distribuito e diffuso un notevole quantitativo di materiale pedopornografico e di aver abusato in passato di un minore di 14 anni. L’uomo è originario di Como e residente a Milano. Dopo mirate indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, coordinate dal Procuratore Federico Cafiero de Raho e dal suo Aggiunto Gerardo Dominijanni, il Giudice delle indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere  che aveva avviato le indagini unitamente alla Squadra Mobile reggina. Per non essere individuato, ed impedire l’identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche, utilizzava le postazioni di alcuni Internet Point. Uno stratagemma che, comunque, non gli ha consentito di sfuggire agli investigatori della Polizia Postale che, accortisi di questo intenso traffico sul web, hanno iniziato immediatamente ad intercettare i flussi telematici, attività che ha consentito di individuare le utenze da cui partivano le connessioni internet di accesso alle caselle di posta elettronica e i link di accesso ai cloud da cui venivano scaricate le immagini e i video a carattere pornografico coinvolgenti minori, oltre che informazioni sulla possibilità di dare appuntamento alle giovani  vittime. Gli elementi raccolti hanno condotto quindi la Polizia calabrese ad alcuni Internet Point della città di Bergamo dove ulteriori, mirate attività investigative svolte congiuntamente al Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Milano e alla dipendente Sezione Bergamo, con il supporto della Questura di Bergamo, hanno consentito di individuare l’ignoto utilizzatore delle postazioni internet in quella località, dove adesso è stato eseguito il provvedimento restrittivo emesso dall’Autorità Giudiziaria. Dagli accertamenti è inoltre emerso che il 43enne si sarebbe reso responsabile anche di abusi sessuali commessi in danno di un minore che, all’epoca dei fatti, aveva meno di quattordici anni. L’arrestato, con qualche precedente penale a carico, secondo quanto finora accertato, vive da solo e ha lavorato di recente in maniera precaria come autista di ambulanze e come vigilante sui treni della rete ferroviaria lombarda, dedicando buona parte del suo tempo libero alla navigazione in internet, per condividere con altri utenti del web questa vergognosa passione. 

 

 

 

 

 

 

 

 

'Ndrangheta, blitz dei Carabinieri: 9 arresti

Lesioni personali aggravate, porto e detenzione di armi comuni da sparo, tentato omicidio, traffico di droga: sono i reati contestati, a vario titolo, ai nove soggetti destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa al culmine di un'indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Gli arrestati, secondo quanto emerso nel corso dell'attività investigativa, avrebbero dato vita ad un'associazione delinquenziale organica ad un clan della 'ndrangheta operante nella zona di Monza, nel Comasco ed in provincia di Milano. I Carabinieri del capoluogo lombardo, oltre ad aver eseguito i provvedimenti restrittivi, stanno completando in queste ore ventidue perquisizioni.

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