Lamezia, referendum: Azione identitaria critica la scelta di concedere il salone vescovile

Riceviamo e pubblichiamo:

"In vista della consultazione referendaria è del tutto normale la scesa in Calabria di vari politici nazionali, tutti impegnati a sostenere e spiegare ai cittadini le proprie ragioni, quello che ho trovato decisamente fuori luogo è l’impegno attivo della Chiesa la quale, attraverso la Diocesi di Lamezia Terme, concede il salone vescovile ad un ministro come la Boschi, la quale nella sua azione politica, insieme ad altri suoi colleghi, non ha osservato il rispetto della Dottrina sociale della Chiesa, che dovrebbe essere quella di stare dalla parte dei poveri per come il Vangelo ci insegna e verso il quale lo stesso Papa non smette mai di ricordare. Che la Chiesa partecipi dando il suo fattivo contributo alle vicende ed ai dibattiti politici la trovo assolutamente una cosa normale, quello che stride fortemente è il distacco che questa assume in certe situazioni rispetto al Magistero tradizionale ed alla sua Dottrina.

 Papa Leone XIII scriveva nella sua enciclica che la società moderna stava andando verso un costante progresso dal punto di vista materiale e pertanto sosteneva che questo non poteva essere sufficiente e non bastava, in quanto lo scopo della società doveva essere quello di aiutare l’uomo a perfezionare se stesso nella prospettiva della sua salvezza eterna.

Leone XIII scriveva parole durissime contro quell’ipercapitalismo che oggi impera, “la cupidigia dei padroni e la sfrenata concorrenza che creano povertà, colpiscono gli indifesi operai e l’usura divoratrice continua grazie ad ingordi”.

Oggi il capitalismo è rappresentato dalle varie banche, istituzioni finanziarie e poteri sovranazionali che ordinano ai nostri politici ricette da prescrivere al popolo, non per guarirlo naturalmente, bensì per allungarne sofferenza ed agonia.

Con la Rerum Novarum Leone XIII aprì la strada ad una terza via, anticapitalista ed antimarxista con la quale sancì la superiorità del lavoro sull’economia, tutti insegnamenti ignorati dai governi, specie di quelli degli ultimi vent’anni, nei quali banchieri ne hanno e ne continuano a fare parte e la stessa ministra Boschi ne rappresenta la più vivida testimonianza pratica.

Governi come quello di Renzi che tollera suicidi di gente senza lavoro ormai disperata, migliaia di aborti, matrimoni omosessuali, come può la Chiesa ospitarne un suo rappresentante senza sentirsi in dovere di chiedere allo stesso sul perché di questa condotta politica che va decisamente contro l’insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo?

Oggi quella enciclica e quelle parole scritte da Leone XIII sono ancora più attuali e comprensibili e dovrebbero essere prese in considerazione dalle istituzioni cattoliche e da tutte quelle associazioni che ruotano attorno ad essa . Non si venga a giustificare l’ospitalità alla ministra Boschi con la solita solfa della democrazia, parola nata sette secoli prima della nascita di Cristo in Grecia e l’unica volta in cui viene usata nel Vangelo è applicata per mandare Gesù a morire in croce e liberare Barabba. Oggi la Chiesa più che mai deve porsi come punto di riferimento per i più poveri, cosi come più volte predicato dallo stesso Papa Bergoglio, per dare speranza alla classe lavoratrice, artigianale e soprattutto ai giovani che non vedono un futuro.

Spero vivamente che lo stesso Emerito Vescovo Cantafora, che ha gentilmente messo a disposizione la sala della Diocesi alla ministra Boschi, voglia chiedere conto alla stessa della condotta politica del governo, che certamente è ben lontano dal vero pensiero Cristiano e sociale che deve assurgere a guida per risolvere i drammi dei nostri giorni"

Igor Colombo - Coordinatore regionale  Azione identitaria Calabria

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Biagio Pisani, l'arcivescovo serrese condannato dalla cecità

Durante il lunghissimo pontificato (1878 - 1903) di Leone XIII, furono due i serresi chiamati a governare altrettante diocesi. Il primo è monsignor Giuseppe Barillari (ce ne siamo occupati qui) il secondo è, invece, monsignor Biagio Pisani. Nato a Serra il 21 gennaio 1850, consacrò la sua vocazione a Napoli, dove venne ordinato sacerdote il 30 maggio 1874. Nella città partenopea ebbe modo di farsi apprezzare, soprattutto da Alfonso Capecelatro, destinato a guidare la diocesi di Capua, in provincia di Caserta. L’ascesa di Pisani coincise con l’assunzione al nuovo incarico da parte di Capecelatro che, nel 1880, chiamò il sacerdote serrese a svolgere la delicata funzione di segretario particolare. Sulle rive del Volturno ebbe modo di distinguersi coltivando, insieme a quella religiosa, la vocazione per la filosofa e le lettere. Da studioso e ricercatore infaticabile tradusse e pubblicò diverse opere, una delle quali, particolarmente apprezzata, sulla “Cappella del Sacramento nel duomo di Capua”. Diventato cardinale, nel 1886, Capecelatro non dimenticò il suo pupillo e nel 1889 gli conferì la laurea in teologia. Si tratta di un momento significativo di una carriera destinata a culminare, negli anni successivi nell’assunzione di prestigiosi incarichi. Nel 1895, infatti, Biagio Pisani venne eletto vescovo ausiliare di Capua e titolare di Famagosta. L’evento, come riportato nella Platea, la cronistoria redatta dai cappellani della chiesa Matrice di Serra San Bruno, venne salutato dalla cittadina della Certosa con “un festevole suono di campane”; lo stesso riservato, venti giorni prima, alla nomina a vescovo di Cariati, di monsignor Giuseppe Barillari. La consacrazione fu celebrata, dal cardinale Capocelatro, nella cattedrale di Capua l’8 dicembre 1895. In assenza del titolare, assorbito dagli impegni cardinalizi, la gran parte delle funzioni erano svolte proprio da Pisani, il quale si distinse specialmente per le numerose visite pastorali nel corso delle quali osservava “tutto minutamente e con massima cura”. Le capacità dimostrate a Capua gli valsero, il 23 aprile 1897, la nomina a vescovo titolare di Cesarea della Mauritania. Una tappa intermedia sulla strada che, il 25 giugno 1901, lo porterà ad assumere il ruolo di arcivescovo della chiesa metropolitana di Lepanto. Monsignor Pisani svolse la sua funzione con straordinario zelo, fino a quando il fato avverso non lo sottrasse al suo ufficio. Nel 1904, infatti, una malattia agli occhi, obbligò l’arcivescovo serrese a lasciare la sede affidata al suo governo. Sperando in un giovamento dello stato di salute, si trasferì nel paese che gli aveva dato i natali, ma le cure e le attenzioni non lo sottrassero alla cecità. Un destino beffardo, per un uomo amante delle letture e dei libri di cui sarà costretto a privarsi fino alla fine dei suoi giorni. Trascorrerà gli ultimi 15 anni di vita a Serra dove si spegnerà, il 29 gennaio 1919.

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Giuseppe Barillari, il serrese che fu il vescovo più giovane d'Italia

La galleria dei serresi illustri annovera una discreta schiera di uomini di Chiesa. La cittadina bruniana ha dato, infatti, i natali a ben cinque vescovi. Domenico Antonio Peronaci, Bruno Maria Tedeschi, Giuseppe Barillari, Biagio Pisani e Bruno Maria Pelaia. Dei primi due ce ne siamo occupati qui e qui. Il terzo, Giuseppe Barillari, nacque il 10 ottobre 1847 da Bruno e Maria Giuseppa Salerno. Discendente da una famiglia di artisti, sviluppò la sua vocazione nel seminario di Squillace dove studiò greco, ebraico, filosofia e teologia. Ben presto la sua dottrina venne apprezzata in tutta la diocesi. Ancora giovanissimo, nel settembre del 1867, ricevette la prima tonsura, tre anni, il 24 settembre 1870, diventò diacono. Ordinato sacerdote il 23 settembre 1871, iniziò la sua attività d’insegnante all’interno del seminario che lo aveva accolto come studente. Grazie allo zelo apostolico con cui svolgeva la sua missione, il 23 febbraio 1890, alla morte dello zio don Giuseppe Salerno, venne mandato a Serra in qualità di arciprete della chiesa Matrice. La sua levatura intellettuale e spirituale era tale che, la pur importante parrocchia serrese, rappresentava soltanto la tappa intermedia sulla strada che lo avrebbe condotto ad incarichi ben più prestigiosi. Come riporta la Platea, la cronistoria di Serra redatta dai cappellani della chiesa Matrice: “ Nell’aprile del 1895, in un giorno di domenica, si udì un festevole suono di campane, in segno, che D. Giuseppe Barillari Arciprete era stato nominato Vescovo di Cariati – consacrato in Roma, nel suo ritorno a Serra, è stato ricevuto dal Clero, con musica, e con grande concorso di popolo”. In realtà, la data riportata nella Platea non è esatta. La nomina risale, infatti, al 30 maggio 1895, data in cui papa Leone XIII conferì a Barillari il titolo di vescovo di Menfi in Arcadia e coadiutore di monsignor Giuseppe Antonio Virdia, vescovo di Cariati. Nel momento in cui si svolse la consacrazione, il 30 giugno 1895, Barillari, a soli 48 anni, era il più giovane vescovo d’Italia. Assunta la titolarità della diocesi di Cariati, si mise a lavoro fin da subito, facendosi apprezzare per generosità, disciplina e fermezza. I frutti del suo intenso lavoro non tardarono ad arrivare. Oltre a migliorare la preparazione catechista dei sacerdoti ed a dare aiuto ai poveri ed agli indigenti, il nuovo vescovo fece restaurare il seminario ed abbellire la Cattedrale. Nonostante i numerosi e gravosi impegni, non dimenticò la cittadina che gli aveva dato i natali; così, il 13 novembre 1900, consacrò la chiesa conventuale della Certosa, appena ricostruita. La sua opera era apprezzata a tal punto che l’arcivescovo di Rossano, monsignor Donato M. Dell’Olio, una volta divenuto cardinale del titolo di Santa Balbina, gli aveva preconizzato la dignità cardinalizia. Ad impedire che Serra annoverasse tra i suoi uomini illustri, anche un porporato, l’improvvisa malattia che, il 25 novembre 1902, a soli 55 anni strappò monsignor Barillari alla vita terrena. I suoi resti mortali sono custoditi nel cimitero di Serra San Bruno. A ricordarne l’opera, una lapide, posta sulla tomba, la cui iscrizione recita: “Alla cara e venerata memoria di Mons. Giuseppe Brillari insigne per pietà cristiana, per virtù civile. Preposto alla sede vescovile di Cariati, ne rialzò il prestigio e la disciplina. Cessò di vivere in questa patria diletta il 25.11.1902 all’età di 55 anni universalmente compianto. I fratelli Francesco, Alessandro, Alfonso, Luigi, Concetta”.

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