Roma Capitale, caso Casamonica: i prefetti non sono tutti uguali

Il prefetto di Perugia è stato destituito per aver detto un po’ troppo alla paesana quello che pensiamo tutti ed è ovvio: se un ragazzo si droga o altro, c’è una colpa della famiglia. Insomma, non è stato politicamente corretto.  Il prefetto di Roma, Gabrielli, ha dichiarato di non aver saputo che un pregiudicato defunto sarebbe stato onorato di esequie, e fin qui nulla di strano, e, dopo il rito, sarebbe stato caricato sopra una carrozza a tre coppie di cavalli, con banda al seguito (nel senso di banda musicale), e banda in tutti gli altri i sensi, mentre un elicottero lanciava nuvole di fiori sopra il feretro. Di questa bazzecola non si erano accorti sindaco, vigili, polizie varie, comandi, questore, e, per tutti, il prefetto, il quale è nella provincia il supremo rappresentante dello Stato e responsabile dell’ordine pubblico; e non in una provincia sperduta, ma nella capitale. Capitale che dall’altro ieri fa ridere tutti i principali giornali del mondo civile.  Non credo che ci sia alcun dolo; c’è di peggio, c’è inettitudine; e un inetto è ancora più pericoloso. Attenzione, inetto dal latino ineptus, derivato da un “in” negativo, e “aptus”: dunque, non adatto alla funzione che esercita. Quello che ha fatto il Gabrielli, anzi, che non ha fatto, è mille volte più grave di una frase in mezzo napoletano: è non aver saputo che una banda musicale e una banda di zingari occupavano il bel mezzo dell’Urbe; o, avendolo saputo, non averlo impedito. In uno Stato serio, sarebbe già in viaggio il più lontano possibile da Roma e dalla sua provincia: destituito. Evidente è che nemmeno i prefetti sono tutti uguali.

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Arrestato il principale fornitore di droga di un clan calabrese

Agenti di Polizia in servizio presso il Commissariato Romanina hanno catturato un uomo di 35 anni sospettato di fornire ingenti quantitativi di cocaina alla cosca della 'ndrangheta Molè, la cui base originaria è a Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Di origini albanesi e considerato appartenente al clan calabrese, pendeva su di lui un mandato d'arresto firmato dal Tribunale di Reggio Calabria lo scorso anno nell'ambito di vicende giudiziarie relative al commercio di droga. Nel 2012 era stato emesso nei suoi confronti un provvedimento adottato per estradarlo nel suo Paese. I poliziotti lo hanno individuato a Roma mentre stavano compiendo un'attività tesa a smantellare le attività criminali messe in piedi dagli spacciatori. Perquisendo il suo domicilio, gli uomini in divisa hanno trovato sette scatole contenenti complessivamente quattordici chili di marijuana, un chilo di hashish suddiviso in bustine. Le manette ai polsi sono scattate anche per un secondo albanese, l'ipotesi di reato contestata, sia per l'uno che per l'altro dei due soggetti, è quella di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.

'Ndrangheta, sequestrato noto ristorante nel cuore di Roma

Personale della Direzione investigativa antimafia ha posto sotto sequestro il ristorante "Il Barroccio", ubicato nel cuore di Roma. Secondo le risultanze investigative, la gestione del noto esercizio commerciale, che si trova nelle vicinanze del Pantheon, in via dei Pastini, sarebbe nelle mani di Salvatore Lania, imprenditore originario di Seminara, in provincia di Reggio Calabria, tratto in arresto poco più di quattro mesi fa. Il reato contestatogli è intestazione fittizia di beni. Analogo provvedimento aveva interessato due ulteriori locali, riconducibili a parere degli inquirenti al medesimo titolare: "il faciolaro" e "La rotonda. Fino al momento sono stati apposti i sigilli ad un patrimonio, riferibile a Lania, il cui valore ammonta complessivamente ad una somma vicina a 11 milioni di euro. 

 

"Mafia Capitale", la legge non è uguale per tutti

San Luca e Badolato e vari altri paesi meridionali e persino di altrove sono stati fatti oggetto di commissioni di accesso, e sciolti per mafia; e qualche volta è successo che il sindaco si sia rilevato solo partecipante a normalissime cene con tanta gente promiscua, e prosciolto… Tante altre volte le infiltrazioni mafiose e camorristiche eccetera erano vere, e ben venga lo scioglimento. San Luca d’Aspromonte, paese chiacchieratissimo, conta poco meno di quattromila anime; ha un territorio di 105,35 kmq, quindi una densità di 37 abitanti per kmq, molto meno di un’oasi del Sahara. Ammesso che i 105,35 siano campi fecondi come la California, e non, come sono, calanchi e boschi, che mafia volete che ci sia, a San Luca? A chi chiedono la tangente, i loschi figuri, ai boscaioli: un fungo ogni dieci? Lo stesso per Badolato, scrigno di tesori artistici e memorie storiche, però scarsissimamente utilizzate, perciò di modesto rendimento finanziario. Insomma, una mafia da quattro soldi. Però, ragazzi, dura legge ma legge! I Comuni infiltrati dalla mafia devono essere sciolti. Legge draconiana! E allora, che mi dite, che mi dite di Roma? Roma, sostiene la magistratura (la magistratura, non i pettegoli) è come quando Sallustio, nel I secolo aC, scrisse “Romae omnia venalia”, a Roma tutto è in vendita. C’è anche la mafia con la camorra, ma si aggiunge alla tavola imbandita, al mangia mangia a trecentosessanta gradi di politici e associativi, senza salvare né destra né sinistra né centro né sopra né sotto. Non serve la mafia, a giudicare Roma una cloaca massima di corruzione; ma c’è anche la mafia in senso letterale, se vogliamo essere pignoli. E allora, perché non sciolgono il Comune di Roma come quello di Badolato, di San Luca eccetera? Qualcuno balbetta spiegazioni formalistiche, sofismi avvocateschi, arrampicate sugli specchi… ma la verità, si sussurra, sarebbe più banale: non si scioglie Roma perché è la capitale, e l’Italia farebbe una brutta figura al cospetto dell’intero pianeta. Una in più! E che ragionamento è? Ci sono forse alcuni milioni di Italiani per cui la legge non vale per il solo fatto che stanno a Roma? A Roma si può rubare diversamente da Milano, Palermo, Sassari, Bari, Venezia, San Luca eccetera, e ciò per il solo essere Roma, ovvero la capitale? O Roma può indebitarsi più di Catania, Torino, Soverato; e non pagare i debiti perché è la capitale? Assurdo. Se una città capitale vuole dei privilegi, dovrebbe essere disposta a pagarli nella maniera più ovvia: rendendosi disponibile a rinunciare a consiglio comunale e sindaco, e venendo retta dal governo centrale proprio per la sua natura di centro della Nazione e dello Stato. Lo fece il fascismo istituendo il governatore di Roma di nomina ministeriale (lo fu il nostro conterraneo Edoardo Salerno); e non è solo un’invenzione mussoliniana: Parigi ha un sindaco solo dal 1975. Ma se Roma vuole un sindaco e un consiglio comunale come Brognaturo e Cardeto, allora il sindaco di Roma è uguale preciso a quello di Borgia: soggetto a commissione d’accesso e, se ricorrono gli estremi, a scioglimento per mafia, o a scioglimento e basta.  “Roma – scrive Tacito – dove confluisce tutto ciò che di peggio c’è nell’Impero”.

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Momenti di paura sul volo Lamezia T. - Roma di stamattina

Uno stormo d'uccelli ha costretto all'atterraggio un aereo della compagnai low cost Ryanair partito alle 6,30 di stamattina dall'aeroporto di Lamezia Terme. Il volo, diretto a Roma, è stato interrotto dopo che il pilota ha constatato che l'impatto con i volatili aveva causato l'avaria di uno dei motori. A quel punto il comandante ha lanciato l'allarme ed è rientrato nello scalo lametino dove, intanto, era scattato il piano d'emergenza. Nessun problema per i passeggeri che, superata la paura, una volta scesi dal velivolo,si sono imbarcati su un nuovo volo partito alle 8,30.

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