Operazione Parepidêmos contro il traffico di esseri umani, 4 arresti

I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla locale Direzione distrettuale antimafia, hanno dato esecuzione, in Francia e Germania, ad una misura cautelare personale in carcere nei confronti di 4 cittadini afghani, ritenuti a vario titolo responsabili di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria. Sono stati sequestrati, inoltre, il veicolo utilizzato per il trasporto dei migranti e il denaro profitto del reato.

L’indagine è stata sviluppata attraverso i canali di cooperazione internazionale, con particolare riguardo a Eurojust, sul lato giudiziario, che ha coordinato l’esecuzione di diversi ordini di indagini europei, comprese attività intercettive all’estero, nonché le rogatorie internazionali, così come – per lo scambio di polizia – Europol ha fornito apporto di analisi e il contributo delle banche dati in uso all’Ufficio europeo di polizia.  

A collaborare con i carabinieri reggini, in Germania, il direttorato per la lotta al crimine della Bundespolizei e, in Francia, la Police nationale, le Brigate mobili di ricerca della Direzione centrale della polizia di frontiera di Bordeaux e Marsiglia.

Tutto ha avuto inizio nel 2020 quando, in seguito all’aumento degli sbarchi di immigrati registrato sul litorale reggino, in particolare sulla costa ionica, i carabinieri hanno avviato una manovra informativa, finalizzata a verificare l’esistenza di una rete di trafficanti di esseri umani.

L’attenzione dell’Arma, attraverso le Stazioni territoriali, si è concentrata sui movimenti dei migranti successivi allo sbarco, allorquando – in ragione dell’allora vigente emergenza epidemiologica – venivano posti in isolamento fiduciario presso i centri di contenimento sanitario temporaneo.

Proprio durante l’osservazione sul campo, i militari hanno notano un 40enne afgano, residente in Francia, a bordo di un furgone con targa transalpina, a Bova Marina.

Le indagini, avviate sotto il coordinamento della Dda reggina, hanno consentito di registrare i movimenti dell’afgano che, dopo avere fatto salire a bordo 10 connazionali, ha percorso l’intero territorio nazionale, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, uscendo successivamente dall’Italia attraverso il valico del Frejus.

In seguito, lo straniero avrebbe attraversato più volte il confine, non dopo essere stato controllato dai carabinieri di Susa prima di fare ingresso nel traforo del Frejus, circostanza questa che ha cristallizzato in maniera univoca l’intenzione del conducente di lasciare l’Italia per far accesso in Francia.

Nel corso del controllo, i militari hanno constatato come l’indagato fosse l’unico occupante del mezzo anche se, da una successiva ispezione, sarebbe stata accertata la presenza sui sedili posteriori di alcuni bagagli, dentro i quali sono stati rinvenuti pannolini per bambini ed altri vestiti chiaramente non appartenenti all’indagato. Inoltre, è stata censita la presenza di un vano, creato ad hoc nella parte posteriore del mezzo per nascondere le persone.

Proprio le circostanze con cui i migranti hanno raggiunto la destinazione agognata ha portato la Procura reggina a contestare le aggravanti, confermate nel provvedimento del gip, di avere esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita (avendoli abbandonati in una zona di montagna, al freddo ed alle intemperie, su sentieri scoscesi ed impervi) e quella di aver commesso il fatto sottoponendo i trasportati a trattamento inumano e degradante (nascondendoli nel furgone).

 A questo punto, in ragione di una segnalazione inserita nella Banca dati Schengen è stato tratto in arresto dalla polizia francese a Montgeneve (nel lato transalpino della località di frontiera) sorpreso nel valicare il confine con sei connazionali clandestini.

Le indagini, proseguite con l’ausilio dei canali Eurojust ed Europol, al fine di ricostruire i contatti e ulteriori componenti della catena di trasbordo dei migranti, hanno consentito di definire una filiera criminale di immigrazione clandestina localizzata in Turchia, Italia, Francia e Germania.

Sono stati infatti ricostruiti dettagliatamente i ruoli degli altri soggetti coinvolti, tutti di origine afgana: il primo,  quale promotore ed organizzatore ed autista, un secondo uomo, con il ruolo di intermediario tra il passeur e i parenti dei trasportati, un sodale, localizzato a Marsiglia, preposto all’accoglienza dei migranti e un ulteriore soggetto, stanziale in Germania, individuato quale terminale delle somme erogate a titolo di compenso per il viaggio.

Per gli investigatori, gli indagati rappresenterebbero la cellula localizzata sul territorio continentale che, attraverso modalità operative ben pianificate, era addetta a consentire ai migranti, una volta giunti nel reggino, dopo l’arrivo in Italia a bordo di natanti e in seguito alla collocazione in centri di accoglienza, di raggiungere altri Paesi europei.

È stato inoltre individuato il canale finanziario per le transazioni economiche, che utilizza il metodo informale noto come hawala.

Si tratta di un sistema di trasferimento di denaro basato sul brokeraggio informale e su relazioni non contrattuali che prevede che il soggetto che intende trasferire una somma di denaro a altro soggetto, di norma residente in un diverso paese, contatti un broker intermediario (c.d. hawaladar) e gli versi la somma da inviare; l’intermediario locale contatta quindi un suo omologo nel paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata, trattenendo una commissione. La somma versata al destinatario (nell’odierna indagine quantificata in 1500 euro per ogni migrante per il servizio di trasporto), verrà successivamente rimborsata dal primo al secondo intermediario, con tempi e mezzi variabili, secondo le circostanze.

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