Serra, sei anni dal "Caso Andreacchi" e nessuna verità

La sera di domenica 11 ottobre 2009 la luna sembra essere inghiottita dalle nubi. Le viscere dalla montagna spargono la loro  umidità e Serra San Bruno sembra galleggiare in una bottiglia d’orzata. Pasquale Andreacchi, un giovane appena 18enne, esce di casa dicendo di andare a comprare un pacchetto di sigarette al vicino tabacchino. In paese lo chiamano il gigante buono per via di quella corporatura da omaccione sulla quale spicca un viso da bambino che contraddistingue un animo nobile e sincero. In casa, Mamma Rosa, aspetta il ritorno di quel figlio cresciuto troppo presto, che già da qualche anno l’aiuta a sbarcare il lunario, occupandosi come può di lavoretti più o meno pesanti che il mestiere di vivere lo obbliga a intraprendere. Pasquale ha una passione per i cavalli. Non si tratta di un semplice hobby, per il suo animo dalla consistenza lieve delle foglie rappresentano i sogni da cavalcare, quei miraggi abortiti troppo presto che gli vengono restituiti dalle ali di una criniera. Quella sera però, Pasquale non fa ritorno a casa. Una scomparsa inspiegabile, una di quelle sparizioni che da queste parti inghiottisce giovani e restituisce “fantasmi”. Si mette in moto la macchina delle ricerche, gli inquirenti battono inizialmente diverse piste per poi concentrarsi su presunte liti dovute alla compravendita di un cavallo. I boschi delle Serre vengono ripercorsi più volte con l’ausilio delle unità cinofile, anche a dispetto delle avverse condizioni meteorologiche, ma di Pasquale nessuna traccia. I genitori, Salvatore e Maria Rosa non trattengono il grido di dolore e provano a spezzare “l’indifferenza ed il silenzio”. Sono afflitti, ma non soli. Perché basta poco e Serra si scuote. Il 21 ottobre 2009, ad occuparsi del “Caso Andreacchi” è la celebre trasmissione “Chi l’ha visto?”. Durante la puntata viene trasmesso l’audio di una sinistra telefonata e una voce anonima spiega che il giovane sarebbe stato ucciso, ma come spesso accade in questi casi sembra più la voce di un mitomane che quella di una persona che voglia aiutare le ricerche. Poi, dopo un mese e mezzo i macabri ritrovamenti. Il 9 dicembre gli operatori ecologici del Comune, come ogni mattina, si occupano dello svuotamento dei cassetti dei rifiuti. A farli gelare non è il freddo del metallo ne tantomeno il clima insalubre a cui pure sono abituati. A farli rabbrividire è una visione più onirica che reale: in un cassonetto della spazzatura ci sono dei resti umani: si tratta di un teschio con un foro in testa ed un femore, la cui lunghezza fa pensare subito alla coincidenza più infausta. Pasquale è un ragazzone alto 2 metri, di  lui non c’è più nessuna traccia e tutto lascia presagire il peggio. Il 27 un cacciatore ritrova in località “Timpone”, a poche centinaia di metri dal primo rinvenimento, altri resti umani. Stavolta ci sono anche indumenti e documenti del ragazzo scomparso e la famiglia cade nello sconforto. A gennaio 2010 l’esame del Dna emette la definitiva sentenza della scienza: quelle ossa sono di Pasquale. Sono passati sei anni e la storia è ancora tutta da scrivere, cosi come immutata è la sete di giustizia che anima i  poveri genitori. «Nonostante l’efferato omicidio – dicono dalla famiglia - dopo sei anni i colpevoli si godono tranquillamente la loro vita e Pasquale non e stato riconosciuto neanche vittima di mafia, noi ci sentiamo abbandonati da tutti, istituzioni e anche la gente comune, siamo affiancati solo da giornalisti dall’associazione “Ammazzatecitutti” e dalla dott.ssa Lia Staropoli che assieme a noi chiede verità e giustizia»

 

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1 comment

  • andreacchi maria
    andreacchi maria Domenica, 11 Ottobre 2015 08:14 Comment Link Report

    la verita cn la legge che dorme nn uscira mai fuori mio nipote sono 6 anni che nn ce piu e quegli animali si godono la famiglie e la vita vogliamo giustizia x pasquale e ora che la legge prende in mano il caso di pasquale e ci porti i colpevoli

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