'Ndrangheta. Maxi confisca da 36 milioni di euro a due imprenditori

La Direzione Investigativa Antimafia ha confiscato beni, il cui valore complessivo è vicino ai 36 milioni di euro, a due imprenditori di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Si tratta dell'esito di due differenti inchieste portate avanti dalla stessa DIA e da personale della Squadra Mobile della città dello Stretto, da agenti del Commissariato di Polizia di Palmi e dalla Divisione Anticrimine. Il patrimonio aggredito dagli inquirenti, sulla scorta di quanto deciso dal Tribunale di Reggio Calabria che ha accolto l'istanza avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, era già stato oggetto di sequestro tre anni fa. Secondo quanto emerso nel corso delle indagini, i due imprenditori sarebbero legati al clan Gallico. Il provvedimento eseguito stamane comprende un noto albergo ubicato in un quartiere esclusivo di Roma. I particolari dell'operazione saranno resi noti in occasione di un incontro con i giornalisti fissato per le 11 nella sede della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. 

 

 

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'Ndrangheta e sanità: confiscati beni per 45 milioni di euro ad un imprenditore

Beni il cui valore ammonta complessivamente ad una cifra vicina ai 45 milioni di euro sono stati confiscati nelle prime ore della giornata odierna da militari del Nucleo della Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Firenze e di Pistoia e da personale della Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria. Oggetto del provvedimento è un patrimonio formato da automobili, aziende, immobili, rapporti finanziari e società e riconducibile ad un  imprenditore che opera, sulla base di quanto emerso nel corso dell'attività d'indagine, "in maniera occulta" nel comparto immobiliare, in Calabria e Toscana, e nella sanità privata. Gestisce in questa regione case di cura e strutture di riabilitazione. I particolari dell'inchiesta saranno resi noti nel corso di un incontro con i giornalisti in programma alle 10 presso gli uffici della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. 

 

 

La Dia di Firenze sequestra beni per 3 milioni di euro ad imprenditore calabrese

Un ingente patrimonio mobiliare, immobliare e societario del valore stimato di oltre 3 milioni di euro, e` stato sequestrato dalla Direzione investigativa antimafia di Firenze. L'operazione rappresenta il culmine di una complessa attivita` investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze. Destinatario del provvedimento, un imprenditore calabrese operante da anni in Toscana. Dalle indagini, sarebbe emerso che grazie all'ausilio di un "prestanome", l'uomo sarebbe riuscito ad operare una serie di investimenti che gli avrebbero permesso di acquisire alcune attivita` commerciali come bar, pasticcerie, pizzerie e diversi appartamenti ubicati nei comuni di Firenze e Prato.

 

 

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'Ndrangheta: confiscati beni ad un imprenditore

Un patrimonio il cui valore ammonta ad un milione e 140 mila euro è stato confiscato dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria. Destinatario del provvedimento il trentacinquenne Edoardo Mangiola, imprenditore tratto in arresto tre anni fa nel contesto di un'indagine condotta contro il clan Libri. A disporre l'attuazione della misura giudiziaria eseguita stamane è stato il Tribunale della città dello Stretto in ottemperanza a quanto richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia. L'elenco dei beni comprende due aziende, due autovetture, un appartamento e svariati rapporti di natura finanziaria. 

    

Sequestrati beni per 600 mila euro ad un pregiudicato calabrese

Sono stati posti sotto sequestro beni per un valore che si avvicina ai 600 mila euro. Il provvedimento è stato eseguito dalla Direzione investigativa antimafia di Bologna, destinatario il catanzarese Saverio Giampà, sedici anni addietro trasferitosi dalla Calabria alla Toscana. Attualmente risiede nella città delle Due Torri. Tratto in arresto nel 2010 con l'accusa di essere uno spacciatore di sostanze stupefacenti, gli è stata successivamente inflitta una condanna ad otto anni di carcere perché giudicato responsabile di detenzione e traffico di droga. Sulla scorta di quanto ipotizzato dagli inquirenti, ha investito in imprese di natura commerciale il denaro raccolto mediante le attività illecite. Una conclusione cui sono arrivati notando le incongruenze fra le dichiarazioni al Fisco ed il suo tenore di vita. L'elenco dei beni oggetto della misura giudiziaria applicata stamane interessa autoveicoli, aziende, fabbricati e rapporti finanziari. 

 

 

Confiscati beni ad un presunto appartenente a clan vibonese

Stamattina il Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Roma ha confiscato beni per un valore di cinque milioni di euro a Saverio Razionale, calabrese di 54 anni, residente a Roma, ritenuto dagli inquirenti soggetto appartenente alla cosca di 'ndrangheta FIiarè-Razionale di Vibo Valentia. Il provvedimento è stato eseguito in collaborazione con la Sezione Operativa D.I.A. di Catanzaro, su disposizione del Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Vibo Valentia, a seguito del sequestro disposto dallo stesso Tribunale nel marzo 2014. La confisca accoglie una proposta del Direttore della D.I.A., elaborata sulla base di approfondite indagini di polizia giudiziaria sul reinvestimento di capitali illeciti della cosca calabrese nella Capitale. Razionale è considerato un personaggio di elevato spessore criminale e ritenuto un referente strategico per tutte le attività dell’organizzazione. Le indagini hanno permesso di acquisire gravi indizi a suo carico che, a giudizio degli investigatori, l’hanno visto negli anni gestore, per conto della 'ndrangheta, di società romane del settore edilizio, operanti nel campo degli appalti, anche pubblici, intestate fittiziamente a prestanome compiacenti in concorso con altri personaggi calabresi, ma domiciliati a Roma, tutti denunciati alle autorità giudiziarie nell’ambito dell’operazione "Talea" della D.I.A. di Roma. Il Tribunale di Vibo Valentia, nel provvedimento di confisca, rilevando l’elevata pericolosità sociale del Razionale, gli ha inflitto la misura di prevenzione personale della Sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno della durata di tre anni. Tra i beni confiscati e sequestrati figurano l’intero capitale sociale con relative organizzazioni aziendali di tre società, beni mobili ed immobili, tra cui un complesso turistico a Briatico, nel Vibonese, oltre ad autovetture e numerosi conti correnti bancari.     

 

Processo "Piana": in appello condannati due imprenditori

A due imprenditori è stata inflitta una condanna nel contesto del processo d'appello celebrato con rito abbreviato e derivante dall'inchiesta "Piana" che due anni fa aveva messo nel mirino le attività illecite del clan lametino Giampà. Le indagini erano state condotte dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e da personale della Direzione investigativa antimafia del capoluogo.  Nello specifico, Davide Orlando è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere, mentre a Roberto Piacente il giudice ha comminato una pena di 3 anni e 2 mesi.  Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l'operazione era riuscita a spezzare il filo diretto fra gli affiliati alla cosca Giampà ed i titolari di attività imprenditoriali. Un'intesa in grado di generare, a parere della tesi accusatoria, benefici di natura economica sia all'una che all'altra parte. Il verdetto, in ogni caso, ha confermato l'insussistenza dell'ipotesi di reato di associazione mafiosa. 

La mappa della cosche vibonesi nella relazione della DIA

La provincia di Vibo Valentia  “subisce un forte condizionamento mafioso e le articolazioni criminali più consistenti operano anche in altre regioni dell’Italia ed all’estero”. E’ quanto emerge dalla seconda relazione semestrale della Direzione Investigativa antimafia relativa al 2014. Il documento, appena pubblicato, evidenzia come nel vibonese permanga “l’egemonia e l’operatività della cosca Mancuso di Limbadi, che mantiene posizioni di indiscusso prestigio anche grazie alle alleanze con le cosche delle province di Reggio Calabria e Catanzaro”. Un potere costruito negli anni, grazie alla capacità “di dialogare con il mondo del commercio e della finanza, con taluni politici ed amministratori, nonché di incidere nell’economia reale con importanti investimenti – specie nel settore turistico – lungo la costa vibonese”. A confermarne il primato, la circostanza che “tutte le altre ’ndrine presenti nella provincia sono satelliti o subiscono l’influenza dei Mancuso”. Per quanto riguarda, invece, le famiglie che deterrebbero le leve del comando nelle varie realtà locali, la relazione traccia la seguente mappa: “A Vibo sono presenti i Lo Bianco – Barba, mentre nella Marina del capoluogo persisterebbero i Mantino – Tripodi. A San Gregorio d’Ippona i Fiarè – Razionale; a Stefanaconi e Sant’Onofrio i Bonavota, i Petrolo ed i Patania; a Piscopio i Fiorillo; a Fabrizia è presente una locale. A Briatico e Tropea sono presenti le famiglie Accorinti e La Rosa, mentre più a nord del litorale – comuni di Pizzo e Francavilla Angitola – le famiglie Fiumara e Cracolici. A Filadelfia, nella zona montuosa delle Serre, domina incontrastata la cosca Anello – Fruci, considerata un anello di congiunzione tra la criminalità organizzata vibonese e quella lametina. Nella medesima area persistono i Viperari, che fanno capo ai Vallelonga. Infine, nei comuni di Soriano, Mileto, Sorianello, San Calogero e zone limitrofe risiedono i gruppi Soriano, Prostamo e Petitto. E’ sempre in atto la faida tra i gruppi Loielo – Gallace ed il sodalizio Emanuele, tutti operanti nei comuni di Gerocarne, Soriano Calabro e Sorianello”.

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