Spadola: questa sera i tradizionali fuochi di Puricinedhjia

Prenderà il via quest’oggi la novena in onore di San Nicola, santo patrono del borgo della Minerva. Il momento, indubbiamente, più suggestivo della giornata, sarà toccato all’imbrunire, quando andrà i scena il tradizionale “fuoco sacro Puricinedhjia”. La macchina organizzativa dell’originale ricorrenza si metterà in moto già a partire da questa mattina, quando giovani e meno giovani, avvieranno la ricerca dell’elemento principe della cerimonia, la paglia. Nel pomeriggio, poi, i fedeli inizieranno ad elaborare le loro originali scenografie rappresentate da fantocci, figure impagliate ed emblemi sia cristiani che profani. Come ogni anno, verosimilmente, accanto al simbolo della croce, compariranno le riproduzioni di oggetti di uso comune e di attrezzi agricoli. Ogni rione, quindi, si prodigherà al fine di allestire lo spettacolo più fantasioso. Infine, all’imbrunire, contestualmente all’inizio della processione che accompagnerà la statua di San Nicola per le vie del paese, verrà dato fuoco alla paglia. Per diversi minuti, l’intero centro abitato sarà percorso da un’atmosfera d’altri tempi. Le fiamme, lentamente, divoreranno i personaggi ed i simboli realizzati con pazienza certosina nel corso della giornata, mentre le strade saranno avvolte da migliaia di faville che si libreranno in cielo accompagnate da una densa coltre di fumo. La serata si concluderà con la premiazione delle più belle “Paglie artistiche”. Con “Puricinedhjia”, la cui origine pagana rimanda ai cicli agricoli ed alla divinità della terra, Demetra, si aprirà, quindi, la novena in onore di San Nicola, la cui festa, come ogni anno, si svolgerà nel primo fine settimana del mese d’agosto.

Spadola: questa sera i tradizionali fuochi di Puricinedhjia

Prenderà il via quest’oggi la novena in onore di San Nicola, santo patrono del borgo della Minerva. Il momento, indubbiamente, più suggestivo della giornata, sarà toccato all’imbrunire, quando andrà i scena il tradizionale “fuoco sacro Puricinedhjia”. La macchina organizzativa dell’originale ricorrenza si metterà in moto già a partire da questa mattina, quando giovani e meno giovani, avvieranno la ricerca dell’elemento principe della cerimonia, la paglia. Nel pomeriggio, poi, i fedeli inizieranno ad elaborare le loro originali scenografie rappresentate da fantocci, figure impagliate ed emblemi sia cristiani che profani. Come ogni anno, verosimilmente, accanto al simbolo della croce, compariranno le riproduzioni di oggetti di uso comune e di attrezzi agricoli. Ogni rione, quindi, si prodigherà al fine di allestire lo spettacolo più fantasioso. Infine, all’imbrunire, contestualmente all’inizio della processione che accompagnerà la statua di San Nicola per le vie del paese, verrà dato fuoco alla paglia. Per diversi minuti, l’intero centro abitato sarà percorso da un’atmosfera d’altri tempi. Le fiamme, lentamente, divoreranno i personaggi ed i simboli realizzati con pazienza certosina nel corso della giornata, mentre le strade saranno avvolte da migliaia di faville che si libreranno in cielo accompagnate da una densa coltre di fumo. La serata si concluderà con la premiazione delle più belle “Paglie artistiche”. Con “Puricinedhjia”, la cui origine pagana rimanda ai cicli agricoli ed alla divinità della terra, Demetra, si aprirà, quindi, la novena in onore di San Nicola, la cui festa, come ogni anno, si svolgerà nel primo fine settimana del mese d’agosto.

Piminoro, il villaggio di serresi e fabriziesi d'Aspromonte

La storia dell’emigrazione serrese è lunga e inenarrabile. Dall’altipiano delle Serre torme di gente sono partite per popolare gli angoli più remoti del pianeta. Delle migrazioni iniziate intorno agli anni Settanta dell’Ottoccento si ha una discreta mole d’informazioni, anche in ragione dei numeri che le hanno caratterizzate. Piuttosto sconosciuta, invece, è la storia delle migrazioni interne, quelle che hanno portato gli abitanti delle Serre a spostarsi all’interno del territorio calabrese. Il motivo delle partenze è sempre rimasto identico, il lavoro; tanto più che i serresi di un tempo erano piuttosto ricercati per tutte le attività connesse alla filiera del legno. Boscaioli, bovari, carbonai, venivano “arruolati” ovunque per prestare i loro servigi. Il più delle volte, la partenza era determinata dalle migliori condizioni economiche offerte in alcune aree, come ad esempio la Sila catanzarese, nei cui paesi non è infrequente imbattersi, ancora oggi, in persone conosciute come i “sirrisi”.  In questo loro peregrinare, gli abitanti delle Serre hanno dato vita anche a qualche nuovo insediamento, dove ancora oggi si conservano tradizioni, lingua e costumi ormai spariti nei paesi d’origine. Un caso del genere è facilmente riscontrabile sull’Aspromonte, non lontano dall’altopiano di Zervò, nel territorio di Oppido Mamertina, dove sorge la frazione di Piminoro. Il villaggio, nel quale oggi risiedono un paio di centinaia di abitanti, è una diretta filiazione della Serre. Camminando per le sue strette stradine, l’idioma che si sente parlare non è il reggino, ma il “serrese”. Come sia possibile è presto detto. L’insediamento deve la sua origine al vescovo Alessandro Tomassini che, nel 1792, diede avvio alla costruzione di una sede estiva per i seminaristi. L’idea di realizzare la costruzione era nata in seguito alla presa di possesso della diocesi. Succeduto a monsignor Spedaliere, originario di Guardavalle, Tomassini giudicò la nuova sede vescovile “cupa e solitaria, e il suo aere non molto salubre per crudeltà di terreno e per prossime acque stagnanti”. Il timore della malaria, indusse, quindi il vescovo a cercare un’aria salubre dove far studiare i seminaristi durante i mesi estivi. Venne così individuata una collina, distante da Oppindo poco più di due chilometri. Completata l’edificazione del seminario estivo, il monsignore pensò di popolare quel luogo ameno in estate, ma aspro e inclemente in inverno. La zona montuosa richiedeva persone avvezze a vivere e sopportare i disagi e le insidie dei lunghi inverni montani. Sarebbe stato difficile far trasferire uomini e donne abituati a crogiolarsi al tepore del sole della pianura. Servivano persone forti, dure, resistenti al freddo ed alla fatica. In altre parole servivano i “serresi” di un tempo. Il vescovo reclutò, quindi, un gruppo di carbonai serresi che, fatti armi e bagagli, partirono per “fondare” quello che sarebbe diventato il loro paese. Il villaggio s’ingrandì rapidamente, poiché come capita nei centri di nuova fondazione, serviva tutto. I primi abitanti fecero affluire parenti e conoscenti. Il passa parola dovette essere particolarmente efficace, tanto che iniziarono ad arrivare nuovi “coloni” provenienti non solo da Serra, ma anche dai centri limitrofi. Il paese che, insieme a Serra, offrì il contributo più significativo, fu Fabrizia, ovvero il comune che allora comprendeva il territorio degli attuali Mongiana e Nardodipace. Il numero dei fabriziesi dovette essere assai cospicuo se, ancora oggi, gli abitanti di Piminoro sono chiamati “Prunarisi”. La presenza di uomini e donne originari dai due centri delle Serre è testimoniata anche dall’alimentazione principale, ovvero il pane. L’arte della panificazione si caratterizzava, infatti, per la produzione della “pizzata”, ovvero il pane fabriziese prodotto con la semola di granturco e la “crianza” il vecchio pane serrese fatto con un impasto di crusca, farina e talvolta segale. Molto probabilmente, nonostante la loro netta prevalenza, i serresi ed i fabriziesi non dovettero essere gli unici ad aver preso la strada che dalle Serre conduceva all’Aspromonte. Come riporta don Santo Rullo nel suo “Piminoro”, tra i giochi popolari che vi si praticavano un tempo c’era, infatti, “il forte”, ovvero il “lancio della forma di cacio in direzione di una meta prefissata”. Un gioco che, inevitabilmente, rimanda a Spadola. Così come la presenza di “Ceravolari o sampaolari” cui si rivolgevano i contadini di Piminoro, fa pensare che tra i nuovi abitanti allettati dal villaggio fondato da monsignor Tomassini possa esserci stato, anche, qualche simbariano.

  • Published in Cultura

Spadola, Piromalli: “Bufera bollette pazze sulle famiglie”

“È una brutta mazzata per le famiglie di Spadola, che si sono viste recapitare bollette pazze in riferimento alla Tarsu. Così non va, i cittadini vengono soffocati anzichè aiutati”. Il consigliere comunale del Gruppo Indipendente Cosimo Damiano Piromalli prende posizione su quanto avvenuto nel piccolo paese delle Serre e chiede spiegazioni su una situazione che “appesantisce i bilanci familiari” e “alimenta le situazioni di disagio”. “Ho già chiesto – spiega Piromalli - un incontro pubblico, che si svolgerà venerdì alle 18, con il sindaco, il segretario comunale, i consiglieri e la cittadinanza per capire le modalità di applicazione. A questo confronto saranno presenti anche i sindaci di Brognaturo e Simbario. Di certo, parliamo di importi esorbitanti che penalizzano la gente. In un momento difficile come questo, dovremmo sostenere i nuclei familiari e, invece, assistiamo a questa bufera. A mio avviso – conclude - bisogna prendere esempio da chi, come il sindaco di Riace, cerca di sgravare le famiglie dal pagamento delle cifre relative a beni e servizi essenziali. La via giusta è quella di stare dalla parte dei cittadini e non quella di considerarli dei limoni da spremere per fare cassa”.

Spadola, lavori alla scuola dell’infanzia: il sindaco “allunga” le vacanze pasquali

In considerazione della realizzazione dei lavori finalizzati alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi, anche strutturali, che stanno interessando la scuola per l’infanzia, il sindaco di Spadola Giuseppe Barbara ha emesso un’ordinanza disponendo la chiusura della stessa per consentire il completamento dell’opera. Pertanto, la scuola di via Pitagora rimarrà chiusa dal 21 marzo al 2 aprile.

Gioco del formaggio a Spadola: ordinanza per la chiusura del traffico veicolare

Il Carnevale è accompagnato da alcune tradizioni nei paesi delle Serre. A Spadola desta curiosità lo svolgimento del gioco del formaggio. Per consentirne lo svolgimento il sindaco Giuseppe Barbara ha emesso un’ordinanza disponendo “la chiusura del traffico veicolare lungo via Roma e parte di via Conte Ruggiero in direzione Simbario e ritorno, deviando il traffico veicolare su via XX settembre, via Cavour e via Pitagora”. L’ordinanza vale per 7, 8 e 9 febbraio dalle ore 9 alle ore 18.

Serre, l’Inps si sposta a Spadola. L’ok nel consiglio comunale di martedì

Il consiglio comunale del piccolo paese delle Serre è stato convocato dal primo cittadino Giuseppe Barbara per martedì alle ore 17.30 (seconda convocazione prevista mercoledì alle ore 18) per deliberare “sull’istituzione di un punto Inps presso la sede municipale di Spadola – approvazione schema protocollo d’intesa”. Previsti inoltre altri 5 punti all’ordine del giorno: “Lettura e approvazione verbali seduta precedente”, “Conferma delibera del sindaco n. 17 del 11.05.2015 ad oggetto: ‘cessione volontaria al Comune dell'immobile di proprietà della parrocchia sito in località conciliazione del Comune di Spadola”, “Approvazione Piano di gestione e assestamento forestale”, “Nomina revisore del conto triennio 2016-2019”, “approvazione, con rettifica, della delibera del sindaco n. 32 del 22.07.2015 ad oggetto: ‘Implementazione della contabilità economico-patrimoniale, del Piano integrato dei conti del bilancio consolidato nel sistema contabile comunale - Rinvio ai sensi degli artt. 3, comma 12 e 11bis comma 4, del decreto legislativo n. 11812011 - Proposta al Consiglio comunale di approvazione”.

La festa di san Nicola e la tradizione del panino ai fedeli

La Chiesa ha dedicato la data del 6 dicembre a san Nicola. Giunta in Italia in epoca bizantina, la devozione nei confronti del vescovo di Myra si diffuse in maniera capillare dopo il colpo di mano compiuto da un manipolo di marinai baresi. Le ossa del Santo vennero portate in Puglia in maniera piuttosto rocambolesca.

Nel marzo del 1087, tre navi cariche di frumento, partirono da Bari dirette ad Antiochia. Durante la navigazione sorse l’idea d’impossessarsi delle reliquie di san Nicola custodite nella basilica di Myra. Accolta, con entusiasmo, l’idea iniziò a concretizzarsi quando le navi giunsero ad Andryake

. A dare l’abbrivio al piano, fu un pellegrino, imbarcato su una delle navi, che s’incaricò di scendere a terra e perlustrare la zona. Compiuta la missione, ritornò con la notizia che Myra pullulava di soldati convenuti per rendere omaggio ad un capo turco di cui si stavano celebrando i funerali.

Scoraggiati, i marinai baresi, decisero di rinviare il loro intendimento e fecero vela verso Antiochia. Giunti in città scoprirono che alcuni veneziani stavano accarezzando lo stesso progetto. Si trattava, quindi, di una corsa contro il tempo e contro i marinai della Serenissima.

Accelerate tutte le operazioni, i baresi a metà aprile levarono l’ancora per poi buttarla ad Andryake, dove vennero mandati in perlustrazione due passeggeri che, al loro ritorno, portato la notizia che i turchi avevano lasciato la città. Data la situazione, non si poteva perdere tempo. Venti marinai rimasero a presidio delle navi, mentre altri quarantacinque, armati di tutto punto, si misero sulla strada per Myra.

Giunti nella basilica, custodita dai monaci di rito greco, con modi piuttosto spicci, i baresi manifestarono le loro intenzioni. Rotta la lastra sepolcrale, uno dei componenti la spedizione iniziò ad afferrare le ossa di san Nicola dalle quali si sprigionava un intenso profumo. Scappati a gambe levate, i marinai fecero appena in tempo a salpare prima che una folla inferocita giungesse al porto.

I perigli, però, non erano ancora finiti ed il viaggio di ritorno iniziò a presentare innumerevoli difficoltà. Negli equipaggi iniziò a circolare l’ipotesi che qualcuno si fosse impossessato di una reliquia. I comandanti delle navi imposero ad ognuno di giurare sui Vangeli di non aver commesso il furto. In cinque confessarono e restituirono le reliquie, dopodiché la navigazione riprese senza intoppi.

A Bari la notizia dell’esito positivo della missione, venne portata da alcuni messaggeri, inviati mentre le navi si trovavano nel porto di san Giorgio. Il 9 maggio, le reliquie di san Nicola giunsero finalmente nella città pugliese. A questo punto, sorse il problema su dove custodire i sacri resti del vescovo di Myra.

Dopo lunghe ed interrabili dispute, si decise di edificare una nuova chiesa in onore del Santo. La costruzione venne portata a termine nel volgere di pochissimo tempo. Nel 1089, infatti, papa Urbano II, accompagnato dai cavalieri normanni, i nuovi signori della Puglia, consacrava la cripta ponendo le ossa di san Nicola sotto l’altare dove sono custodite tuttora.

Di questa storia, vecchia di oltre mille anni, sopravvivono ancora alcune usanze. Una delle più singolari è quella legata alla donazione di un panino ai fedeli.

L’usanza risale al 1087, quando l’abate Elia fondò un ospizio per i pellegrini poveri cui venivano offerti due pernottamenti e tre pasti gratuiti. Quando, con l’unità d’Italia, la basilica perse i suoi feudi, il pranzo venne ridotto a un semplice panino. La tradizione si è progressivamente diffusa in tutti i luoghi in cui si venera san Nicola, a tal punto che, ancora oggi, nel giorno della festa il panino viene distribuito ai fedeli che lo riportano a casa come oggetto di devozione.

  • Published in Cultura
Subscribe to this RSS feed