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Calabria: rinvio a giudizio per l'ex presidente del Consiglio regionale Antonio Scalzo

 Il consigliere regionale del Pd Antonio Scalzo e` stato rinviato a giudizio dal gup di Catanzaro, Pietro Caré, con l'accusa di abuso d'ufficio in concorso. Nel mirino della procura di Catanzaro sono finite alcune stabilizzazioni effettuate dall'Arpacal negli anni compresi tra il 2008 ed il 2010, quando l'ex presidente del Consiglio regionale ricopriva il ruolo di direttore scientifico. Per l'accusa, le stabilizzazioni sarebbero state effettuate in maniera irregolare. Nell'ambito della stessa indagine erano già stati rinviati a giudizio: Vincenzo Mollace, ex direttore generale dell'Arpacal; Giuseppe Graziano, ex dirigente generale del dipartimento Politiche dell'ambiente della Regione Calabria e attuale consigliere regionale della Casa della liberta` e gli ex dirigenti Arpacal, Francesco Caparello, Luigi Luciano Rossi, Sabrina Santagati, e Rosanna Squillacioti, all'epoca dei fatti dirigente di settore del dipartimento Politiche ambientali della Regione Calabria. Il processo nei confronti di Scalzo inizierà il prossimo 4 marzo.

 

 

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Nuovi assetti regionali ed influenze esterne: doppiopesismo interno alla sinistra

Quale sia la ragione per cui da vari ambienti, politici e giornalistici, sia partita negli ultimi giorni una campagna volta a blindare la posizione di Tonino Scalzo in qualità di presidente del Consiglio regionale, non è chiaro. A sbloccare lo stallo creatosi nella costruzione del mosaico è lo stesso inquilino di Palazzo Campanella che nella serata di lunedì pare si sia deciso a fare il passo indietro richiestogli. Quel che, però, appare lampante, è l'indefessa insistenza, in buona fede o meno, che accompagna l'idea secondo la quale il piano politico-istituzionale e quello giudiziario possano essere perfettamente interdipendenti e sovrapponibili. Sarebbe il caso di essere lineari e seguire un percorso coerente: il garantismo ed il giustizialismo non sono, e non potranno mai essere, armi da esibire in scontri da tenere fuori dagli uffici e dalle aule in cui si amministra la legge. In caso contrario, la confusione continuerebbe ad albergare nei cuori e nelle menti di un'opinione pubblica assetata del sangue della politica. Indugiare in sottigliezze sul piano formale, come è stato fatto finora, non aiuta a sciogliere nodi che sono tutti appartenenti alla sfera delle dinamiche interne ai partiti. Fingere che così non sia è una truffa a danno della credulità popolare. Ciò significa che la conferma, o meno, di Scalzo sullo scranno più alto di Palazzo Campanella non sarebbe dovuta discendere da distinguo operati in punto di diritto, ma, piuttosto, essere oggetto di una valutazione politica complessiva alla luce del quadro emerso dopo la deflagrazione dell'inchiesta "Erga omnes". Il cerchio, in questo ed in altri casi in cui si appalesa il cortocircuito, si chiuderà solo se e quando si riuscirà a separare, una volta per tutte ed in modo netto, i due livelli, politico e giudiziario. Sostenere, come fa qualcuno, che le presunte responsabilità dell'attuale presidente del Consiglio regionale, per come individuate dagli inquirenti, siano infinitamente meno gravi rispetto a quelle degli altri personaggi coinvolti nell'indagine sulla gestione dei fondi assegnati ai Gruppi consiliari, è un esercizio strumentale che attiene agli atti propri di una dinamica processuale. Perché, delle due l'una, o si rispetta lo Stato di Diritto, ed in questo caso anche Enzo Ciconte e Carlo Guccione avrebbero meritato di rimanere al loro posto in Giunta. O, in alternativa, sensibilità istituzionale e rispetto dell'etica politica imporrebbero un passo indietro a chiunque, finito nelle maglie dell'attività investigativa, rivesta ruoli apicali in ambito regionale. Una logica stringente che, a differenza di quanto rivendicato con finta obiettività dai suoi improvvisati, ha indotto il presidente della massima assemblea elettiva calabrese ad avviare il cammino verso la porta dell’uscita. D’altra parte, le considerazioni di chi si è ostinato a separare il destino di Scalzo da quello dei due assessori, non poggiavano su basi solide se si utilizzano argomenti legati al formalismo istituzionale. Operare una cesura fra il profilo esecutivo e quello legislativo è inutile ancorché velleitario: si potrebbe, infatti, obiettare con estrema semplicità che una dimensione terza è degna di essere al di sopra di qualsiasi sospetto più ancora di quella strettamente connessa al mandato proprio di un assessore. Si tratta, come si vede, di una perigliosa arrampicata sugli specchi che lascia intuire motivazioni individuabili soltanto se si frequentano i retropalchi dei teatrini della politica.  

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Magorno conferma: "Scalzo disponibile a lasciare presidenza del Consiglio Regionale"

“L’On. Antonio Scalzo mi ha ribadito la sua disponibilità a rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio regionale della Calabria, nel corso di un incontro avuto quest’oggi a Lamezia Terme. Una disponibilità che Scalzo ha deciso di avanzare autonomamente e di sua iniziativa, così come aveva già fatto nei giorni scorsi al Vicesegretario nazionale del Pd On. Guerini”. Ernesto Magorno, segretario regionale del Pd, ha diffuso una nota che conferma quanto era già di pubblico dominio dalla serata di giovedì: per chiudere il cerchio della composizione della nuova Giunta, è indispensabile liberare anche la casella dello scranno più alto di Palazzo Campanella. Del resto, come hanno fatto notare, neanche tanto velatamente i due assessori regionali coinvolti nell'inchiesta "Erga omnes", Guccione e Ciconte, anche Scalzo è finito nelle maglie dell'operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria sulla gestione "allegra" dei fondi riservati ai Gruppi consiliari. “Occorre adesso proseguire con decisione sulla via del cambiamento, procedendo al varo della nuova Giunta e assicurando il massimo sostegno al Presidente della Regione, On. Mario Oliverio, nella composizione di un governo di profondo rinnovamento che sia aderente - ha detto Magorno - alle risposte che i calabresi attendono al più presto sui grandi temi e sulle emergenze della nostra terra”. 

Minacce di morte al Presidente del Consiglio Regionale

Una serie di lettere contenti minacce di morte sono state recapitate, nei giorni scorsi, al Presidente del Consiglio regionale, Tonino Scalzo. Le missive sono, attualmente, al vaglio degli inquirenti che cercano di risalire al mittente. Si tratta di un episodio inquientante sul quale, sia i magistrati che gli organi investigativi, hanno sentito Scalzo per cercare qualunque elemento utile a fare luce sulla vicenda.

 

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