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Assolto il vigile del fuoco accusato di omicidio colposo

Accogliendo la tesi degli avvocati difensori Ettore Zagarese e Lucia Pistola, il Giudice monocratico del Tribunale di Castrovillari ha assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” il vigile del fuoco rossanese B.B.P., di 34 anni. L’uomo era accusato di omicidio colposo in seguito al decesso di M.F., 34enne, in un sinistro stradale verificatosi sulla strada statale 106 jonica il 29 aprile 2011 durante l’espletamento di un servizio antiincendio.

LE ACCUSE L’imputato B.B.P., alla guida dell’autobotte in dotazione ai vigili del fuoco, mentre insieme ad altri colleghi si stava recando con urgenza a spegnere un incendio, nell'attraversare il ponte sul fiume Saraceno nel territorio di Villapiana, aveva impattato con una Fiat Punto condotta da M.F., che era morto a seguito delle gravi lesioni riportate nell’incidente.

LE INDAGINI Sull’episodio la Procura della Repubblica di Castrovillari aveva aperto un’inchiesta che, all’esito della fase preliminare, era sfociata nel rinvio a giudizio dell’uomo disposto dal Gup del Tribunale di Castrovillari con l’accusa di omicidio colposo.

IL PROCESSO Numerose le udienze dibattimentali dinanzi al Tribunale penale monocratico, nel corso delle quali si è proceduto alla escussione dei testi indicati dalle parti e all’espletamento di ben tre consulenze tecniche finalizzate alla ricostruzione degli eventi. In fase di discussioni finali, i difensori dei familiari di M.F., costituitisi parte civile attraverso gli avvocati Dorotea De Stefano e Cristoforo Salerno, avevano chiesto la condanna dell’imputato alle pene di legge nonché al risarcimento del danno. I difensori di B.B.P,. hanno evidenziato come non fosse possibile ascrivere alcuna responsabilità al proprio assistito che, nello svolgimento del proprio dovere e nella urgenza dell'intervento programmato, tra l’altro effettuato azionando gli strumenti di emergenza visivi e sonori che imponevano agli altri utenti della strada di dare precedenza, aveva mantenuto una corretta condotta di guida.

LA SENTENZA Il Tribunale di Castrovillari, al termine di una camera di consiglio protrattasi sino al tardo pomeriggio, ha accolto in pieno la tesi difensiva pronunciando nei confronti del 34enne B.B.P. una sentenza assolutoria con formula ampia.

Cancelliere colto da infarto, muore per presunti ritardi nel trasferimento: assolti due cardiologi

Il Gup del Tribunale di Castrovillari, in totale accoglimento della richiesta avanzata dall’avvocato Francesco Nicoletti, ha emesso una sentenza di assoluzione, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, nei confronti di due dottori, entrambi in servizio presso l’Unità Operativa di Cardiologia dell’ospedale “Nicola Giannettasio” di Rossano.

I FATTI I due medici erano accusati di omicidio colposo in seguito alla morte di un 41enne coriglianese (all’epoca dei fatti cancelliere presso la sezione penale dibattimentale dell’ex Tribunale di Rossano), deceduto il 15 ottobre 2010 per complicanze sopraggiunte ad un infarto miocardico esteso. L’uomo, sul quale era stata praticata la terapia di stabilizzazione, era stato ricoverato d’urgenza presso l’ospedale di Rossano per infarto acuto del miocardio con conseguente edema polmonare. Ai due medici si contestava, in concorso e cooperazione colposa, di aver disposto con ritardo il trasferimento del paziente presso l’ospedale di Catanzaro “Sant’Anna” (nosocomio più attrezzato per simili evenienze), facendo partire l’ambulanza alle ore 4 ovvero dopo oltre due ore dal suo ingresso in ospedale, benché consapevoli sia della assoluta gravità delle condizioni cliniche del paziente, al quale era stata diagnosticata una Stemi (infarto acuto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST), sia della inidoneità della struttura ospedaliera rossanese. Durante il trasferimento in ambulanza si decise poi di deviare il percorso verso l’ospedale di Cosenza, in considerazione del grave e drammatico peggioramento delle condizioni del paziente dopo mezz’ora dalla partenza, dove il quarantunenne giunse purtroppo già senza vita.

LE INDAGINI L’attività di indagine prendeva il via dalla querela presentata dalla moglie della vittima, la quale evidenziava che il personale del 118 proveniente da Corigliano aveva trasportato il marito presso l’ospedale Civile di Rossano, dove era stato sottoposto a visita e alle prime cure mediche, rilevando che secondo i sanitari di turno occorreva stabilizzarlo per poi eventualmente trasportarlo presso una struttura sanitaria di Catanzaro.

IL PROCESSO Nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal PM della Procura della Repubblica di Castrovillari si contestava agli imputati di aver disposto con ritardo il trasferimento presso l’Ospedale di Catanzaro Sant’Anna, facendo partire l’ambulanza dopo oltre due ore dall’arrivo del paziente all’ospedale di Rossano, benché consapevoli della assoluta gravità delle sue condizioni cliniche. In una prima fase, a seguito degli accertamenti effettuati dando corso alla querela sporta nei confronti dei due medici, la Procura aveva formulato richiesta di archiviazione, rigettata dal Gip del Tribunale di Rossano che aveva trasmesso gli atti al Pm disponendo la prosecuzione delle indagini. A questo seguì una seconda richiesta di archiviazione, nuovamente rigettata dal Gip del Tribunale di Castrovillari che ha ritenuto necessario l’espletamento di un’ulteriore attività di indagine.  Si è giunti così all’udienza camerale per l’opposizione formulata dalla parte offesa avverso la terza richiesta di archiviazione, durante la quale il Gip ha disposto l’imputazione coatta nei confronti dei due medici, ordinando alla Procura della Repubblica di formulare il capo d’accusa di omicidio colposo in concorso. Da qui la celebrazione dell’udienza preliminare a carico dei due medici.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE Al termine della discussione, in sede di udienza preliminare, il Pubblico ministero ha avanzato richiesta di rinvio a giudizio per entrambi gli imputati, mentre la difesa, rappresentata dall’avvocato Francesco Nicoletti, ha argomentato una serie di tesi finalizzate ad ottenere una pronuncia assolutoria. Ed è proprio in accoglimento delle argomentazioni difensive che il Gup del Tribunale di Castrovillari ha emesso una sentenza di assoluzione nei confronti dei due cardiologi con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.

 

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Voto di scambio, la Corte d'appello conferma l'assoluzione del senatore Pietro Aiello

La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato l’assoluzione, «per non aver commesso il fatto», del senatore Pietro Aiello. L'esponente di Area popolare Ncd-Udc era accusato di voto di scambio con agevolazione, durante le elezioni regionali del 2010, della consorteria Giampà di Lamezia Terme .

La Procura della Repubblica di Catanzaro aveva presentato appello contro la sentenza dell’ottobre 2015 con la quale il parlamentare era stato assolto da tutti i fatti a lui ascritti.

Il procuratore generale d’udienza, Di Maio, il 22 novembre scorso, aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi di reclusione.

Nell'udienza svoltasi oggi il legale di Aiello ha contestato l’appello del pm chiedendo la conferma della sentenza di assoluzione. La Corte ha, quindi, emesso la sentenza di conferma dell’assoluzione per non aver commesso il fatto, riservando in trenta giorni il deposito della motivazione.

"Da uomo delle istituzioni - ha dichiarato Aiello, dopo la sentenza - ho sempre creduto nella giustizia essendo il mio animo sereno e la mia coscienza libera da ogni fardello. Continuerò a credervi nella certezza che la verità trionfa sempre e che può esistere impegno pubblico autentico, scevro da qualsivoglia condizionamento e deviazione. Ringrazio la mia famiglia, la quale mi ha sempre sostenuto durante questo lungo periodo di sofferenza e il mio difensore, il professore Nunzio Raimondi, per la diligente e appassionata difesa delle mie ragioni. Ringrazio anche tutti coloro che hanno sempre creduto nella totale estraneità alle gravi incolpazioni elevate verso di me, continuando a sostenere la mia azione e le mie battaglie politiche".

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Ucciso ad un posto di controllo, assolti due carabinieri

Sono stati assolti per uso legittimo delle armi, il brigadiere Pasquale Greco e l’appuntato scelto Luca Zingarelli, già in servizio presso il Reparto operativo e radiomobili della compagnia di Rossano. I due militari, difesi dall’avvocato Ettore Zagarese, erano accusati di avere volontariamente ucciso il 36enne Sandrino Greco nella notte tra il 20 e il 21 gennaio 2011 a Rossano. L'assoluzione è stata disposta dalla Corte di assise di Cosenza, presieduta dal giudice Garofalo, a latere Bilotta, che ha accolto le tesi sostenute dal difensore dei due imputati e condivise. La sentenza ha ribaltato l’imputazione mandando assolti con formula piena Greco e Zingarelli. "Non posso negare la mia soddisfazione per l’esito del processo – ha dichiarato l’avvocato Ettore Zagarese - Non tanto perché risultano accolte tesi da me propugnate sin dalle fasi iniziali del processo, quanto perché è stata finalmente rimossa l’accusa nei confronti dei due militari di avere volontariamente soppresso una vita. Un’accusa inaccettabile per due servitori dello Stato, quali sono i miei assistiti. Nessun trionfalismo, dunque, solo tanta tristezza. Non dimenticano che dal loro agire, seppure necessario, inevitabile e posto a presidio della collettività, è purtroppo derivata la morte di un giovane".

Arrestato nell'operazione "Vangelo": assolto dopo 12 anni

Dodici anni dopo l'arresto è stato assolto: è quel che è capitato in sorte ad un uomo di 58 anni, Giuseppe Commisso, nato a Gioiosa Ionica, in provincia di Reggio Calabria e trasferitosi a Mombello Monferrato, in Piemonte. Fu catturato all'inizio dell'autunno del 2013, coinvolto nell'inchiesta "Vangelo" che la Direzione Investigativa Antimafia condusse per smantellare una presunta organizzazione criminale dedita al traffico di cocaina fra la Colombia ed il Piemonte. Insieme a lui erano stati catturati altri ventinove soggetti,  furono 63 gli individui finiti sul registro degli indagati. Sei anni addietro la Corte di Cassazione aveva cancellato una precedente sentenza. Adesso è la Corte d'Appello di Reggio Calabria ad aver disposto l'assoluzione nei suoi confronti.  

Operazione Saggezza. Assoluzioni eccellenti: scarcerato Giuseppe Fabiano, Procura aveva chiesto 18 anni di reclusione

E' stato assolto con la formula per non aver commesso il fatto Giuseppe Fabiano, cinquantenne di Platì, difeso dagli avvocati Marco Tullio Martino (coadiuvato dal collaboratore di studio, dottor Alessandro Bavaro) e Giuseppe Iemma. Per lui l'ufficio di Procura aveva chiesto una condanna a 18 anni di reclusione perché considerato capo della cosca del locale di Cirella di Platì, componente - insieme agli altri locali - della famosa "Corona" che si interfacciava con Polsi. I legali avevano dimostrato nel corso dell'istruttoria dibattimentale con copiosa documentazione difensiva ed evidenziato nel corpo delle loro arringhe, come non fossero che generiche le affermazioni del collaboratore di giustizia Varacalli che indicava Fabiano quale capo locale di Cirella e che non avessero alcun valore probatorio né la vicenda del furto di un escavatore per il quale sarebbe stato presuntivamente interessato il Fabiano, né le conversazioni ambientali dal corpo delle quali sarebbe emersa un'offerta di aiuto economico in occasione di una precedente carcerazione fatta dal presunto boss Vincenzo Melia proprio ai familiari del Fabiano. Dopo quattro anni di custodia cautelare Fabiano ha così lasciato la casa circondariale di Locri.

Nomina Sarlo, Scopelliti e Tallini assolti con formula piena

CATANZARO – “Il fatto non sussiste”. La sentenza del Tribunale collegiale di Catanzaro si trasforma in una vittoria per l’ex presidente della giunta regionale, Giuseppe Scopelliti, e per l’ex assessore al Personale, Domenico Tallini, perché dopo la richiesta del pubblico ministero Gerardo Dominijanni di 1 anno e 8 mesi di reclusione per ciascun imputato (più l’interdizione temporanea dai pubblici uffici), l’ottimismo non era certo al massimo. E, invece, il castello accusatorio - centrato sul presunto abuso d’ufficio - sviluppatosi all’interno dell’inchiesta sulla nomina di Alessandra Sarlo a dirigente del Dipartimento Controlli crolla e non produce effetti, salvo l’invio in Procura degli atti relativi alle dichiarazioni rese dall’ex assessore al Lavoro, Francescantonio Stillitani, disposto ai fini della verifica di un’eventuale caso di falsa testimonianza. L’assoluzione con formula piena di Scopelliti e Tallini conferma dunque l’impianto predisposto dalla linea difensiva secondo la quale la procedura adottata è  priva di elementi di illegittimità ed, in particolare, non possono essere ravvisate anomalie nella presentazione della delibera fuori sacco. Come si ricorderà, la nomina della Sarlo – moglie del giudice Vincenzo Giglio ed ex commissario dell’Asp di Vibo Valentia -  era avvenuta a seguito dell’infruttuoso espletamento dell’avviso interno per l’individuazione di un candidato in possesso dei requisiti stabiliti.

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