Parco delle Serre e Certosa di Serra San Bruno firmano una convenzione per la valorizzazione delle aree verdi

Il commissario straordinario del Parco delle Serre si è recato in visita istituzionale presso la Certosa di Serra.

Il commissario Grillo è stato ricevuto dal priore dom Ignazio Iannizzotto. Il cordiale colloquio ha affrontato una serie di argomenti e problematiche comuni. Il Parco ha confermato il suo impegno per la valorizzazione dell’importante struttura religiosa che rappresenta uno dei luoghi identitari dell’area protetta.

Nel corso dell’incontro è stata firmata una convenzione che prevede l’impegno costante dell’ente Parco nella manutenzione e valorizzazione delle aree verdi ad uso pubblico di proprietà della Certosa.

“Varcare la soglia dell’eremo della Certosa di San Bruno – ha dichiarato il Commissario Grillo - è sempre motivo di grande emozione, è come spingersi in un mondo parallelo, antico, dal fascino misterioso che ti avvolge e ti culla fin dai primi passi, attraverso il silenzio della solitudine riesci perfino a sentire il crepitio delle tue orme sul selciato della strada che porta al sacrato della chiesa. Ringrazio il priore dom Ignazio Iannizzotto uomo di grande spiritualità e cultura, per l’accoglienza calorosa, e per l’appassionato racconto attraverso cui ho potuto apprendere riti, storia e comportamenti di questa meravigliosa comunità Monastica. La Certosa di Serra rappresenta un unicum, il suo presidio all’interno del parco arricchisce la potenza seduttiva di questi luoghi, e attrae molti visitatori che possono godere delle bellezze artistiche e dei suoi tesori esposti nel museo della Certosa. Per tale motivo abbiamo accolto l’invito del priore a sottoscrivere una convenzione attraverso cui l’ente Parco si preoccuperà di manutenere, tutelare e rendere fruibili gli spazi esterni del complesso monastico, realizzando, lungo le mura di cinta, un percorso/sentiero meditativo per pellegrini e turisti.”

L’Undiscovered Italy tour ha fatto tappa anche a serra San Bruno

Si è svolto dal 21 al 24 settembre in Calabria l’Undiscovered Italy Tour d’inizio autunno, il celebre format ideato e realizzato da Daniela Corti Events con il patrocinio dell’Enit e in collaborazione col Tour Operator canadese Susan Barone di Luxury Weddings Worldwide e InStyle Vacations.

Venti fra wedding e meeting planner nonché giornalisti provenienti da testate generaliste e specializzate sia italiane sia di altre nazioni, Brasile e Russia inclusi, hanno visitato un territorio premiato durante la recente estate da un grande successo d'arrivi, frutto di un altrettanto grande sforzo autopromozionale della filiera turistica locale, che non si è arresa alla pandemia e ha sfruttato sino in fondo, con eccezionale sapienza, i suoi punti di forza.

Oltre che dall’Enit, l’itinerario è stato patrocinato dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia. Partner per i servizi di terra è stato Antoior Travel.

Anche stavolta il tour ha avuto l’obiettivo di mostrare ai partecipanti luoghi e location adatte alla celebrazione di matrimoni o a eventi internazionali, oltre che favorire l’incontro personale con le eccellenze locali che operano nel settore, compresa la filiera food & wine e tutti gli aspetti significativi legati al wedding o agli eventi.

Le tappe

Il Villaggio Sporting Calabria si trova a Isca Marina, sul tratto di mar Ionio conosciuto come Costa degli Aranci. È composto da 40 appartamenti suddivisi in bilocali e trilocali, tutti con entrata indipendente e dotati di balcone o veranda. La spiaggia di sabbia bianca e fine dista appena 200 metri dalla struttura. Eccezionale l’atmosfera per i ricevimenti nuziali o anche per i matrimoni in spiaggia.

La Certosa di Serra San Bruno è un monastero certosino situato vicino all’omonima cittadina, in una valle verdeggiante a circa 815 metri sul mare. Le sue origini risalgono addirittura al 1084 e la sua autorevolezza come luogo di culto è attestata dagli illustri visitatori: nei tempi recenti è stato meta di pellegrinaggio, fra gli altri, di due papi (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) e del Patriarca ecumenico di Costantinopoli.

Il Museo del Bergamotto è un’esposizione di strumenti che raccontano più di trecento anni di cultura, storia e tradizioni sull’agrume e il suo utilizzo. Il Museo mostra una rassegna dell’archeologia industriale con le macchine da estrazione che risalgono all’inizio del Settecento, le prime a vapore e quelle che applicano i motori elettrici, per poi giungere all’industria degli anni Sessanta e del boom economico.

Il Lungomare di Reggio Calabria, esteso più di un chilometro, ricco di palmizi e specie vegetali estremamente variegate. Il viale è adornato da palazzi in stile liberty, monumenti commemorativi, una fontana monumentale e alcuni siti archeologici. Viene chiamato “il più bel chilometro d’Italia” per il fenomeno ottico della fata morgana, visibile solo dalla costa calabra, da cui ha origine il mito per effetto del quale è possibile vedere le immagini ravvicinate della Sicilia riflesse dal mare.

Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria espone una delle più ragguardevoli collezioni di reperti provenienti dalla Magna Grecia. Sorto nel XIX secolo, è cresciuto poi coi molti reperti frutto delle campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza archeologica della Calabria, tra cui i celebri “Bronzi” di Riace.

L’A Gourmet L’Accademia del celebre chef Filippo Cogliandro, noto alle cronache per le sue ferme posizioni anti racket, nasce nel 1995 e dal 2004 è nell’antico Palazzo della Castelluccia, nel cuore di Reggio Calabria. Propone piatti della tradizione culinaria del Mediterraneo con materie prime reperite direttamente sul territorio. Le creazioni gastronomiche sono raffinate e di alta qualità, e sono disponibili anche come servizio catering esterno, caso rarissimo nella ristorazione a questi livelli.

L'Uliveto Principessa Park Hotel di Cittanova (RC), affacciato sul mar Ionio e a 30 minuti d’auto da Tropea, comprende 56 camere, due parcheggi, una Spa, oltre a un vasto parco con piscina scenografica. Perfetto l’equilibrio fra comfort e stile, dolci le atmosfere esaltate dalla bellezza mozzafiato del paesaggio.

Il ristorante Castello degli Dei nasce dall’idea imprenditoriale dei fratelli Raso,  giovani chef, che dopo varie esperienze sono tornati nella loro terra d’origine e hanno trasposto l’esperienza maturata in una struttura, architettonicamente molto suggestiva, che richiama il periodo medievale ma che non disdegna le moderne funzionalità. Si distingue per il servizio, l’originalità dei piatti e la freschezza delle materie prime.

Il villaggio rupestre di Zungri (VV) occupa un’area di quasi 3.000 metri quadri su un costone roccioso. Sono 500 le case-grotta che ne fanno parte e che si affacciano sulla valle del torrente Malopera. Una scalinata scavata nella roccia attraversa tutti i livelli che compongono il villaggio, mentre le case-grotta sono diverse l’una dall’altra, disposte sia su un piano unico sia su due livelli. Le nicchie scavate nella roccia fanno pensare che venissero sfruttate come dispense e ripostigli, oppure come giacigli.

I produttori

Serfunghi Calabria nasce nel 1964 per la commercializzazione di funghi freschi e semilavorati. Successivamente i figli del fondatore creano un’azienda per l’invasamento e la lavorazione dei funghi, raccolti manualmente sul luogo da persone esperte, nel massimo rispetto dell'ambiente, selezionati e lavorati con cura seguendo le più antiche ricette calabresi. La gamma di prodotti comprende inoltre antipasti, patè, salse, spezie e altre prelibatezze. Durante la degustazione sono stati assaggiati anche i prodotti del Salumificio Suppa.

Borgo dei Vinci è un’azienda casearia che produce formaggi e latticini utilizzando il latte dei pascoli di Monte Poro, talvolta unendo prodotti tipici come il peperoncino e la ‘nduja. Le erbe aromatiche del Monte Poro danno ai formaggi un sapore e una tipicità che si trova solo in quest’area. La tradizione casearia millenaria fa il resto.

Azienda Agrituristica Caridà produce il pecorino del Poro. In particolare, alla famiglia Mazzitelli piace rafforzare la territorialità del pecorino di Zaccanopoli. Zaccanopoli infatti – il piccolo paesino collinare su cui sorge l’azienda – deriva dal greco Zagharopoulos, traslato in seguito nel termine dialettale zaccanu, ossia ovile, con il suffisso polis, città, dunque “città dei recinti”. È proprio qui che la storia racconta la nascita del primo pecorino del Poro.

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Cronache della Certosa dei SS Stefano e Bruno, un libro di Tonino Ceravolo

Dopo l’uscita del primo volume (Bonaventura Bova, Breve compendio della vita di San Brunone Cartusiano), è stato pubblicato in questi giorni dall’editore Analecta Cartusiana dell’Università di Salisburgo il secondo libro della serie Collectanea Cartusiae Sanctorum Stephani et Brunonis diretta da Tonino Ceravolo e curata nell’impostazione grafica da Antonio Zaffino.

Con questo secondo volume l’attenzione si sposta dal XVIII secolo, epoca di composizione del testo di Bova, al XIX, con l’edizione di due importanti cronache della Certosa di Serra nelle quali vengono raccontati, tra l’altro, due passaggi cruciali della sua storia: il periodo 1840-1844, nel quale ci fu il primo tentativo di riapertura della Certosa dopo il terremoto del 1783; il biennio 1856-1857, anni in cui, anche grazie all’indefessa opera svolta dal priore certosino Dom Vittore Nabantino, la Certosa venne “recuperata” e le reliquie di San Bruno, conservate a Serra in seguito al sisma settecentesco, fecero ritorno nel monastero con una solenne cerimonia di traslazione.

A tali cronache si aggiungono, nell’appendice del volume, ulteriori documenti che consentono una “lettura” di prima mano di quanto avvenne in quel periodo: la cronotassi dei priori della Certosa dal priorato di Dom Pietro Paolo Arturi (1781-1803) al priorato di Dom Ambrogio Bulliat (1894-1903); una lettera di Dom Paul Gérard, presentata nell’originale in francese, scritta da Serra il 27 marzo del 1840 e indirizzata al Priore Generale dei certosini; due lettere di Dom Vittore Nabantino al vescovo di Pistoia Mons.

Leone Niccolai e, infine, il dettagliato resoconto della trasferimento delle reliquie di San Bruno dalla chiesa Matrice di Serra alla Certosa il 30 maggio 1857. Completa il volume un ricco repertorio iconografico che riporta mappe topografiche del territorio di Serra e del tenimentum certosino, vedute e piante della Certosa, particolari architettonici del monastero dopo il terremoto del 1783 e che costituisce un importante corredo di materiali visuali, tutti prodotti tra il Settecento e l’Ottocento, i quali contribuiscono in maniera significativa alla conoscenza della storia dell’insediamento monastico calabrese.

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La Certosa di Serra inserita nel portale autostradadelmediterraneo

C’é anche Serra San Bruno e non poteva essere altrimenti, nel novero degli itinerari proposti da Anas sul portale www.autostradadelmediterraneo.it.

Presentato lo scorso 22 dicembre, in occasione della conferenza con sui è stata annunciata la conclusione dei lavori sulla Salerno – Reggio Calabria, oggi A2, il sito web è composto da “schede, immagini, video e informazioni” che aiutano a scoprire “le bellezze naturali, artistiche, culturali, architettoniche e turistiche delle tre regioni attraversate dalla nuova autostrada (Campania, Basilicata e Calabria)”.

Scopo dell’iniziativa è, infatti, far: “conoscere le enormi potenzialità che la nuova A2 ‘Autostrada del Mediterraneo’ può esprimere, valorizzando gli itinerari religiosi, culturali naturalistici, enogastronomici dei luoghi che percorre”.

Per aiutare e stimolare gli automobilisti ad apprezzare al meglio i territori attraversati dall’autostrada, Anas ha tracciato sette percorsi (La via dei castelli, dell’archeologia, del mito, della fede, del caffè, di Bacco e Cerere e dello sport) articolati in altrettante tappe.

La cittadina bruniana è stata, ovviamente, inserita nell’ambito degli itinerari religiosi. Fin dalla homepage, i luoghi che compongono la “Via della fede”, sono introdotti con un’immagine fotografica che ritrae la Certosa serrese. Entrando nella sezione dedicata, è possibile consultare le varie tappe che scandiscono il percorso. Aprendo la pagina dedicata a Serra, si legge:

Un ulteriore luogo di fede, a stretto raccordo con l’Autostrada del Mediterraneo è la Certosa di Serra San Bruno. Ubicata in Calabria, nei Piani Delle Serre, dal lontano 1090, primo convento dei certosini fondato in Italia, è caratterizzata da un’atmosfera di pace e misticismo. I certosini sono soggetti, come secoli fa, alla rigida regola monastica della clausura. L’unico ponte con il “mondo reale” è il museo realizzato nel 1994. All’interno è presente una biblioteca che accoglie oltre 25.000 volumi. La quiete ed il silenzio, il canto melodioso dei frati certosini, i profumi della terra, introducono ad una singolare esperienza di fede ed amore. Suggestivo è il Laghetto dei Miracoli dove è immersa la statua di San Bruno, a ricordo delle penitenze che il santo offriva a Dio. [...]”.

Tra i percorsi che compongono la “Via della fede” (la Certosa di Padula, la statua del Cristo Redentore di Maratea, il Santuario di San Francesco di Paola, il Santuario della Madonna a Paravati, la Basilica della Consolazione Eremo e il Santuario di san Gaetano Catanoso, entrambi a Reggio Calabria), quello serrese è, fuor di dubbio, il più suggestivo. Oltre a sorgere in uno straordinario contesto naturalistico, il monastero ha fatto da cornice ad una lunga serie di misteri e leggende. Inoltre, come ebbe a definirla nel corso della sua visita papa Benedetto XVI, la Certosa di Serra rappresenta una vera e propria “cittadella dello Spirito”.

In ogni caso, al di là delle singole tappe inserite al suo interno, il portale www.autostradadelmediterraneo.it. si propone di valorizzare al meglio i luoghi più interessanti che si trovano in prossimità del tracciato autostradale. Al fine di ampliare gli itinerari ed arricchire le località segnalate, Anas ha lanciato una campagna social.

 Fino alla fine di marzo, infatti, attraverso i canali Facebook, Twitter e Instagram di Anas, sarà possibile partecipare proporre “un’idea di itinerario, indicando percorsi naturalistici, luoghi culturali e religiosi da visitare e tanto altro ancora da scoprire e da valorizzare”.

 “Come già indicato nel post della pagina Facebook: partecipare è semplice: posta il tuo suggerimento e, se vuoi, una foto su Facebook, Twitter e Instagram indicando sempre l'hashtag #ilmioitinerarioA2 e ricordandoti di menzionare sempre @StradeAnas! Fino a fine marzo raccoglieremo le vostre idee e le migliori saranno inserite sul portale! 
#Italiasifastrada #lenostrestrade #ascoltiamoilterritorio #A2perilturismo

Si tratta di un progetto il cui obiettivo è la valorizzazione delle bellezze del Mezzogiorno che, nelle intenzioni di Anas, servità a guidare l’automobilista verso una riscoperta consapevole dello straordinario patrimonio turistico e culturale del Sud d’Italia.

 “Anas - si legge in un anota - vuole farsi promotrice di un nuovo, dinamico e moderno modello di sviluppo, trainato   dalla sinergia tra tutte le realtà locali interessate, per mettere in campo iniziative concrete di sviluppo, di conoscenza e di fruizione del territorio in grado di definire, nel loro insieme, la forza e il valore del Meridione. La moderna infrastruttura autostradale, restituita pienamente alla fruizione, non sarà soltanto un segmento di collegamento tra Campania, Basilicata e Calabria, ma una retta policentrica orientata ad un’idea di sosta e non solo di attraversamento. Uno stimolo alla scoperta dei luoghi lambiti dalle acque del Mediterraneo, una chiave d’accesso ai sacri templi della storia, ai luoghi arcani del mito. Un’autostrada-itinerario che, attraversando il cuore meridionale del Bel Paese, diventi un generatore di opportunità e di sviluppo per il territorio”.

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Viaggio attraverso il monachesimo in Calabria: dalle origini ad oggi

Diceva san Gregorio Nisseno: “Una diversa generazione è apparsa e una diversa vita e un diverso modo di vivere. La nostra stessa natura ha subito un cambiamento. Quale è questa generazione? Quella che scaturisce dal sangue, né da volere da uomo, né da volere di carne, ma è stata creata da Dio. Come può avvenire questo? Ascolta e te lo spiegherò in breve. Questa nuova prole viene concepita per mezzo della fede, viene data alla luce attraverso la rigenerazione del battesimo, ha come madre, la Chiesa, succhia il sangue della sua dottrina e delle sue istituzioni. Ha poi come cibo il pane celeste. L’età matura è costituita da un alto stile di vita. Le sue nozze sono familiarità con la sapienza. Suoi figli sono la speranza, sua casa il regno, sua eredità è ricchezza la gioia del paradiso. La sua fine poi con la morte, ma quella vita eterna e beata che è preparata a coloro che ne sono degni”. Questi desideri che sanno già di ascetismo trovano campo favorevole in Calabria, nella nostra regione erede di un altro tipo di ascetismo, pagano quanto si vuole, ma sempre ascetismo, quello rivolto agli dei dell’Olimpo greco. È la terra di vivace religiosità legata ai grandi templi di Locri, Kroton, Hipponion e Kaulon ed altri, è la terra della scuola filosofico-religiosa di Pitagora e quella medica di Alcmeone. È la terra, la Calabria, che accoglie le prime aspirazioni di silenzio ed eremitismo, le prime vocazioni monastiche che nel contempo fioriscono tra le Chiese d’Egitto, di Palestina, della Siria, di Cappadocia, della Calcide, dell’Africa, della Gallia e di Roma. Siamo al IV secolo, quando la nostra regione accolse i primi anacoreti a Reggio, come ci viene riferito dal Bios di san Fantino senior di Tauriana e da san Gerolamo. Nel 494 il papa Gelasio impone ai vescovi calabresi di ordinare sacerdoti soltanto quesi monaci che davvero vivono con profonda santità. Il primo grande monaco è Magno Aurelio Cassiodoro che cerca di salvare la caduta dell’Impero di Roma ma soprattutto la sua civiltà, facendo incontrare i Goti e i Romani sulla base del cristianesimo. Ma il tentativo fallisce per la guerra gotico-bizantina e  Cassiodoro, a Squillace, intraprende, attraverso l’ascesi monastica e la cultura, la via della civiltas. Così fonda un monastero con due residenze: sulla spiaggia il Vivarium destinato ai monaci che si dedicano alla cultura, con grandi vasche per coltura ittica; sulla collina il Castellium per quei frati che si dedicano ai lavori umili e manuali. In entrambi la vita ascetica era confortata da una ricca biblioteca con libri dello stesso Cassiodoro ed altri forniti dai monaci amanuensi che nello Scriptorium trascrivevano le opere classiche e le Sacre Scritture. Purtroppo il monastero di Squillace scomparve prima dell’ottavo secolo, nonostante gli interventi favorevoli di san Gregorio Magno. Coevi all’istituzione cassiodorea, in Calabria sorgevano altri monasteri, forse benedettini:  a Tauriana, a Reggio e a Tropea secondo quanto si ricava dall’Epistolario di san Gregorio (590-604). E più avanti Nicolò I nell’863 ricorda il monastero benedettino di Santa Maria di Cosenza, quello di Canale di Pietrafitta ed un altro titolato Santa Maria di Requisita, passato nel secolo XII ai Cistercensi col titolo di Sambucina a Luzzi. Nel 536 Belisario, il generale di Giustiniano arrivava a Reggio e la Calabria diventava regione bizantina e scomparvero i grandi monasteri di fede latina. Dal Pollino in giù, distribuiti per tutta la catena appenninica fino all’Aspromonte, apparve una moltitudine di eremi e anacoreti: speleoti, vegetariani e solitari che vennero da noi fermandosi nelle località più deserte e lontane, più impervie e selvagge. Il grande desiderio di solitudine e di vicinanza a Dio li portava a rifugiarsi in fredde grotte scavate nel tufo e cavità ricavate nei tronchi di alberi secolari; si nutrivano di vegetali selvatici e si dissetavano alle pure sorgenti di rocce, si coprivano di pelli; la giornata passava tra preghiere, contemplazione, lavoro e nelle notti insonni penitenze e mortificazioni del corpo. I giorni di festa, per la Liturgia, si vivevano nella chiesetta comune dalle ricche cupolette come la Cattolica di Stilo e se qui non v arrivava il sacerdote si recavano alla chiesa giù in paese. E i cenobi, laure e  piccoli monasteri lievitarono nella nostra regione con l’arrivo di profughi siriani, egiziani e libici sospinti dall’avanzata maomettana del 636. Altri profughi verranno, dopo il 750, a seguito delle persecuzioni iconoclaste di Costantinopoli e dell’Oriente ed infine altri profughi verranno dalla Sicilia dal sec. IX in poi. I primi cenobi apparsi in Calabria erano costituiti da gruppi, poi diventati comunità, di monaci laici autonomi, nel senso che potevano trascorrere il tempo il tempo dell’eremitismo fin quanto volevano, e ciò avveniva col consenso del loro egumeno, da loro stessi eletto che aveva il compito di essere il loro abate ma senza regole scritte e solo con l’esempio di vita retta. Questi primi cenobi erano davvero piccoli e per numero di cenobiti e per povertà di strumenti da vivere e per materiali da costruzione: la Cattolica di Stilo, la chiesa di San Marco di Rossano e la chiesa sotterra di Paola. Comunque il più antico (prima del IX secolo) cenobio di origine greca in Calabria si può considerare quello di San Fantino a Tauriana dove erano custodite le reliquie del Santo. Altro monastero coevo era nell’allora detta Valle delle Saline a sud di Palmi, era quello di Sant’Elia il Giovane, trasferitosi in seguito a Seminara, dove fu detto anche di San Filareto. Nella stessa area è ancora visibile e meta di pellegrinaggi nei pressi di Melicuccà, la grotta, unico rudere, del monastero di Sant’Elia lo Speleota, capostipite della famosa comunità di monaci basiliani del Mercurion. Coevi al monastero di sant’Elia lo Speleolota a Melicuccà, altri monasteri, seppur piccoli, sono sorti un po’ dovunque in Calabria. Citiamone alcuni: San Nicola di Calamizzi, Santa Maria Theotokos dei Tridetti di Staiti, San Pancrazio di Scilla, Sant’Angelo di Valletuccio, San Nicola di Gallico, San Pietro di Arasì, San Giorgio di Pietracappa, San Filippo d’Argira di Gerace, San Nicodemo di Cellerana a Mammola, San Lorenzo di Arena, Santa Maria Veteri di Squillace, Sant’Angelo di Drapia, Arsafia di Stilo, San Giovanni Theriste di Bivongi, San Giovanni di Campolongo a Cutro nei pressi di Le Castella,  San Nicola di Salica sulle alture di Capocolonna di Crotone, Santa Marina di Umbriatico, Sant’Adriano a San Demetrio Corone, Sant’Anastasia di Rossano, San Giovanni Calabita a Caloveto, Santo Janni a Cutro, Santa Maria delle Armi di Cerchiara, San Giovanni Mercurio a Laino, Santa Veneranda a Maida e così via. Insomma secondo alcune ricerche il numero dei cenobi di origine greca ammonterebbe, solo in Calabria, a quattrocento; ciò testimonia che il monachesimo orientale è penetrato in ogni contrada, anche la più irraggiungibile, della nostra regione. In alcuni di questi siti esisteva lo Scriptorium, come nel monastero cassiodoreo, una sorta di laboratorio per la trascrizione di Codici; di questi, oltre duemila sono sparsi in molte biblioteche del mondo. Certamente non si può non esprimere gratitudine agli amanuensi di quel tempo e già, perché grazie a questi santi monaci eremiti, oggi possiamo scrivere e “leggere” la nostra storia. Dei tanti Codici, oggi ben custodito nella cattedrale di Rossano, resta il famoso Codex Purpureus Rossanensis del VI secolo, edito probabilmente in Siria. Altri Scriptoria, appartenenti ai successivi monasteri di fede latina, esistevano nel monastero di Sant’Angelo di Frigillo a Mesoraca, in quello della Sambucina di Luzzi, nella Certosa di Santo Stefano del Bosco a Serra San Bruno e nel monastero florense di San Giovanni in Fiore. E, voluto e incoraggiato dai Normanni, venne il tempo del monachesimo latino che raggiunse grandi dimensioni ed estensioni in tutta la Calabria ed abbracciò il grande periodo normanno-svevo e angioino. Tra gli innumerevoli monasteri del tempo ne citiamo alcuni e comunque quelli più conosciuti. Intanto visitiamo i monasteri benedettini: Santa Maria di Sant’Eufemia, Santa Maria della Matina presso San Marco Argentano, Santa Maria di Valle Josaphat e delle Fosse in territorio di Paola, il monastero di Corazzo presso Carlopoli, , il Rocca Falluca di Tiriolo, il SS. Trinità di Mileto, il San Nicola di Salettano a Bisignano, San Pietro in Guarano, Santa Maria dell’isola di Tropea, San Pietro di Niffis in San Mauro Marchesato e il Santo Stefano di Abgadori di Isola Capo Rizzuto. Dal 1098, poi, dall’Ordine Benedettino nacque quello dei Cistercensi che subentrarono ai già presenti monasteri: Sambucina di Luzzi, Santa Maria di Corazzo dal 1162, Sant’Angelo di Frigillo di Mesoraca dal 1189,  a Tiriolo dalla fine del sec. XII e a Santa Maria di Acquaformosa. Nel frattempo, dopo aver fondato nel 1084 a Grenoble tra le montagne della Chartreuse un monastero detto Certosa, venne in Calabria Brunone di Colonia al seguito del suo discepolo papa Urbano II, che gli aveva anche offerto la sede vescovile di Reggio, però rifiutata. Così il Santo tedesco volle rimanere in Calabria e tra i boschi delle Serre, con terre offerte dal benefattore Conte Ruggero il Normanno, fondò la prima  Certosa d’Italia e unica in Calabria, dedicandola a Santa Maria della Torre, nel luogo dove oggi vi sono le testimonianze della sua penitenza e del suo vivere quotidiano. Era l’anno 1091. Qualche anno dopo e a pochi chilometri a sud è sorta la Certosa di Santo Stefano del Bosco per quei frati desiderosi di ascesi ma in un ambiente meno rigido di Santa Maria. Siamo nella Certosa di Serra San Bruno visitata dai papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ancora dalle costole cistercensi è nato anche l’Ordine Florense fondato dal “calabrese abate Gioacchino, di spirito profetico dotato”. Siamo davanti al grande Gioacchino da Celico, nato nel 1130 che ha preso il saio monacale alla Sambucina nel 1177 e che diresse il monastero di Corazzo. Però, “ritenendo quella vita monastica piuttosto comoda e ricca”, nel 1191 fondava il cenobio di San Giovanni in Fiore, la cui Regola veniva approvata da Celestino III con Bolla del 1196. Legati ai Florenzi sono nati altri monasteri: Fontelaurato di Fiumefreddo Bruzio, Santa Maria di Altilia di Santa Severina, Pietralata di Pietrafitta, San Giovanni di Abatemarco e tanti altri. Ma nel 1570 Pio V soppresse quei pochi monasteri florenzi rimasti incorporandoli tra i Cistercensi. Concludiamo il nostro viaggio attraverso il monachesimo in Calabria e la sua evoluzione dalle origini ad oggi, senza però trascurare un rapidissimo accenno a quel monachesimo che non fu di origine calabro-greca, ma ugualmente importante per la Calabria. Innanzitutto san Francesco di Paola che, sulla scia dei Francescani Minori del Poverello d’Assisi presenti in modo considerevole in terra calabra, fondò l’Ordine dei Minimi con tanti conventi sparsi nel mondo. Inoltre i Padri Predicatori seguaci san Domenico di Guzman che fondarono nei nostri paesi un’infinità di conventi e dei quali il più importante e conosciuto nel mondo resta quello di Soriano. Al postutto, non possiamo sottacere che tutti monasteri calabresi, a prescindere dall’Ordine di origine, furono grandi artefici della rinascita socio-economica e spirituale della Calabria ed ancora oggi costituiscono il volano per l’incremento del turismo religioso e culturale e soprattutto luoghi di intensa spiritualità da vivere quotidianamente.

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Riportiamo a Serra le sculture di Cosimo Fanzago

 Nell’agosto del 1996, per ben un mese, il Museo della Certosa ha ospitato alcuni capolavori dell’arte appartenuti all’antico monastero bruniano distrutto dal terremoto del 1783. Un bel gruppo di sculture bronzee secentesche scolpite dal grande maestro Cosimo Fanzago e dagli aiutanti Maiterico e Schioppi, tra il 1630 e il 1637, che adornavano il famoso ciborio dello stesso Fanzago oggi presente nella chiesa dell’Addolorata di Serra ed oggetto di studi e attrazione turistica. Si tratta di dieci statuine tutte provenienti dal Museo d’Arte Sacra di Vibo Valentia dove furono, misteriosamente, portate all’indomani delle devastazioni sismiche e più precisamente nel Duomo dell’allora Monteleone nel 1807 a seguito della soppressione della Certosa. In dettaglio sono quattro angeli adoranti (trafugati dal Duomo di San Leoluca del capoluogo vibonese la notte del 5 maggio del 1973 e recuperati dalle Forze dell’Ordine nel 1979 dopo una sparatoria sull’autostrada); quattro santi, tra cui san Bruno; due putti alati nell’atto di reggere il famoso ciborio. Orbene, ci domandiamo per quale recondito motivo ancora il prezioso gruppo bronzeo rimane custodito ed esposto nelle sale museali di Vibo? Perché le Amministrazioni comunali di Serra San Bruno fin qui succedutesi non hanno mosso un dito per riprendersi quanto appartenuto alla comunità certosina e serrese? Perché non ci si muove? Attendiamo un gradito riscontro!

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I luoghi più belli di Serra San Bruno sotto la neve: LE FOTO

La Certosa, Santa Maria del Bosco, Rosarella: la straordinaria bellezza di questi posti sembra quasi crescere quando il verde della vegetazione viene coperto dal bianco candido della neve. Nella gallery, potete trovare gli scatti più significativi della giornata.

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Lo spettacolare paesaggio della Certosa e di Santa Maria sotto la neve: LE FOTO

Il fascino dei luoghi sacri diventa maggiore grazie allo splendore dei paesaggi innevati. Cliccando sulla gallery potete ammirare la Certosa e località Santa Maria del Bosco sotto la coltre bianca.

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