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Confesercenti Catanzaro: "Strangolati dalla peggiore burocrazia d'Europa"

“Strangolati dalla peggiore burocrazia d'Europa”. È il commento del presidente provinciale di Confesercenti Catanzaro, Francesco Chirillo, dopo la pubblicazione dei dati elaborati dalla Cgia di Mestre sull'indice di qualità della Pubblica amministrazione nell'area della moneta unica.

Numeri che collocano la Calabria al 20mo e ultimo posto tra le regioni italiane e addirittura al 190mo su base continentale.

“Avevamo ragione noi - è l'amara considerazione di Chirillo - quando denunciavamo, solo pochi giorni fa in conferenza stampa, le difficoltà del fare impresa nei nostri territori. L'inefficienza di uffici e apparati pubblici è sotto gli occhi di tutti. Adesso viene anche certificata dai dati della Commissione europea”.

“La Calabria è il territorio in cui la Pa funziona peggio - sottolinea il presidente di Confesercenti - e guarda caso è anche regione al top in Ue per tasso di disoccupazione”.

“Le due facce della stessa medaglia” secondo Francesco Chirillo.

“Tanta burocrazia malata, tasse insostenibili, credito inaccessibile, un contesto pesantemente condizionato dagli attacchi delle organizzazioni criminali: tutto ciò rende la situazione insopportabile per le piccole e medie imprese” è il quadro che evidenzia le principali criticità del sistema calabrese nel suo complesso. Ma resta comunque “la burocrazia il tema principale da affrontare per le nostre imprese” in un panorama nazionale nel quale adesso bisogna fare i conti anche con “l’entrata in vigore della fatturazione elettronica generalizzata, dal primo gennaio scorso, che ha creato ulteriori, assurdi danni a chi lavora, con inutili e onerosi adempimenti”.

“Semplificazione” è la soluzione invocata dal presidente di Confesercenti che auspica “un riordino generale oltre che la liberazione dal laccio mortale e asfissiante della burocrazia per i tanti imprenditori coraggiosi che, nonostante tutto, ancora sorreggono il Pil dell'ultima regione tra le ultime d'Europa”. 

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Tasse record a Reggio, Falcomatà: “Piano di rientro è eredità delle precedenti gestioni finanziarie”

"Purtroppo non è una novità e i nostri concittadini lo sanno bene. Reggio Calabria è la città più tartassata d'Italia a causa del piano di rientro disposto durante il periodo commissariale per ripianare i debiti delle precedenti gestioni”. È quanto dichiara il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà commentando il rapporto della Cgia di Mestre per il quale le famiglie reggine sono quelle sottoposte alle tasse più alte in Italia. “Due anni fa i Commissari hanno sancito il piano di rientro dei debiti del Comune - ha aggiunto il primo cittadino - é una sorta di mutuo acceso che i cittadini, attraverso le tasse locali, dovranno pagare ancora per otto anni. Un regalo nefasto che ci lasciano le gestioni dissennate della destra, i cui rappresentanti oggi si permettono anche di venire a parlarci di correttezza sui bilanci. Da quando ci siamo insediati abbiamo rimesso le cose in ordine - ha concluso – e attraverso una buona interlocuzione con il Governo abbiamo già ottenuto importanti benefici per la città. Dobbiamo proseguire su questa strada, intervenendo sulla questione tributi con l'obiettivo di sgravare i reggini che oggi pagano un conto salatissimo ereditato dal passato".

Tasse, a Reggio Calabria le famiglie più spremute d’Italia

Le famiglie più tartassate d’Italia abitano a Reggio Calabria. A rivelarlo è uno studio della CGIA Mestre. Nello specifico, nel 2015 il peso complessivo di Irpef, addizionali comunali e regionali all’Irpef, Tasi, bollo auto e Tari ammonta a 7.684 euro. Al secondo posto di questa graduatoria troviamo Napoli: nel capoluogo campano le tasse che gravano su una famiglia media pesano 7.658 euro. Il terzo posto è occupato da Salerno: lo sforzo fiscale richiesto alle famiglie residenti in questa città è di 7.648 euro. Ai piedi del podio si collocano Messina (7.590 euro), Roma (7.588 euro), Siracusa (7.555 euro), Catania (7.547 euro) e Latina (7.540 euro). La prima città del Nord è Genova che si “piazza” al tredicesimo posto, con 7.405 euro. Le città meno tartassate, invece, si trovano a Nordest: nelle ultime 6 posizioni ben 4 sono occupate da Comuni veneti e friulani: Verona (7.061 euro), Vicenza (6.986 euro), Padova (6.929 euro) e Udine (6.901 euro). “Il differenziale tra le imposte pagate a Reggio Calabria e quelle versate a Udine è di ben 783 euro – commenta il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo. – Se consideriamo la qualità e la quantità dei servizi offerti, è evidente che questo gap non ha alcuna giustificazione e la gran parte delle famiglie del Sud che pagano le tasse subiscono una vera ingiustizia”. Questi risultati emergono da una ricerca effettuata dall’Ufficio studi della CGIA che ha analizzato il carico fiscale gravante quest’anno su una famiglia media composta da un lavoratore dipendente con coniuge e figlio a carico: questa famiglia “tipo” ha un reddito annuo di 31.000 euro (pari a una retribuzione mensile netta di 1.900 euro),vive in un’abitazione di proprietà di 100 metri quadrati (rendita catastale di 500 euro) e possiede un autovettura di media cilindrata. La CGIA precisa che sono stati presi in esame 50 Comuni capoluogo: 19 di regione e 31 di provincia con più di 100.000 abitanti. “In Italia – segnala Zabeo - il carico fiscale sulle famiglie penalizza soprattutto quelle residenti nelle città del Mezzogiorno. A gravare sulle tasche dei cittadini del Sud pesano, in particolar modo, l’addizionale regionale Irpef e la Tari. L’esosità della prima è dovuta al fatto che quasi tutte le regioni del Sud sono in disavanzo sanitario: pertanto, ai cittadini di questi territori viene applicata l’aliquota massima per comprimere il deficit. L’elevato peso della seconda, invece, è riconducibile al fatto che i costi di gestione delle aziende di asporto rifiuti sono eccessivi e, come prevede da pochi anni la legge nazionale, devono essere interamente coperti dagli utenti con il pagamento del tributo. Inoltre, al Sud si sconta ancora una percentuale di raccolta differenziata molto contenuta che non consente una riduzione della tariffa, così come succede in molte città del Nord”. Nel 2016 la situazione è destinata a migliorare: con l’abolizione della Tasi sulla prima casa, le famiglie italiane risparmieranno mediamente tra i 200 e i 250 euro. “Tuttavia – prosegue Zabeo – per i nuclei residenti nelle realtà in disavanzo sanitario, come il Piemonte, il Lazio e la gran parte delle regioni del Sud, è probabile che i mancati aumenti dei trasferimenti in materia di sanità vengano compensati con un incremento della tassazione locale e/o con un inasprimento dei ticket”. Solo dal 2018 le famiglie italiane potranno beneficiare di un consistente taglio dell’Irpef. In attesa di questa misura, comunque, il carico fiscale non dovrebbe subire significative variazioni. “Sia chiaro – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – con questa analisi non vogliamo assolutamente dare alcun giudizio sull’operato degli amministratori locali. Infatti, abbiamo considerato in maniera indistinta tributi nazionali, regionali e comunali, con l’obbiettivo di comprendere quanto possa variare il prelievo fiscale tra le principali città italiane a parità di condizioni”.

Cgia Mestre: la Calabria è la regione meno tassata dopo la Sicilia

La Calabria si piazza al penultimo posto nella graduatoria stilata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha effettuato un confronto fra  il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese di tutte le regioni d’Italia. La più tartassata è la Lombardia, dove ogni residente versa in media 11.386 euro, seguita dal Lazio (10.763 euro) e dall’Emilia Romagna (10.490 euro). In coda troviamo, invece, la Campania (6.041 euro), la Calabria (5.918 euro) e la Sicilia (5.598). Considerando le macroaree, le attese sono rispettate con al vertice il Nord-ovest (10.828 euro) che stacca il Centro (9.868 euro) ed il Nord-est (9.819 euro). Chiude, ben lontano dalla media nazionale (8.824 euro), il Sud (6.137 euro). “Questi dati – spiega Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre – dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore”. Altro elemento di rilievo che si nota nell’analisi condotta dalla Cgia di Mestre è la distribuzione del gettito tra i vari livelli di governo. Su un totale nazionale di 8.824 euro pro capite di entrate tributarie registrate nel 2012 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati a livello territoriale), ben 7.124 euro finiscono nelle casse dello Stato (pari all’80,7% del totale); 902 euro pro capite sono destinati alle Regioni (pari al 10,2% del totale) e solo 798 euro pro capite (pari al 9%) confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni, Province e Comunità montane). Da un punto di vista metodologico i tributi analizzati nello studio sono riferiti al valore aggiunto generato nelle singole regioni. La Cgia ricorda inoltre che per l’anno in corso la pressione fiscale è destinata ad attestarsi al 43,2%: 0,1 punti in meno rispetto al dato toccato nel 2014, mentre nel 2016 dovrebbe salire al 43,7%. Tale aumento sarebbe il risultato di una diminuzione di 0,6 punti di Pil dei contributi sociali, più che controbilanciata dall’incremento di quasi un punto della pressione tributaria. Quest’ultimo è in gran parte dovuto alle imposte indirette, per effetto, in particolare, dell’aumento dell’aliquota Iva dal 2016 e delle clausole di salvaguardia sulle accise, misure introdotte con la legge di Stabilità 2015.

  • Published in Cronaca
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