Operazione “Antenora”: ex poliziotto al servizio della ‘ndrangheta, arrestato

I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale  Direzione distrettuale antimafia,- nei confronti di G.C., ex sovrintendente della polizia di Stato di 45 anni, in servizio, fino allo scorso mese di agosto, presso il posto di polizia di frontiera marittima del porto di Gioia Tauro (Rc).

 Il provvedimento scaturisce da quanto accaduto la notte del 9 luglio 2018, in seguito ad un fermo d'indiziato di delitto emesso a carico di 38 persone considerate appartenenti o contigue alle cosche “Cacciola” e “Grasso” e ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di: associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale.

Nella circostanza, in sette – tra cui Rosario Grasso, il rampollo della cosca Cacciola-Grasso al quale era stata contestata l’aggravante di essere il promotore e l’organizzatore dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta - erano riusciti a sfuggire all’esecuzione della misura, dopo essere stati avvertiti dell’imminenza della cattura.

In seguito alle indagini, avviate per fare luce sulla fuga dei sette, i militari del Nucleo investigativo del Gruppo carabinieri di Gioia Tauro, sono riusciti, non solo a mettere insieme gli elementi che hanno portato alla cattura di tutti i latitanti, ma anche a fare luce sulle connivenze che gli avevano consentito di darsi alla fuga. 

In particolare, gli investigatori hanno scoperto che la notte dell’esecuzione dell’operazione "Ares", il giovane boss della cosca Grasso ed i suoi più stretti collaboratori erano stati avvertiti con una telefonata fatta da un appartenente alle forze dell’ordine, sull’apporto del quale i componenti della cosca avevano potuto contare sino a quel momento.

 La successiva indagine ha permesso di svelare l’identità del presunto delatore, ovvero G.C., il quale avrebbe fatto parte anche di due associazioni dedite al narcotraffico internazionale.

Per gli investigatori, l’ex poliziotto avrebbe rappresentato un supporto indispensabile per l’ingresso nel porto di Gioia Tauro di ingenti quantitativi di cocaina, provenienti dal Sudamerica e commissionati dai sodalizi. “Un supporto - si legge in una nota dell’Arma - sistematicamente retribuito, fornito nella qualità di Pubblico Ufficiale e nell’esercizio delle sue funzioni di Responsabile del posto di Polizia di Frontiera Marittima del porto di Gioia Tauro”.

L’indagato deve ora rispondere dei reati di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, corruzione propria e partecipazione ad associazioni dedite al narcotraffico internazionale.

Operazione "Eracle", in manette 15 persone appartenenti alle cosche reggine

Nelle prime ore di oggi 27 aprile 2017 militari del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria e personale della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a 15 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di altrettanti indagati appartenenti, a vario titolo, alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale attigua alle cosche“CONDELLO” di Archi (RC) e “STILLITTANO” di Vito (RC), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, tentata estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia di beni, maltrattamento di animali, con l’aggravante del metodo mafioso.

L’indagine, convenzionalmente denominata “Eracle” e sviluppatasi dal maggio 2015 al dicembre 2016, trae origine dalla necessità, avvertita dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Dott. Federico Cafiero De Raho, di contrastare la serie di reiterate aggressioni, risse ed intimidazioni che hanno funestato le recenti estati reggine, turbando la serena e la libera frequentazione serale dei locali d’intrattenimento (specie quelli stagionali avviati sul lungomare cittadino).

Si è trattato di una serie di episodi che hanno visto per protagonisti giovani leve della ndrangheta reggina che, evocando la loro appartenenza a storici casati della ‘Ndrangheta originaria del quartiere di Archi, hanno inteso proporsi quale gruppo dominante della scena serale e notturna della città, intimidendo o aggredendo chiunque non riconoscesse loro siffatto ruolo.

L’attività d’indagine ha consentito di accertare come esponenti di primo piano della “Cosca CONDELLO”, agendo in perfetta sintonia con alcuni rampolli della “Cosca TEGANO”, avessero assunto la gestione monopolistica dei servizi di “Buttafuori” presso i principali locali d’intrattenimento serale e notturno della città di Reggio Calabria.

Le susseguenti attività d’indagine hanno consentito di far luce su di uno scenario ben più vasto i cui aspetti salienti verranno comunicati in una conferenza stampa che si terrà alle ore 11:00 presso la Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, alla quale parteciperà il Procuratore Capo Federico Cafiero De Raho, un sostituto proc. DDA , il Questore di Reggio Calabria, il Capo della Squadra Mobile, il Comandante Provinciale di RC, il Maggiore Mariano Giordano Comandante della Compagnia CC di RC.

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Omicidio fra Caraffa e Germaneto, uomo ucciso a colpi di pistola

Erano le 6.45 di stamani quando Domenico Vecceloque, rom 79enne, è caduto vittima di un agguato vicino un bar alle porte di Catanzaro. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, fatta dopo un primo esame dei filmati delle telecamere a circuito chiuso del locale, l’uomo aveva appena raggiunto un bar presso una stazione di servizio lungo la vecchia statale 280, quando, sceso dalla propria vettura, è stato avvicinato da un sicario che ha esploso un primo colpo di pisola. L’anziano rom ha tentato la fuga verso il bar ma il killer non gli ha lasciato scampo, finendolo con altri cinque colpi sparati da meno di due metri di distanza.

La vittima era già nota alle forze dell’ordine ma, a quanto pare, per fatti veniali.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Catanzaro, che conducono le indagini guidati dal capitano Antonio Piccione e dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Vincenzo Capomolla, e gli agenti della squadra mobile.

Al momento rimangono aperte tutte le ipotesi ma quella battuta con maggiore interesse è quella di contrasti negli ambienti della criminalità catanzarese in cui la comunità rom svolge un ruolo importante.

 

Sempre secondo quanto appreso, pare che il killer avesse raggiunto il luogo dell’agguato a bordo di un auto rubata nei giorni scorsi vicino Lamezia Terme e ritrovata, nel corso della mattinata, a Martelletto di Settignano, a pochi chilometri dal luogo del delitto, completamente carbonizzata.

'Ndrangheta: sequestrati beni per un valore di 500 mila euro

Beni per un valore di oltre 500 mila euro sono stati sequestrati dai Finanzieri del Nucleo di polizia tributaria - Gico di Catanzaro, in esecuzione di un provvedimento di prevenzione, richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, coordinata dal Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, ed emesso dal Tribunale del capoluogo calabrese.

Destinatario del decreto di sequestro è Luciano Trovato, ritenuto legato alla famiglia di ‘ndrangheta dei Giampà di Lamezia Terme. L’uomo unitamente ai fratelli, è stato coinvolto in diverse operazioni di polizia in materia di criminalità organizzata che hanno interessato la piana lametina. Nell’ambito dell’ operazione “Perseo”, la scorsa estate era stato condannato, dalla Corte d’assise d’appello di Catanzaro, alla pena di anni quattro di reclusione.

Le indagini patrimoniali condotte dalla Guardia di finanza, che hanno consentito l’emanazione del provvedimento di sequestro, hanno evidenziato una netta sproporzione tra i beni risultati nella effettiva disponibilità del soggetto ed il suo tenore di vita, rispetto ai redditi dichiarati e alle attività economiche ufficialmente svolte.

I beni complessivamente sequestrati comprendono quote di otto unità immobiliari ubicate a Lamezia Terme, quote societarie di un’azienda lametina esercente l’attività di autocarrozzeria e commercio autovetture, e una parte di un’attività economica che gestisce un rinomato locale della movida giovanile lametina, già sottoposto a sequestro in ambito penale per una vicenda di interposizione fittizia di beni. Il  valore complessivo del patrimonio sequestrato ammonta ad oltre 500 mila euro.

'Ndrangheta: condanne pesanti per i componenti del clan Franco

Sono Dodici le condanne inflitte, con il rito abbreviato, ad altrettanti imputati nel processo scaturito dall'operazione Antibes con la quale, lo scorso gennaio, è stato disarticolato il clan dei Franco.

L’organizzazione,  attiva nel quartiere Pellaro di Reggio Calabria, è ritenuta dagli inquirenti un’articolazione della potente famiglia di 'ndrangheta dei Tegano.

Al termine del processo, la pena più pesante, 18 anni, è stata comminata, dal gup Caterina Catalano, a Giovanni Franco (di 69 anni). Per l’uomo, considerato  il dominus della cosca, la sentenza va, addirittura, oltre i 16 anni richiesti dai pm Antimafia Annamaria Frustaci e Giovanni Gullo.

 Quattordici anni di reclusione, ovvero quanti ne aveva chiesto la Dda, per il figlio di Giovanni Franco, Paolo di 37 anni. Stessa pena per Natale Cozzupoli e Francesco Cuzzucoli. Dodici anni ciascuno, invece, per Alfredo Dattola , Antonio Giuseppe Franco, Cosmo Montalto, Giuseppe Oliva, Filippo Oliva, Alessandro Pavone e Nicola Domenico Dascola, per i quali erano state proposte pene variabili tra i 9 e i 18 anni. Infine, a fronte di una richiesta di tre anni e sei mesi, Carlo Cavallaro è stato condannato a quattro anni e quattro mesi.

Stralciata, per un errore materiale, la posizione di Vincenzo Cicciù, per il quale, nel corso di una precedente udienza, la Dda aveva chiesto una condanna a 9 anni di reclusione. Nei suoi confronti il gup Catalano si pronuncerà oggi, poiché è stato necessario fissare una nuova udienza.

Prosegue, invece,  con il rito ordinario il filone processuale relativo alle estorsioni subite tra agosto 2012 e gennaio 2013 da un imprenditore di Melito Porto Salvo.

Nel corso dell’inchiesta, denomina Antibes, gli investigatori della Squadra Mobile sono riusciti a risalire ai presunti fiancheggiatori della latitanza di Giovanni Franco conclusasi in Costa Azzurra nel novembre 2013. Dalle indagini è, inoltre, emersa la figura del figlio del boss, che partecipava ai summit confrontandosi alla pari con affiliati con alle spalle una lunga carriera criminale.

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Operazione Stop Drugs: il Tribunale della libertà accoglie le istanze di riesame di altri tre indagati

Il Tribunale della libertà di Catanzaro ha accolto le istanze di riesame avanzate dall’avvocato Ettore Zagarese, difensore di Luigi Gustavo Pometti, e dall’avvocato Francesco Nicoletti, difensore di Giancarlo Pometti e di Mauro Salvatore Pometti. Nella giornata di ieri il Tribunale della libertà ha modificato e affievolito le misure cautelari nei confronti dei tre indagati, coinvolti nell’operazione denominata “Stop Drugs”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e portata a termine lo scorso 26 ottobre dai carabinieri.

 

L’organo giudicante, sciogliendo la riserva dopo la discussione delle istanze di riesame, ha accolto le tesi sostenute dagli avvocati Ettore Zagarese e Francesco Nicoletti, procedendo alla modifica della misura di custodia cautelare in carcere con l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria per: Luigi Gustavo Pometti, 49 anni; Giancarlo Pometti, 39 anni; Mauro Salvatore Pometti, 39 anni.

Lo scorso 26 ottobre i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Catanzaro e i finanzieri del nucleo di polizia tributaria – Gico di Catanzaro avevano dato esecuzione a 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro. Il tutto nell’ambito di due operazioni antidroga denominate “Stop Drugs” e “Piccoli passi” condotte rispettivamente dai carabinieri e dalla guardia di finanza.

L’attività di indagine coordinata dal procuratore distrettuale di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto nVincenzo Luberto e dal sostituto procuratore Saverio Vertuccio, che trae origine da un’altra operazione antimafia avviata nel 2009 dal Ros (operazione “Stop”) si è concentrata sulle attività della cosca Acri-Morfò nel settore degli stupefacenti.

Nel dettaglio, le due operazioni, condotte in sinergia dai due organi di polizia, hanno consentito agli inquirenti di individuare i canali di approvvigionamento del narcotico e definire le modalità di “smistamento” sul territorio.

 

'Ndrangheta: azzerata la cosca dei "Rango-Zingari", eseguite 18 ordinanze di custoria cautelare

Dalle prime luci dell’alba è in corso una vasta operazione antimafia dei carabinieri del Comando provinciale di Cosenza che, con il supporto di velivoli dell’ottavo nucleo elicotteri di Vibo Valentia, stanno eseguendo 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di altrettanti esponenti della potente cosca di ‘ndrangheta consentina dei “Rango-Zingari”.

I provvedimenti sono stati emessi su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro dall’ufficio del Giudice per le indagini preliminari del capoluogo catanzarese.

Le indagini sono state condotte dai militari del Reparto operativo del Comando provinciale carabinieri di Cosenza e coordinate dal procuratore capo Nicola Gratteri, dai procuratori aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto e del sostituto procuratore Pierpaolo Bruni.

Tra le persone raggiunte dall’ordinanza, anche, il capo della cosca Maurizio Rango, 40 anni, già detenuto in regime di 41 bis.

Intercettazioni, pedinamenti, riprese e riscontri alle dichiarazioni di pentiti dello stesso clan, hanno consentito agli investigatori dell’Arma di ricostruire 3 anni di egemonia della cosca sul territorio cosentino, dal 2012 al 2015. Una multinazionale del crimine che gestiva lo spaccio organizzato di cocaina e hashish, le estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori del consentino, arrivando persino ad “assegnare” alloggi popolari agli affiliati togliendoli ai legittimi assegnatari.

La cosca era riuscita anche ad imporsi attraverso attività apparentemente lecite, gestendo delle società di sicurezza che imponeva alle discoteche del luogo, non esitando, in un caso, a pestare un gestore riottoso.

Documentata anche l’espansione del clan verso la cittadina di Paola (CS), subentrando alla locale cosca dei “Serpa”, disarticolata nel 2012 da un’operazione antimafia portata a termine dall’Arma dei carabinieri e coordinata dalla Dda. di Catanzaro.

"Sono un marinaio", la difesa del siriano arrestato in Calabria con l'accusa di terrorismo

"Sono un marinaio e non ho alcun rapporto con le organizzazioni terroristiche". Questa la difesa di Abo Robeih Tarif, il 23enne siriano, fermato sabato scorso dalla Guardia di finanza con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale.

L'indagato è comparso ieri davanti al gip del Tribunale di Castrovillari, per l'udienza di convalida del fermo.

Il giovane ha respinto tutte le accuse mosse dalla Dda di Catanzaro e dalla Guardia di finanza.

Nel corso dell'udienza, il cittadino siriano avrebbe raccontato di aver iniziato la sua carriera da marinaio imbarcandosi su diverse navi mercantili, ragion per cui sarebbero presenti nel suo cellulare contatti in Europa e Sud America.

In Libano, avrebbe, frequentato l'accademia nautica per diventare capitano di lungo corso e da qui sarebbe rientrato in Siria per partecipare ai funerali del nonno. Proprio in questo arco temporale avrebbe scattato le fotografie che lo ritraggono con le armi.

A suo dire, le pose belliche sarebbero state dettate da emulazione e dal desiderio di vantarsi, con i suoi amici, di aver preso parte alla guerra civile nel suo paese.

Abo Robeih Tarif ha, quindi, dichiarato la sua estraneità sia all'attività politica che all'estremismo religioso.

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