Serra, elezioni comunali: quando al partito di "lu susu" si contrapponeva quello " di lu vasciu"

Alle prese con la campagna elettorale per il rinnovo degli organi amministrativi, Serra vive la classica situazione in cui le luci della ribalta vengono concentrate su facce vecchie e nuove. Da una parte, i neofiti che si affacciano per la prima volta alla finestra principale dalle quale si chiede il consenso; dall’altra rugosi volti che, seguendo un collaudato canovaccio, riaffiorano dopo il lustro trascorso sott’acqua. In ogni caso, vecchi e nuovi aspiranti battono palmo palmo ogni angolo del paese per chiedere, in taluni casi piatire, una preferenza. La pratica è tutt’altro che nuova se già, a fine Ottocento, Mastro Bruno Pelaggi verseggiava: “Pue quand’è l’ura di li votazioni,/ t’abbrazzanu e ti stringianu li mani,/ e si cu ttia non haannu relazioni,/ mentanu mezzi cu atri cristiani:/ vannu da chidhi chi ‘nci hai brigazziuoni,/ a cu’ dici «si!»: sinnò pierdi lu pani”. Non è l’unica analogia con quanto avviene oggi, tuttavia sarebbe fallace pensare che nulla sia cambiato. Se oggi si assiste ad una proliferazione di candidati, a cavallo tra Otto e Novecento, la situazione era diametralmente opposta, non solo perché l’accesso all’elettorato, sia passivo che attivo, era piuttosto limitato, ma anche per la composizione delle liste che si contendevano la guida dell’amministrazione cittadina. In assenza di partiti politici strutturati, l’aggregazione avveniva su base territoriale. Come ricorda Brunello De Stefano Manno nella “Fabbrica di cellulosa”, le liste in lizza erano due. Da una parte “il partito di lu suso”, dall’altra quello “di lu vasciu”, espressioni rispettivamente dei rioni Spinetto e Terravecchia. Le due fazioni davano luogo a “dispute […] complicate da una netta contrapposizione territoriale che vedeva il paese spaccato in due dal corso del fiume Ancinale”. Così, “le liste elettorali, esclusivamente civiche, riproducevano la situazione territoriale. Il fiume era il confine fisico e, spesso e volentieri, sul ponte dell’Ancinale si veniva alle mani”. Un altro elemento che contribuiva a creare una cesura netta tra le due fazioni, era l’appartenenza alle congreghe, “soprattutto tra quella dell’Addolorata di Terrevecchia e quella dell’Assunta di Spinetto”. La contesa elettorale si concludeva, il più delle volte, con la vittoria del partito di “lu suso”, “mentre l’opposizione, tra cui militava Mastro Bruno, s’identificava nei sostenitori del partito di Sotto”. A ben guardare, però, le analogie superano forse le differenze, dal momento che la “piccola” Serra vantava anche allora un proprio rappresentante alla Camera dei Deputati. Bruno Chimirri, era e rimane la personalità politica più in vista che la cittadina bruniana abbia mai avuto. Esponente della Destra storica, titolare di dicasteri importanti in numerosi governi, a lui Mastro Bruno ha dedicato alcuni versi nei quali ricordando: “E’ pi lu mundu è truoppu mintugatu/ di tutti li putenti di la terra…/”, definisce i suoi oppositori locali “suriciedhi di mulinu”. Non manca, infine, l’ammonimento con il quale, il poeta, rivolgendosi ai suoi concittadini, dice: “Facitivilu miégghiu pi d’amicu, c’avimu aiuti, riparu e cunzigghju”. Il suggerimento, che denota la calabra propensione ad assecondare il potere, rappresenta, forse, la più grande analogia tra le campagne elettorali di ieri e quelle di oggi.

 

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