Digitalizzare l'archivio di Emilia Zinzi per renderlo fruibile agli studiosi

Emilia Zinzi è stata molto ammirata in vita; ma credo che pochi sapessero perché, nella nobile città di Catanzaro. Alla fine, ammirare è la cosa più facile del mondo! Poi la città le dedicò una strada che, per qual è e per com’è tenuta, non mi pare un grande onore.

 Emilia era una cosa rara, per le cattive abitudini dei dotti meridionali sempre un po’ fantasiosi: era sistematica, scientifica, animata da senso critico; e per questo godeva della meritata considerazione della comunità accademica internazionale. I suoi studi sui luoghi cassiodorei e, in genere, sul territorio storico di Stalettì e Squillace; e sull’arte calabrese, rivestono il genuino crisma dell’autorevolezza.

 Lasciandoci, il 9 settembre 2004, ha lasciato anche un importante patrimonio di studi e documenti, a proposito del quale sto sentendo e leggendo delle cose, direi troppe cose, da troppe persone e senza coordinamento. Ora dico la mia:

-          Un patrimonio di documenti appartiene moralmente alla comunità; il lavoro di una persona che non c’è più dovrebbe essere continuato da degni epigoni, che hanno bisogno di quelle carte.

-          Se ciò in linea di principio è vero e sacrosanto, è vero altresì che, come tutte le proprietà, le carte sono soggette al diritto ereditario, e qualcuno ne ha la proprietà, e sono contenute in un luogo fisico non pubblico.

-          L’erede non può essere costretto ad assumersi da solo quelli che dovrebbero essere doveri della comunità e delle istituzioni. Se ha voglia o bisogno di vendere una casa ereditata, si pone il problema del contenuto: chiaro?

-          Fu così che l’archivio Capialbi passò da Vibo a Roma. Conosco due archivi, io, che faranno l’uno la stessa fine cambiata città; e l’altro, temo, quella dei cassonetti.

-          L’archivio Zinzi deve restare a Catanzaro per un fatto di sentimento; ma quello che conta, è che dev’essere accessibile e consultabile. Non basta perciò trasferirlo materialmente in qualche edificio pubblico, dove resterebbe in preda alla polvere e dimenticato. Si aggiunga che l’Università cittadina non ha facoltà di Lettere o Arte o Architettura.

-          La destinazione naturale di quelle carte è, penso, la Biblioteca Comunale, che ha spazi e personale. Chi le vuole consultare, si accomodi.

-          Sì, vero; ma è cosa arcaica, nel quasi 2017. Oggi delle carte possono stare materialmente dovunque e nello stesso tempo trovarsi sopra uno o mille schermi di computer. Ecco la soluzione: digitalizzare l’archivio di Emilia Zinzi, e renderlo disponibile in internet, previa iscrizione a un gruppo e obbligo di citazione della fonte.

-          Si diano da fare dunque il Comune di Catanzaro e le associazioni e realtà culturali cittadine.

-          I soldi? Ci sarebbero, se la Regione Calabria avesse un minimo di politica culturale, che invece non sa nemmeno cosa sia.

 Ecco, ho detto la mia nel ricordo di una seria studiosa e buona amica.

Leave a comment

Make sure you enter all the required information, indicated by an asterisk (*). HTML code is not allowed.