Serra: misteri e "profezie" del Cristo della "Naca"

Dell’opera d’arte più significativa per i riti della Settimana Santa serrese non sappiamo molto.

Quello che si può dire con certezza è che risale al XVII secolo e proviene anch’esso dall’ambito monastico della Certosa.

Il monastero di S. Stefano lo custodì fino al terremoto del 1783, poi fu la congregazione dell’Addolorata ad appropriarsene.

Lo stile artistico ha fatto pensare, come autore, a qualche scultore napoletano: i più esperti propongono il nome di Carmine Lantriceni, ma nulla rimane che possa dare assoluta sicurezza.

Che meraviglia avrebbe destato questo Cristo a grandezza naturale appeso alla croce nella cornice cinquecentesca della chiesa convenutale!

Un’altra cosa certa che si può affermare in merito alla statua del Cristo morto sono i maneggiamenti subiti per adattarlo alle funzioni pasquali.

Quando il Cristo passò alla congrega dei Sette Dolori, si cominciò subito a usarlo per il più atteso e suggestivo dei riti serresi: la "Schiovazziuoni". Ma affinché il Cristo venisse calato dalla croce, era necessario rendere mobili le braccia: fu questa modifica, unitamente all’appiattimento della schiena per farlo adagiare più comodamente sul letto mortorio prima e sulla Naca poi, a causare una sproporzione fra la testa e il resto del corpo.

Il Cristo fu probabilmente ridipinto. Era del resto necessario apportare anche una modifica nell’incarnato, visto che l’opera ritrae un Gesù non ancora morto, ma spirante. La bocca è infatti digrignata, lasciando intravedere i denti e la lingua riarsa dalla sete che tormentava ulteriormente i crocifissi. Gli occhi sono socchiusi, non ancora completamente spenti. Gesù sta per esalare lo spirito dopo aver gridato al Padre il suo senso di abbandono. Il torace non è rilassato come sarebbe quello di un uomo morto appeso alla croce, semmai è contratto nello sforzo – tipico del condannato alla crocefissione – compiuto per respirare appoggiandosi sui piedi. I capelli fluenti hanno subito un ultimo intervento di restauro, sotto la supervisione del prof. Giuseppe M. Pisani, in seguito all’ultima rovinosa caduta della statua avvenuta durante la processione del 2001.

Prima di pensare a un sistema di corde che ne impedisse il rovesciamento dalla Naca, il Cristo è caduto in diverse occasioni, a causa del movimento scoordinato dei portatori. In tutte le occasioni, tale evento è stato interpretato come foriero di fatti tragici. Il Cristo cadde dalla Naca certamente prima del 1915, se l’entrata in guerra da parte dell’Italia fu ricondotta dai serresi a quella circostanza; anche la pandemia di spagnola venne “addebitata” a una caduta del Cristo dalla Naca; e nel 2001 non si poté fare a meno di associare la caduta del Cristo al tragico attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre.

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