'Ndrangheta, "pentito" inattendibile: assolti 8 presunti affiliati al clan Mancuso

Il Collegio Giudicante del Tribunale di Vibo Valentia ha disposto l'assoluzione di otto persone che sedevano sul banco degli imputati e considerati personaggi di rilievo della cosca Mancuso di Limbadi. A mandare in frantumi le tesi della pubblica accusa è stata l'inattendibilità, secondo quanto deciso in sede di verdetto, dei racconti resi dal testimone di giustizia Alfonso Carano. Contestualmente, infatti, i magistrati hanno ordinato che le sue affermazioni vengano trasmesse agli uffici della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro affinché si proceda contro di lui per il reato di falsa testimonianza.  Il rappresentante della pubblica accusa in aula per conto della DDA catanzarese, Camillo Falvo, si era espresso per una condanna a complessivi ottantasette anni di reclusione. Lo stesso pubblico ministero ha già annunciato che ricorrerà in Appello. Il verdetto riguarda: Pantaleone Mancuso, soprannominato "l'Ingegnere", nei confronti del quale era stata avanzata una richiesta di condanna a sedici anni di carcere; Diego Mancuso (richiesti 14 anni); Domenico Mancuso, figlio del presunto boss Giuseppe Mancuso, (richiesti 8 anni); Francesco Mancuso, noto come "Tabacco" (richiesti 9 anni); Giovanni Mancuso (richiesti 12 anni); Vincenzo Addesi (richiesti 9 anni), di Soriano Calabro; Salvatore Cuturello, genero di Giuseppe Mancuso, (richiesti 8 anni); Salvatore Valenzise (richiesti 11 anni). Erano accusati, a vario titolo, di danneggiamenti, spari in luogo pubblico, sequestro di persona, usura, violenza privata, tutti reati, aggravati dalle modalità mafiose.

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Processo "Insomnia": richieste condanne fino a 10 anni di carcere

Camillo Falvo, rappresentante della pubblica accusa per conto della Direzione distrettuale antimafia nel processo scaturito dall'operazione "Insomnia" e che si sta celebrando con rito abbreviato, ha richiesto per i sei imputati pene comprese fra i 6 ed i 10 anni di reclusione. L'indagine, avviata dalla Dda di Catanzaro, era sfociata nel novembre dello scorso anno in una serie di arresti per estorsione ed usura aggravate dal metodo mafioso.  I provvedimenti restrittivi furono eseguiti dai Carabinieri del Reparto operativo di Vibo Valentia. Vittima dei reati addebitati ai soggetti finiti in manette un commerciante attivo nei settori dell'abbigliamento e dei gioielli. Una parte degli individui coinvolti nell'operazione è sospettata di essere organica alla cosca Bellocco, di Rosarno, ed ai clan vibonesi Fiarè-Gasparro-Razionale e Lo Bianco-Barba. Concludendo la sua requisitoria, il pubblico ministero ha formulato le seguenti richieste: per Gaetano Antonio Cannatà, 10 anni di reclusione e 10mila euro di multa; per Francesco Cannatà, 8 anni e 12 mila euro di multa; per Giovanni Franzè, 6 anni e 10 mila euro di multa; per Salvatore Furlano, 8 anni e 12 mila euro di multa; per Alessandro Marando, 6 anni e 10 mila euro di multa;  per Damiano Pardea, 7 anni e 6 mesi di reclusione.

Favoreggiamento di ex latitante del Vibonese: chiesto il processo per due persone

Sia processato con rito immediato: è questa la richiesta formulata da Camillo Falvo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, in merito alla posizione del ventiduenne vibonese Francesco Moscato e del sessantaquattrenne di Zambrone, Francesco Muggeri. Sono accusati di favoreggiamento dell'ex latitante Salvatore Tripodi, quarantaquattrenne catturato a luglio dopo che si era reso irreperibile per tre mesi. Su di lui pendeva un mandato d'arresto perché sospettato del reato di concorso in omicidi. E' ritenuto dagli inquirenti uno dei personaggi al vertice dell'omonima cosca, operativa nella frazione vibonese di Porto Salvo. Gli investigatori sostengono che Moscato, scoperto nell'atto di consegnare caffè a Tripodi durante la latitanza, ne abbia agevolato la stessa. Muggeri è gravato dall'accusa di aver concesso il proprio domicilio, contribuendo a nasconderlo durante le ricerche.  

'Ndrangheta, processo "Furio Camillo: assolto giovane imprenditore del Vibonese

Imputato per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, è stato assolto, per non aver commesso il fatto, dai giudici del Tribunale di Vibo Valentia il 24enne Giuseppe Ferraro, imprenditore di Nicotera. La sentenza è stata emessa al termine di una camera di consiglio durata tre ore. Camillo Falvo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, aveva sostenuto le ragioni della pubblica accusa richiedendo una pena di 5 anni e 6 mesi di carcere, da accompagnare ad un'ammenda pari a 3500 euro.  Accusato di aver preteso una tangente di 50 mila euro ad un imprenditore edile della provincia di Vibo Valentia, Ferraro era stato tratto in arresto nel gennaio dello scorso anno nel contesto dell'inchiesta "Furio Camillo". I Carabinieri avevano posto fine al suo stato di latitante individuandolo a Vercelli. Secondo quanto ricostruito all'epoca dagli inquirenti, il giovane imprenditore avrebbe intimato alla presunta vittima che, se non avesse ottemperato al pagamento preteso, si sarebbe dovuto allontanare dalla regione.  Le tesi difensive di Ferraro sono state sostenute dagli avvocati Francesco Sabatino e Beatrice Saldarini.  Nel processo di primo grado, che si è celebrato con rito abbreviato sul medesimo episodio, sono state inflitte due condanne a carico di due soggetti di Nicotera, Antonio Campisi e Nicola Drommi, considerati organici alla cosca Mancuso.

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