Reddito di cittadinanza ai mafiosi, Wanda Ferro (FdI): "Questo governo è una pacchia per la criminalità. Con il sussidio lo Stato finanzia l'anti-Stato" 

«Per i boss mafiosi questo governo si è rivelato una vera e propria manna dal cielo. C’è chi lascia il carcere e se ne torna a casa con la scusa del coronavirus, c’è chi invece riceve direttamente sul conto corrente i soldi del reddito di cittadinanza. La “coccola” del governo è andata stavolta a Vincenzo Barba, alias u Musichiere, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuto figura apicale e contabile del clan “Lo Bianco-Barba” di Vibo Valentia, che ha nel suo curriculum precedenti penali come estorsione, sequestro di persona, ricettazione, truffa e usura».
 
È quanto afferma il segretario della Commissione parlamentare antimafia Wanda Ferro, di Fratelli d’Italia. «In cinque mesi, senza far nulla, Vincenzo Barba si è visto accreditare l’importo di 4.500 euro. Una pacchia. La spieghi, il presidente Conte, alle partite iva che non hanno ancora ricevuto il bonus da 600 euro e ai lavoratori in attesa del pagamento della cassa integrazione. Se il Governo avesse accolto le proposte di Fratelli d’Italia volte ad evitare che il reddito di cittadinanza finisse nelle tasche di mafiosi, spacciatori e delinquenti di ogni risma, oggi non ci troveremmo di fronte alla situazione aberrante di uno Stato che finanzia l’anti-Stato».
 
«Rivolgo le mie congratulazioni al procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo e ai militari della Guardia di Finanza  per l’indagine che ha portato al sequestro delle somme percepite da Barba, e per l’attività di verifica messa in campo in materia di Reddito di Cittadinanza, per evitare che il sussidio possa andare a beneficio di boss mafiosi o altri appartenenti alle cosche, e per verificare anche eventuali connivenze o mancati controlli da parte di soggetti che dovevano evitare che ciò potesse accadere».

Deputati di Fratelli d'Italia in Commissione antimafia: "Dopo le rivelazioni del pm Di Matteo ci aspettiamo le immediate dimissioni del ministro Bonafede"

«Dopo le rivelazioni del pm Nino Di Matteo ci aspettiamo le immediate dimissioni del ministro Bonafede».

È quanto affermano  il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro e gli altri parlamentari di Fratelli d’Italia nell’organismo parlamentare Luca Ciriani e Antonio Iannone.

«Noi di Fratelli d’Italia - proseguono i parlamentari - avevamo già chiesto al presidente Morra e ottenuto l’audizione del ministro Bonafede, per fare chiarezza sulle numerose scarcerazioni dei boss mafiosi che si sono susseguite nelle settimane successive al varo del decreto “Cura Italia”, che ha innescato il pericoloso meccanismo di correlazione tra detenzione carceraria e rischio di contagio, deflagrato poi con le circolari del Dap. Nelle scarcerazioni dei mafiosi ci sono gravissime responsabilità del governo che, dopo le rivolte pianificate e fomentate dalla criminalità organizzata, anziché punire i responsabili ha ceduto le armi e spalancato le porte degli istituti penitenziari grazie anche alle decisioni del Dap. Probabilmente l’esatto contrario di ciò che avrebbe fatto alla guida del Dipartimento il pm Nino Di Matteo, che gli stessi mafiosi temevano, come è emerso dalle intercettazioni nelle quali affermavano che “se viene questo butta le chiavi”.

Il ministro Bonafede venga a riferire in Commissione e spieghi perché ha cambiato idea dopo aver proposto a Di Matteo la guida del Dap. Pretendiamo di sapere cosa lo ha convinto a ritirare la sua proposta e a nominare un altro direttore, poi costretto a dimettersi dopo lo scandalo delle scarcerazioni. Pretendiamo di sapere perché sulle rivolte in carcere il governo ha tenuto una linea di arrendevolezza, perché non sono state garantite negli istituti penitenziari le condizioni di sicurezza per tutelare i detenuti dal rischio di contagio, e perché si sia ritenuto che far scontare la pena a casa possa essere più sicuro di un regime di isolamento in carcere. Pretendiamo di sapere perché si continua a scaricare la responsabilità delle scarcerazioni sui magistrati di sorveglianza, mentre nel nuovo decreto del governo non si esclude la possibilità di concedere la detenzione domiciliare ai detenuti sottoposti al 41bis. Se il governo non lavora con il favore delle tenebre, faccia piena luce su questa vicenda vergognosa, che richiama alla memoria la trattativa Stato-mafia del ’92 e che sta rischiando di mandare in fumo trent’anni di lotta alla mafia».

Mafia, Consiglio comunale sciolto in Calabria

Su proposta del ministro dell'interno Luciana Lamorgese, il Consiglio dei ministri ha deliberato lo scioglimento del Comune di Pizzo.

In seguito al provvedimento, che avrà una durata di 18 mesi, l'ente sarà affidato ad una commissione nominata dal prefetto di Vibo Valentia.

Lo scioglimento giunge in seguito all'operazione "Rinascita Scott" della Dda di Catanzaro, che ha portato all'arresto di oltre 300 persone, tra le quali anche l'allora sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo.

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'Ndrangheta: Consiglio comunale sciolto in Calabria

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, ha deliberato lo scioglimento del Comune di Amantea, in provincia di Cosenza.

La decisione è stata adottata "a seguito di accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali, a norma dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali".

 Lo scioglimento dell'ente, che fa seguito al lavoro svolto dalla Commissione d'accesso, avrà una durata di 18 mesi.

L'amministrazione dell'ente sarà ora affidata ad una Commissione che sarà nominata dal prefetto di Cosenza.

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Scioglimento Comuni, Callipo (Anci): «In Parlamento le nostre ragioni»

«Quanto accaduto ieri in Commissione Affari costituzionali della Camera racconta implicitamente il senso stesso dei nostri suggerimenti: quando si decide sulla vita dei Comuni, i sindaci vanno ascoltati».

Il presidente di Anci Calabria, Gianluca Callipo, esprime soddisfazione per il proficuo confronto che si è instaurato tra Parlamento e Associazione nazionale dei Comuni italiani, con riguardo alle modifiche legislative in materia di scioglimento delle amministrazioni comunali per presunte infiltrazioni mafiose. All’audizione nella competente Commissione, a rappresentare Anci c’era il sindaco di Rosarno, Giuseppe Idà. 

«Le regole attualmente in vigore – spiega Callipo – hanno mostrato da tempo la propria inefficacia a perseguire gli scopi per i quali sono state introdotte nel nostro ordinamento, cioè proteggere gli Enti locali dalle infiltrazioni mafiose. Se funzionassero davvero, non ci sarebbero reiterati scioglimenti che spesso colpiscono più volte gli stessi Comuni. La disciplina attuale, inoltre, pregiudica fortemente l’autonomia dei territori ed i principi di democrazia, vanificando le scelte elettorali delle diverse comunità. Da tempo Anci Calabria, nel solco dell’attività di Anci Nazionale, fa la sua parte per sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni sulla necessità di modificare la legge e introdurre aggiustamenti che possano da una parte migliorare la capacità della norma di evitare infiltrazioni, e dall’altra salvaguardare il voto dei cittadini».
In particolare, Anci Calabria ha prodotto diversi suggerimenti legislativi, grazie al lavoro coordinato dal sindaco di Rende, Marcello Manna, che sono stati poi fatti propri dall’Associazione nazionale dei Comuni e formalizzati in un’organica proposta di legge oggi all’esame degli organismi parlamentari che hanno il compito di giungere a un testo di sintesi da sottoporre poi al vaglio del Parlamento.

«Tra i punti che riteniamo cruciali – continua Callipo – c’è l’introduzione del contraddittorio tra sindaco e prefetto, a cui viene demandato il compito di decidere sullo scioglimento, che non può continuare a intervenire in maniera automatica sulla base di presupposti astratti e non riscontrati nella realtà dei fatti. Come dicevo all’inizio, i sindaci vanno informati, vanno ascoltati e va riconosciuto il loro diritto al contraddittorio. Lo scioglimento deve essere l’estrema ratio, non una sorta di adempimento burocratico com'è oggi. Inoltre, riteniamo che la normativa debba essere più chirurgica, consentendo l’assunzione di provvedimenti specifici nei confronti dei singoli, come impiegati o dirigenti infedeli. Se in un’Amministrazione locale ci sono soggetti in odore di mafia, sono quelli che vanno messi nell’impossibilità di nuocere, non va “chiuso” tutto il Comune inficiando il libero voto dei cittadini, perché è come buttare l’acqua sporca col bambino. Allo stesso tempo va data la possibilità ai sindaci di licenziare per giusta causa chi con la sua presenza negli organici compromette la vita stessa dell’Ente. Siamo inoltre favorevoli a prevedere la possibilità da parte del Prefetto di nominare un commissario ad acta che possa assumere le funzioni dirigenziali di chi viene individuato dalla Prefettura stessa come possibile tramite della criminalità organizzata, senza procedere dunque allo scioglimento tout court».

Concetti ribaditi nel corso dell’audizione dal sindaco Idà, che nel confronto con i parlamentari ha messo in evidenza come «la facoltà di sentire i sindaci vada trasformata in un obbligo effettivo». «Spesso - ha spiegato - anche le commissioni straordinarie insediate nei nostri enti locali verificano gli atti senza dover essere costrette a confrontarsi con gli amministratori locali». Il sindaco di Rosarno ha poi posto l’accento sulla necessità di garantire comunque la continuità della vita amministrativa condizionata dall’andamento degli iter giudiziari degli scioglimenti: «In Calabria abbiamo assistito a degli scioglimenti che poi venivano cassati dalle sentenze del Tar e confermati, invece, dai Consiglio di Stato».
Nel ringraziare Marcello Manna per il lavoro svolto e Giuseppe Idà per aver efficacemente esposto in Commissione le ragioni di Anci Calabria, Callipo conclude cristallizzando un concetto fondamentale, che ispira l’azione dell’Associazione su questo tema: «Non siamo affatto contrari agli scioglimenti quando sono necessari – ribadisce -, ma proprio per questo chiediamo una disciplina legislativa efficace, che elimini gli automatismi, esalti la collaborazione con i sindaci e tuteli le scelte dei cittadini».

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Cardinale, dibattito pubblico contro le mafie con Attisani e Scopelliti

“C'era una volta la mafia...”. Un titolo volutamente provocatorio ha fatto da sfondo all'incontro dibattito promosso dall'amministrazione comunale di Cardinale in piazza De Luca.

Relatori, l'avvocato penalista Vincenzo Fulvio Attisani, presidente dell'associazione “Radicando”, e Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato Antonino, ucciso per mano della 'ndrangheta il 9 agosto del 1991.

Con una legislatura da parlamentare alle spalle, Rosanna Scopelliti guida, da presidente, la fondazione “Antonino Scopelliti”, ente no-profit antimafia tra i più attivi nella formazione dei giovani alla cultura della legalità. Hanno introdotto l'iniziativa i saluti istituzionali del sindaco, Danilo Staglianò, e dell'assessore comunale Massimo Rotiroti, entrambi centrati sulla necessità di tenere alta l'attenzione sul fenomeno mafioso e sul contrasto alle degenerazioni criminali.

È seguita la relazione dell'avvocato Attisani, attento a centrare il suo intervento sull'intreccio perverso che si viene, spesso, a determinare tra politica e mafie e sull'impegno al quale siamo tutti chiamati per invertire la rotta. Prendendo la parola, Rosanna Scopelliti ha fortemente sottolineato la necessità di combattere l'indifferentismo strisciante che pone i Calabresi quasi come testimoni silenti di fronte alle operazioni delle forze dell'ordine che scoperchiano, quotidianamente, scandali, ruberie e giri d'affari illeciti. “Non indifferenza ma indignazione è ciò che ci serve per cambiare questa nostra terra” ha rimarcato l'ex deputata.

Non poteva mancare un commosso ricordo del giudice Antonino Scopelliti. Un sacrificio, il suo, il cui messaggio più importante e attuale risiede, probabilmente, nella semplice naturalezza con la quale espletava il proprio mandato. Proprio su questo “dovere” di adempiere al proprio ufficio con dignità, onestà, rispetto per gli altri, lealtà verso lo Stato e le Istituzioni, si è soffermata Rosanna Scopelliti, richiamando tutti a fare fronte comune, a cominciare dalla vita quotidiana, contro qualsiasi forma di malaffare. “Solo allora potremo finalmente dire: c'era una volta la mafia” ha concluso.

Un numeroso pubblico ha partecipato all'incontro anche con domande e riflessioni, arricchendo di contenuti una serata ben riuscita e ottimamente organizzata.

Lotta alla n'drangheta nel Vibonese, per Libera: "E’ giunto il momento di avere fiducia."

Riceviamo e pubblichiamo

"Il nostro plauso va agli uomini e alle donne delle forze dell’ordine e dell’autorità giudiziaria per il loro incessante e costante impegno che ha permesso di raggiungere notevoli risultanti in un territorio, come quello vibonese, in cui è fondamentale far sì che la gente possa acquisire fiducia nello Stato, sentirlo vicino ai problemi e alle necessità di chi lo abita, buttando giù quel muro di matrice storicoculturale che per anni si è frapposto tra i cittadini e le istituzioni.

Nell’ultimo periodo, nella provincia di Vibo Valentia, sono state diverse le operazioni di rilievo condotte, con elevata competenza e professionalità, dalle forze dell’ordine coordinate dalla Dda di Catanzaro, basti pensare a quelle appena compiute nella settimana scorsa che generano nuova speranza e fiducia.

L’operazione “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani che ha interessato 23 soggetti coinvolti a piede libero e 31 sottoposti a misura di custodia cautelare in carcere. La cosca dei Piscopisani viene descritta dagli inquirenti come efferata e violenta, tutt’altro che marginale e a capo di una vasta gamma di reati tutti tipici della ‘ndrangheta, volti ad impossessarsi del territorio nel tentativo di soppiantare la cosca egemone dei Mancuso. Dalle indagini risulta di rilievo il ruolo assunto da una donna, definita dagli altri affiliati “sorella omertà”, lei che assisteva i familiari dei detenuti e i latitanti offrendo aiuto e supporto in relazione ad ogni necessità. Un importante risultato investigativo raggiunto anche grazie alle denunce degli imprenditori che per anni sono stati vessati dal clan.  Ma ancora l’operazione “Errore Fatale” che ha interessato parte dei vertici della cosca Mancuso di Limbadi facendo luce anche sull’omicidio di Raffaele Fiamingo e il ferimento di Francesco Mancuso avvenuto nel 2003 a Spilinga. Tra gli arrestati anche Giuseppe Accorinti che il 5 agosto scorso, cercò di inserirsi tra i portantini del quadro della statua della Madonna della Neve di Zungri, suo paese natio nonché luogo dove esercitava la sua egemonia criminale. Decisivo in questo caso il ruolo dei collaboratori di giustizia, Emanuele Mancuso, Raffaele Moscato e Andrea Mantella.

Per troppo tempo il territorio  vibonese ha  pagato il prezzo di sottovalutazioni, negazionismi e riduzionismi geografici che nel tempo, hanno permesso il diffondersi indisturbato delle cosche criminali.

Oggi possiamo dire a gran voce che lo Stato nella nostra provincia c’è ed è forte e mira a garantire il diritto dei cittadini di vivere senza paura, quello degli imprenditori onesti di lavorare senza oppressioni e degli enti locali di poter agire ed amministrare il bene comune senza collusione. Ma per sconfiggere le mafie questo non è sufficiente serve il contributo della cittadinanza attiva e responsabile, serve che ognuno di noi senta nella propria coscienza l’inamovibile necessità di un riscatto e la responsabilità di essere parte dell’emancipazione socioculturale che vuole costruire percorsi di democrazia e legalità per liberare finalmente i nostri territori dalla protervia della ‘ndrangheta e dall’asfissiante mentalità mafiosa che genera ignoranza, regressione e subordinazione.

Non ci sono più scusanti, è giunto il momento di avere fiducia, di decidere da che parte stare, di mettere da parte paura, rassegnazione, indifferenza ed attraverso la forza della denuncia rompere quel silenzio che da sempre rappresenta uno dei cardini su cui si fonda la forza della ‘ndrangheta; solo in questo modo la speranza del cambiamento e della liberazione della nostra terra può assumere la prospettiva della possibilità".

Coordinamento di Libera Vibo Valentia

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Cittanova, oggi l'inaugurazione del monumento alle vittime innocentini della mafia

Sarà inaugurato alle 16,30 di oggi, in piazza Amendola, a Cittanova il monumento dello scultore Domenico Papalia dedicato ad Antonio Bertuccio, Giacomo Catalano, Rosario Iozia, Michele Germanò, Giuseppe Giovinazzo, Francesco Longo, Giovanni Mileto, Michele Piromalli, Luigi Timpano, Giovanni Ventra, Francesco Vinci e a tutti i caduti nella guerra alla ‘ndrangheta e alle organizzazioni mafiose.

All’inaugurazione del monumento, voluto dall’Amministrazione comunale di Cittanova, parteciperanno il sindaco Francesco Cosentino, il vescovo di Oppido-Palmi, Francesco Milito, il referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro, Pino Demasi, la vicepresidente nazionale di Avviso pubblico, Maria Antonietta Sacco, il presidente del Consiglio regionale Nicola Irto e i rappresentanti dell’associazione Piana Libera.

L’evento sarà preceduto da un momento di riflessione e fede con la Santa Messa dedicata alle Vittime innocenti di mafia, alle ore 10 e 30 nella Chiesa matrice.

Il percorso di memoria voluto dall’Amministrazione comunale di Cittanova è stato avviato nel settembre 2016, con l’intitolazione del Polo della Legalità a Francesco Vinci, studente ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1976, la cui vicenda portò in strada oltre 5.000 studenti in quella che è considerata la prima Marcia antimafia in Italia.

L’intitolazione del Polo ha avuto un significativo sviluppo, portando i Comuni di Cittanova e Vimodrone (Milano) a gemellarsi nel 2017, realizzando il percorso “Costruiamo strade di memoria” nel segno di Francesco Vinci e Lea Garofalo, con due importanti iniziative tenute in Lombardia e in Calabria.

Nel 2018, nei mesi di aprile e maggio, il percorso si è arricchito con un’altra fondamentale tappa: l’intitolazione delle sale del Polo della Legalità al vicebrigadiere Rosario Iozia, caduto nelle campagne di Cittanova, e ad altri nove cittanovesi che hanno versato il loro sangue innocente a causa della barbarie mafiosa: Antonio Bertuccio, Giacomo Catalano, Michele Germanò, Giuseppe Giovinazzo, Francesco Longo, Giovanni Mileto, Michele Piromalli, Luigi Timpano e Giovanni Ventra.

«Il percorso di Cittanova – spiega il sindaco Francesco Cosentino – come un filo indelebile che vuole legare la memoria dei nostri caduti all’impegno attuale della nostra Comunità, ci condurrà domenica prossima a inaugurare il Monumento dedicato alle Vittime innocenti di mafia. Si tratta di un passaggio fondamentale per una Comunità come la nostra, in una regione come la Calabria e in una provincia come quella di Reggio che hanno bisogno di simboli e di segni tangibili per intraprendere la strada del riscatto. Invito quindi i cittanovesi e tutti coloro che avvertono l’esigenza di un rinnovato impegno civile a essere presenti con noi in piazza, per un evento che partendo dall’esempio delle Vittime innocenti vuole riaffermare con forza i valori di democrazia, libertà e giustizia».

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