I “ceravolari”, ovvero gli incantatori di serpenti delle Serre

Erano figure a metà strada tra il santone ed il saltimbanco. La loro, era un’esistenza itinerante, erratica. Personaggi strani, sospesi tra inferno e paradiso, tra dio ed il demonio. Si aggiravano per le fiere con il loro bizzarro bagaglio, un contenitore in legno di forma cilindrica nel quale trasportavano i loro “attrezzi” del mestiere.

CERAVOLARI E SAMPAOLARI

Chi erano, cosa facessero, come vivessero, lo sapevano bene a Simbario dove avevano il loro regno, erano i “ceravolari” o “sampaolari”. Nella gran parte dei casi, erano astuti contadini cui la credenza popolare aveva assegnato una funziona quasi sacrale. Era a loro, infatti, che ci si rivolgeva per trovare sollievo da una malattia o per propiziare un evento positivo, come un raccolto abbondante. La figura del “ceravolaro”, per certi aspetti, rappresentava un elemento caratterizzante del piccolo centro delle Serre, al punto che, il sacerdote Bruno Maria Tedeschi, nella sua relazione contenuta nel Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato – Distretto di Monteleone di Calabria, pubblicato nel 1859, riferendosi a Simbario,  nel paragrafo riservato ai “pregiudizi e false credenze”, così si esprimeva: “Ciò che v’ha di particolare in questa materia, consiste nella credenza ai così detti Ceravolari, o Sampaolari […] Costoro sono dei contadini impostori, i quali per traffico di lucro presso la credula gente, vanno spacciando rimedii misteriosi e sicuri per guarire le più ostinate malattie, e per assicurare la prosperità dei raccolti e degli armenti. Siffatti ciurmadori camminano armati d’una scatola, con dentro alcune vipere vive, alle quali tolgono anticipatamente i denti incisori, e per meglio ingannare, scherzano coi modi più strani con quei rettili, da cui si dicono rispettati in forza di magia. In questo modo fanno la rivista delle mandre, ed esigono dei contributi, che vengono somministrati con massima sollecitudine. Per curare le malattie, praticano alcuni bizzarri riti, e tra gli altri quello da loro detto Messa di S. Paolo, che si fanno pagare senza scrupolo di ledere le tasse, o cadere in reato di simonia. Una tal sorta di Messa si riduce alla recita di alcune preci sacre, guaste e monche, e mescolate di altre formole bizzarre di un linguaggio furfantinesco, fatta da tre persone stranamente vestite di cappuccio, e accoccolate in terra, facendo gesti e smorfie nel più grottesco modo del mondo ora simulando deliquio, ora imitando i moti d’un epilettico … la plebe che viene da essi corbellata si guarda bene di farne oggetto di criminazione presso la giustizia”.

I SERPENTI E LE FIERE

I “sampaolari” erano una sorta di “incantatori” di serpenti, ma non solo. Catturavano i rettili, gli estraevano i denti o il veleno e li portavano in giro per le fiere. Il loro peregrinare iniziava, solitamente, a fine aprile e continuava per tutta l’estate. Il periodo d’attività era, inevitabilmente, legato alla disponibilità della materia prima che, come ricordava un vecchio adagio, “li nimbi di marzu risbigghianu li serpi e ntra aprili cchiù guardi e cchiù ndi vidi”, iniziava a rendersi disponibile in primavera.

Con il primo sole, quindi, prendevano il via “rappresentazioni”. Nelle piazze più frequentate, soprattutto in occasione delle feste, non era insolito imbattersi nella figura del “sampaolaro” che  faceva scorrere sul suo corpo un serpente. Lo metteva nella manica della camicia per farlo uscire da dietro il colletto, un collaudato canovaccio che richiamava un numeroso pubblico che, ogni volta, assisteva con curiosità e diffidenza allo stravagante spettacolo. L’esibizione in piazza, però, costituiva soltanto una parte dell’attività.

Come ricorda Cesare Mulè, in “Catanzaro e le Serre”, “i ceravoli (o sampaolari) vecchi rugosi dagli occhi di fiamma girano per le montagne e le fiere portando in scatole e cassettine vipere e serpi alle quali è stato beninteso sottratto il veleno. In cambio di poche lire sono pronti a dare ricette magiche, rimedi, cataplasmi, suffumigi. Talvolta recitano la cosiddetta “messa di San Paolo”, un misto di preghiere smozzicate e senza senso e di formule magiche”. La scelta di esibirsi con un serpente, non era casuale, poiché richiamava i numerosi santi ritenuti miracolosamente capaci di dominare le serpi, da san Paolo ai santi Cosma e Damiano; da san Foca, fino a san Vito. Che ci fosse un rapporto diretto, tra la religiosità popolare ed i “sampaolari” lo si deduce, inoltre, dal nome che rimanda all’episodio secondo il quale, trovandosi a Malta, “san Paolo, nel gettare nel fuco un fascio di sarmenti, fu assalito dal morso di un serpe velenoso e né uscì immune, dando così prova del suo potere di dominazione sui serpenti”.

I CERAVOLARI

La seconda denominazione, “ceravolari”, molto probabilmente si riferisce alla loro seconda natura. “Ceravolaro”, con una buona dose di certezza, deriva da “cerretano”, ovvero l’abitante della cittadina umbra di Cerreto. Proprio dal centro spoletino potrebbero aver preso uno dei due nomi i “sampaolari”. Come testimoniano gli statuti della cittadina umbra, dopo la “peste nera”  del 1348 – 49, i cerretani erano stati autorizzati a raccogliere la questua a favore dell’ordine del Beato Antonio, impegnato nella cura degl’infermi. Giorgio Cosmacini, nel suo “Ciarlataneria e medicina, cure, maschere, ciarle”, evidenzia che la funzione dei cerretani degenerò ed i pellegrini questuanti lasciarono il posto ai truffatori che approfittando della credulità popolare andavano in giro a vendere unguenti “miracolosi”. Tra i “cerratani”, ricorda Gentilcore in “Malattia e guarigione, ciarlatani, guaritori e seri professionisti”, coloro i quali esercitavano il maggior fascino sulle persone erano gli “ incantatori di serpenti”. In realtà erano molto di più di semplici “incantatori", poiché “davano antidoti contro malattie, contro morsicature di serpente, o di altri animali velenosi”. Si comprende, quindi, il motivo della loro diffusione e della loro popolarità, soprattutto nel mondo contadino dove l’incontro ravvicinato con i serpenti rappresentava una situazione tutt’altro che infrequente. Tuttavia, a dare i natali agli “incantatori” di serpenti sarebbero stati i marsi, l’antica popolazione stanziata in Abruzzo, i cui discendenti vagavano per l’Italia centro meridionale, accompagnati dai rettili che facevano scivolare sul loro corpo. Un’esibizione simile, se non addirittura uguale, a quella dei “sampaolari” i quali, però, potrebbero aver appreso la loro arte in Sicilia dove operavano i “serpari” o “ciaralli”, vere e proprie dinastie familiari che asserivano di discendere direttamente dai Marsi. Tra i dubbi, le ipotesi e le congetture, l’unica certezza e che dei “ceravolari” è rimasto soltanto il ricorso, forse.

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