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L’ex ospedale militare di Catanzaro diventerà sede della Procura

La destinazione dell’ex ospedale militare di Catanzaro come nuova sede della Procura, soluzione da tempo individuata dal Comune capoluogo di regione per la riapertura dello storico edificio, è stata il fulcro della riunione operativa fra il sindaco Sergio Abramo e i vertici della Procura della Repubblica, della Procura generale e della Corte d’Appello di Catanzaro. All’incontro, tenutosi in mattinata, hanno partecipato il nuovo procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, il procuratore generale Raffaele Mazzotta, il presidente della Corte d’Appello Domenico Introcaso, il presidente del Commissariato per la liquidazione degli usi civici della Calabria Fabrizio Cosentino e il commissario aggiunto Franco Sarago. Sulla richiesta, avanzata anche da Gratteri lunedì scorso, di utilizzare la struttura dell’ex ospedale militare come sede della Procura, Abramo ha sottolineato che “la convenzione sottoscritta nel maggio del 2015 fra il Comune e il direttore generale dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi, va in quella direzione. L’intesa – ha aggiunto il sindaco - è stata voluta proprio per favorire l’ottimizzazione della destinazione d’uso e la riapertura della struttura di cui, con la sentenza n. 9 del 2015, il Commissario per gli usi civici della Calabria ha ordinato il reintegro in favore della collettività”. Prendendo atto che il procuratore Gratteri si è già attivato a livello ministeriale per il finanziamento, da 10 milioni di euro circa, necessario a riqualificare lo storico immobile, Abramo ha condiviso insieme agli altri partecipanti come l’unico ostacolo che può ancora impedire alla Procura di prendere possesso dell’ex ospedale militare siano le problematiche legate agli usi civici. Al fine di superare questi ultimi intoppi, il primo cittadino, Cosentino e Sarago, rispettivamente presidente e aggiunto dell’apposito Commissariato, hanno convenuto di incontrarsi nuovamente per studiare le possibili soluzioni e definire i dettagli della vicenda.

Gratteri nuovo Procuratore della Repubblica di Catanzaro: il commento di Pasqua

"La nomina unanime del plenum del Csm del dottore Nicola Gratteri a nuovo Procuratore di Catanzaro è motivo di soddisfazione per una personalità delle istituzioni che ha saputo, con il suo impegno quotidiano, contribuire alla sicurezza del Paese". Lo afferma in una dichiarazione il consigliere Vincenzo Pasqua (Oliverio Presidente). "Il dottor Gratteri - è il commento dell'esponente della maggioranza di Palazzo Campanella - è un magistrato conosciuto in patria ed all’estero, distinguendosi per l’efficacia dei risultati. La sua nomina alla guida della Dda di Catanzaro è un segnale di continuità con il grande lavoro svolto dal dottor Vincenzo Lombardo e dai suoi collaboratori nel contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa. Sono certo che il dottore Gratteri, con la sua professionalità, saprà bene interpretare i bisogni di giustizia dei cittadini del distretto della Corte d’Appello di Catanzaro con determinazione e senso di equilibrio come ha sempre dimostrato".       

Nicola Gratteri nominato Procuratore della Repubblica di Catanzaro

E' ufficialmente Nicola Gratteri il nuovo Procuratore della Repubblica di Catanzaro. La decisione è stata adottata con carattere urgente dal Consiglio Superiore della Magistratura. Da sette anni Procuratore Aggiunto presso la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nel 2013 entrò a far parte della Commissione voluta dall'allora presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta, per elaborare progetti relativi alla guerra alle mafie. Il voto del plenum del CSM è stato unanime. Giovanni Legnini, vicepresidente dell'organo di autogoverno di Palazzo dei Marescialli, gli ha augurato buon lavoro "in una terra così difficile". Entrato nei ranghi giudiziari 30 anni addietro, ha mosso i suoi primi passi professionali a Locri.  "Spero di poter dare subito - sono state le sue prime parole - quelle risposte di giustizia che la collettività si aspetta. La Procura distrettuale di Catanzaro ha condotto spesso una battaglia impari con il crimine e grande merito va riconosciuto ai colleghi e alle forze dell'ordine. Il lavoro non mi spaventa ma intendo assolvere i miei impegni come ho sempre fatto: nel rispetto della Costituzione repubblicana e delle leggi dello Stato".

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Finti agenti di Polizia a casa sua: disposta tutela per il figlio di Gratteri

Il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica ha disposto che sia garantita protezione al figlio del Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. A far scattare l'allarme è stata la "visita" tuttora avvolta nel mistero da parte di due finti agenti di Polizia presso l'abitazione di Messina presso cui vive il ragazzo. Persone sconosciute che hanno citofonato in casa e pochi istanti dopo viste dallo studente universitario scendere dal piano di sopra al suo con i volti nascosti da cappucci.  Contemporaneamente sono state elevate le misure di sicurezza attorno allo stesso magistrato.

Finti poliziotti a casa del figlio di Gratteri

Due persone, presentatesi come agenti di Polizia, hanno citofonato al portone dell'abitazione messinese in cui vive il figlio di Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria. Lo studente universitario, perplesso dalla circostanza che nessuno fosse ancora salito fino all'appartamento, è uscito dalla porta di casa rendendosi conto in questo modo della presenza di due individui che che dal piano superiore stavano raggiungendo quello in cui è ubicata la residenza del giovane. L'episodio è stato reso noto alla Polizia cui il ragazzo si è rivolto e che sta indagando per fare luce sulla vicenda. Anche il papà, che al momento era fuori dall'Italia, è stato messo a conoscenza dell'accaduto. 

 

Traffico internazionale di droga: inflitte 13 condanne

Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale, Caterina Catalano, all'epilogo del processo celebrato con rito abbreviato, ha inflitto tredici condanne, tutte comprese fra i 9 ed i 20 di carcere, nell'ambito del processo sorto dall'inchiesta denominata "Buongustaio". Completata a marzo dello scorso anno, aveva portato all'arresto da parte della Guardia di Finanza di venticinque persone coinvolte nell'indagine coordinata da Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, e tesa a smantellare un traffico transnazionale di sostanze stupefacenti. L'attività investigativa aveva favorito la scoperta e la relativa confisca di due tonnellate di cocaina che erano state sistemate all'interno di container a bordo di imbarcazioni in viaggio verso il continente europeo.Venti anni di reclusione sono stati comminati a  Vladan Radoman, Maria de Fatima Stocker e Vito Francesco Zinghinì; quattordici anni a Bruno Curulli e Fabrizio Matteo Nardella; dodici anni a Antonio Pipicella e Pietro Zinghinì; dieci anni a Giovanni Cacciola, Ocaris Hector Raul Cruzado; nove anni e quattro mesi a Miguel Baptista Ferreira, Michael Johnson, Pamela Rodriguez do Santos, Mauro William Serino. 

 

Gratteri alza il tiro: "Me l'hanno fatta pagare, ora conviene che mi facciano Procuratore"

Fa discutere e certo provocherà reazioni, sia pur non necssariamente plateali e manifeste, la breve intervista che Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha rilasciato a Riccardo Giacoia, della Testata Giornalistica Regionale Rai. Pungolato dalle domande del giornalista, il magistrato originario di Gerace ha risposto fuori dai denti pronunciando parole deflagranti. Ormai prossimo, dopo gli otto anni previsti dalle norme, a chiudere la sua esperienza nell'ufficio reggino, si trova davanti ad un bivio decisivo della sua carriera ed è per questo che abbandona diplomazia e prudenza, due caratteristiche che del resto, per sua stessa ammissione, gli hanno sempre fatto difetto. La sostanza del suo ragionamento è racchiusa già nella primissima parte del colloquio con il cronista: "Sono un rompiscatole,  potrei stare zitto, se io parlassi di meno farei sicuramente più carriera". Un atto d'accusa nei confronti del sistema che regge i fili della politica giudiziaria italiana, quella rete inestricabile che trova nelle correnti interne al Consiglio superiore della magistratura il velo sotto cui nascondere trame ed accordi politici. "Questo costa - ammette Gratteri - crea nemici, crea antipatia". Un'opposizione agli equilibri consolidati che produce effetti nel momento in cui i vertici dell'organizzazione giudiziaria si trovano a dover compiere scelte strategiche: "Te la fanno pagare quando concorri a diventare Procuratore della Repubblica o ministro", dice con tono pacato, ma battagliero. Il riferimento esplicito è alle due diverse importanti cariche alle quali ha ambito negli ultimi due anni. All'atto della costituzione del Governo, Matteo Renzi lo aveva designato titolare del dicastero di via Arenula, salvo uscire, dalla stanza del Quirinale che aveva ospitato il suo incontro con l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il nome  di Andrea Orlando. In quelle ore, è il sospetto del magistrato, "molta gente si è mossa per dire che Gratteri non va bene, è pericoloso". Analogo è stato il risultato all'atto di indicare il successore di Giuseppe Pignatone alla guida della Procura della Repubblica di Reggio Calabria: "Sono in magistratura da trent'anni, io penso che non esista una persona che per trent'anni di seguito abbia contrastato la 'ndrangheta". Al suo posto fu spedito da Napoli in riva allo Stretto Federico Cafiero De Raho, allora Procuratore Aggiunto alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. "Bravissimo, ma certo non conosce la 'ndrangheta come la conosco io". Il futuro prossimo agli occhi di Gratteri presenta linee dai contorni ben definiti: "L'anno prossimo, se rimango a Reggio Calabria, torno a fare Procura ordinaria, altrimenti dovrò andar via". Occuparsi di "bagattelle" come i "balconi abusivi" o proseguire altrove: tertium non datur e questa volta il magistrato non intende uscire con le ossa rotte. "Conviene che mi affidino una Procura - alza il tiro - perché altrimenti se la dovranno vedere con le migliaia di persone che mi vogliono bene". 

Dottor Gratteri, a chi allude quando punta l'indice contro le associazioni antimafia?

"Le associazioni antimafia stanno diventando un business e bisogna smetterla di erogare contributi in maniera così consistente". A pronunciare queste parole non è stato un cittadino qualunque seduto al bar con gli amici e nemmeno un opinionista controcorrente che si diverte a stimolare provocatoriamente la riflessione pubblica su temi apparentemente circondati da un acritico unanimismo. Si tratta, al contrario, di riflessioni esternate pubblicamente da Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto presso la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Considerazioni sagge ed opportune che, però, mal si conciliano con le continue esternazioni dell'alto magistrato, preziosissimo bastione nella quotidiana lotta contro il male incarnato dalla 'ndrangheta e, proprio per questo, terminale naturale delle speranze di sicurezza sociale e giustizia istituzionale anelate dalla popolazione calabrese. Di fronte ad un impegno così gravoso, è lecito attendersi una sfilza di provvedimenti che contribuiscano ad abbattere il muro di infamia e vergogna innalzato dalla criminalità organizzata o un giro infinito nelle più disparate piazze d'Italia per presentare libri e presenziare a convegni? E' ragionevolmente plausibile ritenere che la prima opzione sia nettamente quella preferita da chiunque abbia voglia di andare alla sostanza dei problemi, non lasciandosi incantare dalla rumba di festival e talk show. Qualcuno obietterà che il dottor Gratteri ha dimostrato negli anni di essere uomo libero e capace di far convivere entrambi i ruoli, che fra loro non sono necessariamente contraddittori. Spiegare cosa si nasconda nelle pieghe della maledetta delinquenza che opprime lo sviluppo socio-culturale e condiziona il vivere civile, d'altra parte, è sempre un'opera meritoria. E nessuno, naturalmente, metterà mai in dubbio questo assunto, ma sarebbe certo più produttivo se un magistrato si occupasse, senza soluzione di continuità, di schiaffare in galera i delinquenti giudicati tali da sentenze definitive e fossero, invece, studiosi e divulgatori di professione ad illustrare, anche sulla scorta di quanto accertato da valenti togati come Gratteri, le nefandezze di boss ed affiliati. L'allarme lanciato dal Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria costituisce, pertanto, uno step ulteriore nella presa di coscienza, si spera collettiva, di un dato di fatto ormai sotto gli occhi di tutti: in troppi, senza titoli e con curriculum improvvisati, si sono arrogati autoincensanti ruoli di falsi paladini della libertà dalle mafie. Un business lucroso che ha arricchito pochi eletti concedendo ingiustificate patenti di "eroi" finanche ad esponenti politici che quotidianamente abusano in modo patetico del termine "legalità", nella convinzione, probabilmente, che si tratti di un imprescindibile elemento della punteggiatura.  Stop all’"antimafia di parola e di maniera", ha ammonito Nicola Gratteri: esatto, ma da un rappresentante della pubblica accusa notoriamente incalzante contro i balordi che con le loro efferate azioni riempiono di sporcizia i cuori e le menti dei calabresi onesti, ci aspettiamo adesso l'approdo ad un livello superiore, quello dei nomi e cognomi di coloro che dell'"antimafia di parola e di maniera" ne hanno fatto un indecente utilizzo al punto da trasformarlo in redditizie fonti di guadagno. A maggior ragione in una fase storica come questa, particolarmente vantaggiosa per la sua posizione personale, visto che la stima nutrita nei suoi confronti dal presidente del Consiglio è tale da averlo portato ad un passo dalla poltrona di ministro della Giustizia ed a ricoprire l'incarico, forse riparatorio, di presidente di una Commissione istituita per studiare le forme di contrasto più efficaci contro il crimine organizzato. Un incarico che in tanti, in questi mesi, hanno interpretato addirittura come talmente pervasivo da rendere lo stesso magistrato calabrese il vero titolare del dicastero di via Arenula. Ed allora, dottor Gratteri, chiuda il cerchio dei suggerimenti che ha dispensato  e, Lei che può, dia una mano per scacciare i mercanti dal tempio indicando in modo diretto ed esaustivo gli insopportabili "professionisti dell'antimafia". Ha gli strumenti per farlo, quelli ufficiali conferiti dallo Stato e che si snodano attraverso la via maestra delle indagini di cui, peraltro, Lei ha rivelato l'esistenza nel corso di un'intervista rilasciata a QN. Percorrere la scorciatoia degli annunci di inchieste non ancora concluse rischia, infatti, di aprire squarci insperati per le scorribande di affabulatori e pifferai del nulla.

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