Guerra Russia-Ucraina: in fiamme l'incrociatore missilistico Moskva

L'incrociatore missilistico Moskva sarebbe stato colpito da missili ucraini Neptune al largo di Odessa. La nave ammiraglia della flotta russa del mar Nero ha riportato gravi danni.

La notizia  è stata confermata anche dal Ministero della Difesa russo che, tuttavia, non ha avvalorato la notizia dell'attacco, attribuendo il "grave danneggiamento" ad un "incendio" che avrebbe causato l'esplosione delle munizioni presenti a bordo.

L'equipaggio sarebbe stato completamente evacuato.

Da Serra San Bruno aiuti umanitari al popolo ucraino

Sono stati inviati ieri mattina gli aiuti umanitari raccolti su iniziativa dell’amministrazione comunale di Serra San Bruno, in collaborazione con l’associazione No profit “Victoria”, che saranno consegnati al popolo ucraino colpito dalla guerra.

Dalla cittadina bruniana sono partiti 34 colli, contenenti medicazioni occlusive, aghi da compressione, bende sia sterili che non sterili e tubolari, salviette sterili, cerotti adesivi, siringhe, cateteri venosi, forbici, coperte, guanti sterili monouso, analgesici, antibiotici, garze, sacchi a pelo, mascherine, lacci emostatici, antinfluenzali, soluzioni fisiologiche in plastica, pannolini, pannoloni, assorbenti, scotch, acqua ossigenata, disinfettanti, aghi da puntura, posate, piatti e bicchieri in plastica, torce, pile, nastro adesivo rinforzato, antidolorifici. Beni e medicinali erano stati donati nei giorni scorsi da volontari e associazioni e depositati temporaneamente presso l’Ufficio servizi sociali del Comune.

“È un modo - ha affermato il sindaco Alfredo Barillari - per dimostrare la nostra vicinanza ad un popolo che sta vivendo un momento tragico e che ha bisogno di un sostegno concreto. Di fronte a situazioni come questa, nessuno può tirarsi indietro e far mancare il proprio apporto. Tutti insieme dobbiamo confermare con i fatti la nostra solidarietà e ribadire con forza che l’unica via possibile è quella della pace”.

Crisi Ucraina, Biden ignora Draghi e Di Maio

La guerra in Ucraina tiene in allerta la diplomazia internazionale. Non passa giorno senza che venga aperto un nuovo tavolo per cercare di dare soluzione alla crisi.

L’ultimo, in ordine di tempo, ha visto protagonista il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il quale ha convocato un summit in videoconferenza per coordinare le prossime mosse con gli alleati. Seduti attorno al tavolo, oltre al presidente Usa: il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il premier britannico Boris Johnson.

E  l’Italia? L’Italia di Draghi e Di Maio non è stata invitata.

Biden avrà pensato che non valesse la pena scomodare il Belpaese e il suo ritrovato prestigio internazionale, per discutere di bagattelle come la guerra in Ucraina.

Storia: i russi alla conquista del mar Nero. Un napoletano tra i protagonisti delle guerre con i turchi

Nel loro attacco all’Ucraina le truppe russe stanno concentrando una parte importante delle forze sul fronte meridionale. E’quella l’area in cui, secondo numerosi osservatori, starebbero avvenendo le battaglie più sanguinose. Del resto, la fascia di terra che si affaccia sul mar Nero presenta una straordinaria valenza strategica per entrambi i contendenti. Per gli ucraini, costituisce l’unico sbocco al mare; mentre per i russi rappresenta la possibilità di riaffermare l’egemonia esercitata sul mar Nero per oltre due secoli.

L’ultimo zar del Cremlino non fa mistero, infatti, di voler riprendere il controllo di un’area oggetto dell’espansionismo russo a partire dalla fine del Seicento, quando Pietro il Grande iniziò a cullare il sogno di dare al suo nascente impero uno sbocco verso i mari caldi. Nel 1696 - ben prima della pace di Nystadt (1721) con la quale acquisirono il controllo del Baltico ai danni della Svezia - i russi avevano già occupato la fortezza turca d’Azov. Era seguita la costruzione del porto di Taganrog e di una flotta destinata a presidiare il nuovo insediamento. Nelle intenzioni, Azov avrebbe dovuto essere l’avamposto da cui muovere per una successiva espansione. Infatti, in un secondo momento, lo zar sostenne le sue pretese davanti alla Sublime Porta, occupando l’antico khanato tataro di Crimea, protettorato ottomano dal 1475. L’occupazione durò fino al 1711, quando, impegnati nella guerra con la Svezia, i russi dovettero restituire tutto agli ottomani. Nel 1736, durante il regno dell’imperatrice Anna, le truppe zariste ritornarono in Crimea, ma furono costrette a lasciarla nuovamente in seguito al trattato di Nissa. Ad assicurare il definitivo controllo sul khanato, fu Caterina II, per la quale la conquista della Crimea rientrava in un disegno molto più ambizioso: il “Progetto greco“, ovvero un grandioso programma d’espansione, elaborato nel 1780 dal segretario privato dell’imperatrice, Aleksandr Andreevič Bezborodko. Il progetto puntava a sottrarre ai turchi i possedimenti europei, spartire i Balcani tra Russia e Austria e creare un impero cristiano con capitale Costantinopoli. A favorire l’idea avevano contribuito i risultati incoraggianti conseguiti nel corso della Prima guerra russo-turca, originata, nel 1768, dalla decisione del Sultano Mustafa III di opporsi a Caterina II che, contravvenendo agli accordi del 1739, che impedivano alla Russia di intromettersi negli affari polacchi, aveva posto sul trono della Confederazione polacco-lituana il suo favorito Stanislao Augusto Poniatowski. La guerra si concluse nel 1774 con il trattato di Kücük Kainarci, con il quale i russi si assicurarono il possesso dei porti d’Azov, dello stretto di Kerch e della base di Taganrog, nonché  il controllo dell’estuario del Dnieper e il riconoscimento della neutralità della Crimea.

Nel 1777, Caterina decise di affidare le province della Nuova Russia (Novorossija) e d’Azov - ovvero i territori corrispondenti all’attuale Ucraina sud-orientale - al governo di uno dei suoi innumerevoli amanti: il conte Grigorij Aleksandrovic Potëmkin. Tra il 1778 e il 1779 vedranno la luce le nuove città di Ekaterinoslav, Cherson e Nikolaev, nelle quali arriveranno coloni tedeschi, polacchi, italiani, greci, bulgari e serbi. In linea con il “Progetto greco”, nel 1783 la zarina decretò l’annessione della Crimea, cui seguì, l’anno successivo, la costruzione della base navale di Sebastopoli.

Un altro tassello alla realizzazione delle aspirazioni russe fu aggiunto, a partire dall’autunno del 1787, quando Russia e Austria si coalizzarono contro svedesi e ottomani. Determinata a mantenere le conquiste e a realizzarne di nuove, Caterina affidò il comando della Seconda guerra russo-turca a Potëmkin. Sulle prime, complice una tempesta che ne disperse la flotta, i russi furono costretti sulla difensiva. Approfittando della momentanea superiorità sul mare, i turchi concentrarono 42 vascelli nell’estuario del Dnieper e sbarcarono 5 mila uomini destinati ad attaccare la fortezza di Kinburn. L’assedio, grazie all’energia dimostrata dal comandante della piazzaforte, conte Aleksandr Vasil’evic Suvorov, si rivelò un fallimento e i turchi dovettero battere in ritirata. Bloccata dai rigori dell’inverno, la guerra riprese vigore l’anno successivo. Nel frattempo, Potëmkin aveva silurato Mordvinov, affidando il comando della flotta del mar Nero al principe Karl von Nassau-Ziegen, il quale, coadiuvato dal brigadiere Panaiothos Alexiano e dal padre della marina Usa, contrammiraglio John Paul Jones, tra il 28 e il 29 giugno 1788, presso l’estuario del Dnieper, ebbe ragione della squadra navale guidata dal kapudan (ammiraglio) Hassan Pasha. Il 10 luglio, i russi ingaggiarono nuovamente battaglia presso l’isola di Tendra, dove la squadra navale del contrammiraglio conte Mark Voynovich, sbaragliò ciò che restava della flotta ottomana. Acquisito il controllo sul mare, i russi cinsero d’assedio Očakov, sull’estuario del Dnepr. Dopo una fase di studio, spinto dai rigori dell’inverno e dal bellicoso generale Aleksandr Suvorov, a dicembre del 1788, Potëmkin lanciò all’assalto i suoi 50 mila uomini. La battaglia fu un bagno di sangue. Al prezzo di 20 mila morti, i russi riuscirono a espugnare la fortezza, lasciando sul campo più di 30 mila turchi. L’anno seguente, una nuova flotta del sultano guidata da Pasha Hussein, puntò sulla Crimea. Informato della manovra, il nuovo comandante della squadra di Sebastopoli, ammiraglio Fedor Fedorovic Ushakov, il 19 luglio 1790 ingaggiò battaglia nello stretto di Kerch dove riportò una brillante vittoria. Nel frattempo, i generali di Caterina II avevano deciso di puntare l’intera costa settentrionale del mar Nero, fino alla foce del Danubio. Un obiettivo ambizioso, tanto più che avrebbero dovuto fare i conti con la formidabile fortezza di Izmail. Situata sulla riva sinistra dell'estuario del Danubio, la città – che oggi si trova nella regione ucraina di Odessa - era stata fondata dai genovesi nel XII secolo. Conquistata dagli ottomani nel 1484, era stata ammodernata da ingegneri francesi e tedeschi poco prima dello scoppio della guerra. Protetta da possenti mura, da un fossato di 12 metri di larghezza per 6 di profondità e su un lato dal Danubio, Izmail, con i suoi 11 bastioni difesi da 260 cannoni e 40 mila uomini, era considerata inespugnabile.

A questo punto della storia, entra in scena Don Giuseppe de Ribas y Boyonsin un napoletano che avrà un ruolo decisivo nella caduta di Izmail. Di padre spagnolo e madre irlandese, era nato all’ombra del Vesuvio nel 1749, dove, all’età di 16 anni, era entrato nella Guardia napoletana con il grado di tenente. Nel 1769, a Livorno, conoscerà l’uomo che gli cambierà la vita: il comandante in capo della Marina russa conte Aleksei Orlov. Arrivato con la flotta del Baltico per impegnare le navi del sultano nel Mediterraneo, Orlov rimase affascinato dal giovane napoletano che parlava fluentemente sei lingue. Decise, quindi, di farlo diventare suo assistente e interprete. Nel 1770, de Ribas parteciperà alla battaglia di Cesme - la prima combattuta da navi russe nel Mediterraneo – culminata in una cocente sconfitta per la flotta ottomana. Nel 1772 lo troviamo a San Pietroburgo, con il nome di Osip Michajlovic Deribas, dove l’anno successivo entrerà al servizio del nuovo favorito della zarina, il conte Potëmkin, con il quale raggiungerà l'Ucraina meridionale per assumere il comando di una squadra navale.

Nel 1790, dopo aver conquistato diversi successi in una serie di scorribande contro gli insediamenti turchi lungo la costa, de Ribas venne incaricato da Potëmkin di conquistare Izmal insieme al conte Ivan Vasil'evic Gudòvic. Iniziato nel marzo 1790, l’assedio andò avanti fino a novembre, quando, in vista dell’inverno, Gudòvic decise di sospendere le operazioni. La notizia mandò su tutte le furie Potëmkin che decise di sostituire Gudòvic con Suvorov. Giunto a Izmail, il generale convocò de Ribas e insieme a lui predispose il piano d’attacco. Il 21 dicembre intimò l’ultimatum alla guarnigione. Ricevuta la risposta negativa dal comandante ottomano, Aydozle-Mehmet Pasha, alle 3 del mattino del 22 dicembre, mosse all'attacco su tre direttrici. Un ruolo decisivo lo ebbe proprio de Ribas che, a capo di 9 mila uomini, portò l’attacco nel punto più inaccessibile, sulle sponde del Danubio, dove le difese erano più deboli. L’assalto disorientò i difensori che non si aspettavano di essere attaccati in quel settore. Nel tentativo di chiudere la falla che si era creata su quel lato, i turchi dovettero spostare parte delle truppe che stavano fronteggiando i 7500 uomini del generale Pavel Potemikin sull’ala occidentale e i 12 mila del generale Samoilov su quella orientale. Alle 16 la battaglia era finita, la fortezza era caduta. Come negli assedi medievali, per tre giorni i vincitori ebbero licenza di saccheggio. Fu una carneficina: i turchi contarono più di 26 mila morti e 9 mila  prigionieri. I russi, dal canto loro, ebbero 1815 caduti e 2445 feriti. L’anno successivo, gli ottomani cercarono la rivincita in mare, ma le squadre navali algerine, tunisine e tripoline, vennero sbaragliate appena giunte nel mar Nero.

Tutto sembrava andare nella direzione del compimento del “Progetto greco”, se non fosse che sull’Europa incombeva lo spettro della Rivoluzione francese. Preoccupato dai furori rivoluzionari, l’imperatore austriaco Leopoldo II firmò la pace di Sistova (agosto del 1791 ) con la quale restituì ai Turchi la gran parte delle conquiste ottenute. Privata dell’alleato austriaco, Caterina II dovette sottoscrivere il trattato di Jassy (gennaio 1792). La Russia ottenne comunque la piazzaforte di Očakov, la costa settentrionale del mar Nero fino a Dnestr e il riconoscimento dell’annessione della Crimea, mentre Izmail venne restituita ai turchi. Dopo trecento anni di dominio turco, il mar Nero diventava un lago russo. Per i suoi servigi, nel 1791 de Ribas ricevette il comando della flotta del mar Nero. Proprio nelle vesti di ammiraglio, nel 1794, propose a Caterina di costruire Odessa. La nuova città russa nascerà con un’impronta spiccatamente italiana, ma questa è un’altra storia.

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Mongiana, gli studenti manifestano per la pace

"Ci sono cose da non fare mai, per esempio, la guerra". E’ questo il messaggio tanto semplice quanto potente contenuto all’interno di “Promemoria”, la poesia di Gianni Rodari che oggi riecheggiava nell’aria di  Mongiana, piccolo borgo siderurgico borbonico dell’ entroterra vibonese, per ribadire che la pace deve prevalere sulle armi. 
 
Ieri mattina gli alunni, il personale docente e i collaboratori scolastici della scuola di Mongiana (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) alla presenza del sindaco Francesco Angilletta e della giunta comunale, si sono mobilitati organizzando un flashmob nel cortile esterno della scuola per manifestare la propria vicinanza ai popoli colpiti in questo momento dalla guerra in Ucraina, colorando e tappezzando muri e finestre di disegni, scritte e striscioni inneggianti alla pace. 
 
"Si è trattato di un momento carico di emozione che è servito anche in parte ad esorcizzare le paure che attraversano inevitabilmente le menti di tutti noi e soprattutto dei nostri bambini, colpiti dalle immagini del conflitto in corso in Ucraina", ha sottolineato la responsabile di plesso Maria Stella Tedeschi.

I giovanissimi del Real Montepaone rendono omaggio alla popolazione Ucraina

Una grande ripresa per i giovanissimi del Real Montepaone che dimostrano, dentro e fuori il campo di calcio, una estrema sensibilità e partecipazione al tema della cruenta guerra in Ucraina.

I ragazzi del presidente Ferruccio dimostrano la propria vicinanza personale e morale scendendo in campo con  i colori dell'Ucraina e portando sul quadrilatero di gioco la bandiera dello stato con capitale Kiev evidenziano un profondo impegno civico verso temi tanto profondamente sentiti dalla comunità internazionale.

Una semplice immagine, simbolo di vicinanza ed accoglienza, ma soprattutto segnale di vicinanza dei giovanissimi di Montepaone alla comunità Ucraina, oggi sconvolta da una guerra che dal cuore dell'Europa stravolge l'intero Occidente.

La società Giallo-Verde, oramai da tempo, evolve il proprio processo di crescita di gioco in tutte le categorie dimostrando coerenza, costanza e sopratutto consapevolezza del ruolo cardine svolto nel comprensorio e del profondo valore sociale dimostrato nel corso degli anni nei confronti delle varie generazioni di montepaonesi.

Innumerevoli i complimenti sinceri che quotidianamente vengono recapitati a questa giovane e meritevole compagine sociale.

Apprezzamenti che spingono gli addetti ai lavori a proseguire il percorso di crescita e miglioramento volto a soddisfare e rendere orgogliosa l'intera comunità Montepaonese.

Il Real Montepaone è, socialmente e fattivamente, una costante e dinamica realtà sociale che rappresenta, nel mondo sportivo e calcistico, Montepaone e la sua storia.

Chiaravalle, tra preghiera e solidarietà. E una ragazza ucraina si commuove: “Grazie Calabria”

“Potrei gridarlo dalla montagna più alta o dipingerlo sulla faccia della Luna… Ma per quanto possa proclamarvi la mia riconoscenza, non v’è modo in cui possa mostrarvi interamente quanto vi sono grata. Grazie!”.

Valentina Buzhynska, giovane originaria della città ucraina di Kropyvnyc'kyj (Kirovograd), ha voluto esprimere pubblicamente, con questo messaggio, la sua commozione. Vive e lavora da anni nelle Preserre catanzaresi, al sicuro, ma la sua anima è lacerata dalle immagini dei bombardamenti russi che stanno devastando il suo Paese, le sue radici. Tanti gli attestati di solidarietà e le azioni concrete di aiuto che sta ricevendo, in questi giorni, a Chiaravalle Centrale. Non solo l'abbraccio della preghiera, in chiesa, tra le bandiere della pace e dell'Ucraina.

Proprio dopo aver parlato con lei, il sindaco, Domenico Donato, ha attivato quella che è stata definita “una straordinaria macchina dell'accoglienza”, mettendo subito a disposizione, “grazie alla collaborazione generosa di tanti cittadini”, oltre novanta posti letto per dare ospitalità alle famiglie in fuga dalla guerra.

Da ieri la trasmissione “Le Iene”, di Italia 1, sul proprio sito cita l'esempio di Chiaravalle, indicando la città calabrese tra le possibili mete per i rifugiati dell'Est in cerca di asilo.

“Un ringraziamento particolare al sindaco Domenico Donato - ha scritto Valentina Buzhynska. -  Fare il sindaco non è un lavoro da grigi burocrati destinati a una carriera sicura. È un’esperienza che si nutre di passione e di commozione. E che incrocia la vita negli snodi più delicati. Grazie di vero cuore per la vicinanza espressa attraverso il gesto semplice ma importante per me, per la mia famiglia, per il mio popolo, per la terra dove sono nata”. Chiaravalle tutta si sta mobilitando, anche destinando fondi per viveri e medicinali. E nel frattempo ci si prepara all'accoglienza. “Un dovere morale, il dovere di ogni società civile” ha ribadito il sindaco nel sottolineare l'impegno umanitario della sua amministrazione comunale. 

L’Avis Vibonese partecipa alla raccolta fondi a favore dell’Ucraina

Non è rimasta indifferente al grido di dolore proveniente dall’emergenza ucraina l’Avis che, grazie alla sede provinciale di Vibo Valentia, diretta da Caterina Forelli, e in collaborazione con le diramazioni comunali (in particolare di Filadelfia, Tropea, Serra San Bruno,  Polia, Vazzano, Soriano - Gerocarne - Sorianello, Mileto, Capistrano, Rombiolo, Arena,  Nicotera,  Limbadi e  Vibo Valentia) e con i tanti volontari originari dalla martoriata terra dell’est, ha aderito alla raccolta fondi promossa dall’associazione ucraina “Vicroria” di Gioia Tauro.

Quello che era richiesto, in particolare, erano medicinali, materiale per medicazione e qualunque altra cosa utile alle prime necessità dell’emergenza e non solo. Una richiesta accorata in un momento particolarmente emergenziale e difficile, cui l’Avis non ha voluto dire no, come normalmente fa con tutte le emergenze per l’attività che la riguardano, tra cui quella di aderire con altre associazioni a ogni situazione che richiede l’aiuto spontaneo e disinteressato di chi fa volontariato.

Nel dettaglio i punti di raccolta sono stati allestiti a Tropea, Santa Domenica di Ricadi, Vibo e Arena, dove, oltre a materiali raccolti, ricorrendo ai fondi di cassa delle sedi provinciale e comunali si è messa insieme la cifra di 2400 euro, investita nel materiale sanitario richiesto, che sarà inviato a breve a destinazione.

«Un’associazione come la nostra - ha affermato il presidente Forelli - non poteva rimanere indifferente al grido di dolore proveniente da una terra amica e in evidente e drammatica difficoltà. Abbiamo risposto all’appello dell’associazione gioiese e a quello di tanti nostri volontari ucraini. Abbiamo fatto quel che abbiamo potuto. Abbiamo ancora una volta portato a termine il fine dei volontari: aiutare chi ha bisogno. Coerenti ai nostri obiettivi solidali. Coerenti alla nostra indole di volontari. Vicini ai nostri fratelli che adesso hanno bisogno».

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