Il marchese Vito Nunziante e l'azienda agricola di San Ferdinando

Olio, grano, liquirizia, seta e robbia rappresentavano il 75% delle esportazioni dell'intero Meridione. L’agricoltura, come lo era da secoli, rimaneva una delle poche fonti di lavoro della Calabria. La mancanza di strade rendeva la regione praticamente isolata rispetto ai principali mercati. Le zone di mare, invece, avevano avuto modo di svilupparsi grazie ai porti da dove partivano le navi dirette a Napoli. Il marchese Vito Nunziante, in qualità di proprietario di una compagnia di bastimenti a vapore, dopo aver valutato  tutte le situazioni fece delle terre disboscate una grande e attrezzata azienda agricola “cum bosco della Lamia”. Con una mossa strategica degna di un grande imprenditore il marchese, divenne il solo proprietario dei terreni bonificati escludendo il comune di Rosarno.  Bisognava però mettere ancora mano sui terreni ed il Re, nel 1834, concesse a Vito il permesso di deviare il Mesima e di edificare una resistente diga. Con l'aiuto del botanico Gasparrini che studiò ogni cosa, presero il via i lavori di piantagione. Fichi d'India e varie altre piante iniziarono a colorare l'ambiente. Fu così introdotta la robbia utilizzata per produrre un pregiato colorante rosso, impiegato dall’industria tessile francese. Il  sommarco usato per la concia delle pelli, inoltre, fichi gelso delle Filippine, noci, pioppi e robinia; ma le colture più redditizie furono oliveti ed agrumi. Siamo in un periodo in cui l'olio era molto redditizio ed il suo valore aveva superato persino il grano in tutte le Due Sicilie. Duecentomila salme di olio per la bellezza di 5 milioni di ducati che riempivano le casse dello Stato e dei latifondisti. Nella Piana di Gioia, il principe di Gerace risultava il più ricco ed il più moderno nel lavoro delle olive tanto che il Serra si alleò con Emmanuel Appelt aprendo una agenzia a Palmi. Tuttavia, a causa dei torchi grossolani e dell’imperfetta molitura, i maggiori acquirenti dell'olio calabro erano i saponifici. Col tempo Nunziante migliorò qualità e lavoro ed acquistò macchine molto moderne. Dai dati rinvenuti, si apprende che, nel 1852, San Ferdinando produceva 400 mila” migliaia di portogalli”, le arance di Spagna, il frutto pregiato voluto da Nunziante. Le parole del Gasparrini motivano le ragioni di certe scelte: “ciò che accresce il prestigio di questa frutta nelle Calabrie, è che durante i lunghi viaggi per mare le medesime non mai si guastano”. In ragione dell’assenza dovuta alla carriera militare, Nunziante, a partire dal 1827, iniziò a cedere in fitto i terreni. Con la locazione, della durata di tre o quattro anni, il “massaro” doveva anticipare le sementi oltre ad impegnarsi a pagare eventuali danni, le spese e gli interessi. I “massari” secondo il giudizio di Nunziante erano:” fieri, rudi, talvolta un po' selvaggi ma buoni laboriosi e onesti”. Le “massare”, invece, tessevano la tela, filavano la lana, allevavano i filugelli, badavano alle galline e curavano i  maiali. Gli artigiani allettati da un certo benessere giunsero dai paesi vicini. Il decreto n. 5937, del 20 gennaio 1840, sanciva che i cittadini nati e domiciliati a San Ferdinando erano esenti dal servizio militare. Grazie alla nascita dell'Azienda Nunziante, la borgata divenne villaggio ed aggregata a Rosarno, mentre le famiglie dei “massari” vivevano nelle modeste case intorno al palazzo del Marchese. I rapporti con Nunzianate, ovviamente, erano prevalentemente di lavoro o dovuti a scambi di doni in occasione delle feste comandate. I braccianti, invece, vivevano nei pagliai lontano dalle case in muratura. Nel 1821 venne costruito il mulino di Trentinella e venne scavato un pozzo per l'acqua. Si decise che il villaggio dovesse avere un cimitero, nel quale, però, i corpi venivano gettati alla rinfusa. Il lavoro nell'azienda, seppur ben regolato, durava fino al tramonto e la campana chiamava alla preghiera in una chiesetta priva di tutto, ad eccezione del sedile riservato ai marchesi. L'azienda Nunziante era divenuta un vero punto di riferimento per le nuove tecnologie ed è così che nel 1833 il Re si fermò a San Ferdinando ospite del marchese. Vennero ingaggiati vanghieri per permettere al corteo reale di trovare le strade pulite. Il 18 aprile, Ferdinando giunse nel villaggio, ricevendo gli onori di casa da parte di Costanza Tripodi, giovane e bella ragazza che tenne compagnia alla Regina, la quale le fece il dono di un fazzoletto di seta turchese. Il Re si congratulò col Nunziante per la sua azienda, giudicata simile a quella di San Leucio. La visita si concluse con  un omaggio. Il sovrano, infatti, prima di partire volle donare al borgo una campana in bronzo che ancora oggi chiama i fedeli alla preghiera.

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