Oggi la presentazione del libro di Natino Aloi, "I fatti di Reggio del '70 - Reggio, rivolta di Popolo"

Il Circolo storico-culturale "G. Calogero" organizza la presentazione del volume "I fatti di Reggio del '70 - Reggio, rivolta di Popolo" (Città del Sole) dell'On. Natino Aloi. 

L'incontro sarà introdotto dal Prof. Giuseppe Pirrazzo e sarà seguito da altri interventi di studiosi e cittadini reggini.  

L'evento sarà aperto al pubblico e si svolgerà presso la Terrazza della Cultura di Reggio Calabria, in Via S. Caterina, 56, venerdì 10 luglio, alle ore 18.00

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Epitome di storia politica del Regno delle due Sicilie, il nuovo libro di Ulderico Nisticò

Detto in generale, la storia meridionale è nota quasi solo come favola: o favola triste, o favola magnifica; ma sempre in modo da suscitare emozioni e non riflessioni.

 I fatti, nudi e crudi, sono poco e male conosciuti, e si leggono e si sentono affermazioni immaginarire e da opposte tifoserie al bar. Se qualche notizia si va diffondendo, generalmente a sproposito, è solo al fine di celebrare presunte ricchezze e fantasiosi primati, e tutto in un'ottica meramente economicistica borghese; e applicando al passato i criteri del presente. È ormai di moda spacciare scoperte di dovizie e lussi e tecnologie, per poi attribuire la scomparsa ai cattivi, purchè non sia mai colpa dei Meridionali: Garibaldi, e, nei rari casi in cui se ne sappia l'esistenza di Cavour, mentre appare del tutto ignoto Napoleone III.

 Alcuni volenterosi si sono dati allo studio dei particolari, ma, sconoscendo la storia generale del XIX secolo in Europa e in Italia, vogliono interpretare la storia alla luce dei piccoli particolari; una navicella diventa flotta; qualche morto, genocidio. Non bisogna, infatti, dimenticare la natura barocca dei dialetti meridionali, e che, sempre detto in generale, il meridionale anche colto scrive e parla in italiano ma pensa in dialetto. Da ciò l'evidente che tutti, ma proprio tutti, hanno un nonno barone.

 Queste sintetiche premesse giustificano la necessità di scrivere un libro di storia delle Due Sicilie (1816 - 1861), senza nulla aggiungere a quanto dovrebbe sapere una persona di buona cultura, e che però non si sa. Si narrano le vicende per le quali, tra il 1812 e il '15, si dovette giungere all'annessione della Sicilia a Napoli, con tutte le funeste conseguenze dei decenni seguenti ; il tentativo del Regno di darsi un'identità;  infine il suo ripiegarsi nell'isolamento e autoisolamento, e la fine.

 La fine che in un nulla è dovuta a cause economiche, ma a cause politiche: assenza di un partito borbonico o almeno regio; incapacità di rapporti politici internazionali pur in presenza di rapporti commerciali; inutile accumulo di denaro pubblico non speso, e arretratezza di strutture; corruzione di esercito, marina e polizia; indifferenza di fronte agli eventi italiani dal 1856 al '60, anzi loro palese scarsa informazione. Questa è la grigia verità, che, come si vede, è senza favole.

L'autore suggerisce, e ribadisce nelle "Spigolature", seconda parte del loro, che questi vizi il Meridione li mantiene anche nel 2017, con una desolante carenza di classe diriginte politica e culturale

 

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A Soveria Mannelli la presentazione del romanzo Resalio

Alle 18.30 di oggi (martedì 16 agosto), nella splendida cornice dei giardini dello storico Palazzo Marasco di Soveria Mannelli, si svolgerà la presentazione del volume "Resalio" (Città del Sole Edizioni). Inserita nell'ambito del programma "Essere a Soveria", la manifestazione ruoterà attorno alla figura di Elly Irukandji  che illustrerà il suo romanzo d'esordio. Oltre all'autrice, prenderanno parte all'incontro, moderato dall'attrice Mariarita Albanese, il Sindaco di Soveria Mannelli, Leonardo Sirianni ed il Consigliere Comunale,  Giuseppe Gabriele. Il ricavato della vendita del libro sarà devoluto all’AISLA, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. L’evento è stato organizzato dalla Pro Loco di Soveria Mannelli, guidata dal Presidente Antonio Ferrante, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Soveria Mannelli.

La Calabria non è la Calabria, cronistoria di una regione vista dai "forestieri"

“La Calabria non è la Calabria”, o meglio non è la regione tratteggiata da viaggiatori, scrittori, giornalisti ed intellettuali malevoli, superficiali, talvolta addirittura ignoranti. Nel  volume edito da Città del Sole, Giuseppe Fiorenza indaga l’origine dei tanti luoghi comuni e dei pregiudizi che hanno plasmato l’immagine della Calabria a tal punto che i calabresi stessi hanno finito, forse, per credere di essere così come sono stati rappresentati dai “forestieri”. I commenti, le opinioni e le relazioni degli “stranieri” che, a partire dai tempi di Lope de Vega, hanno costruito il cliché del calabrese capace delle più bieche turpitudini, hanno “contribuito a creare una realtà […]manipolata ad arte, fino a dare una fotografia stereotipata della regione che, almeno dagli anni Ottanta in poi, ha costituito la base per costruire e diffondere una odiosa e denigratoria idea verso i calabresi, senza operare distinzione alcuna e senza inserire il discorso nel giusto contesto ma assolutizzando una realtà complessa e articolata?”. Eppure, accanto agli autori di una pubblicistica poco indulgente nei confronti della Calabria e dei suoi abitanti, ci sono uomini straordinari che, per l’estrema punta dello Stivale, hanno nutrito un amore viscerale, tanto da salvarne le vestigia storiche (Paolo Orsi, veneto), le lingue regionali (Gerhard Rholfs, tedesco), creare scuole e istituti per l’infanzia (Giuseppe Isnardi ligure e Umberto Zanotti Bianco piemontese). Uomini che sono riusciti a cogliere “sfumature che altri, “vuoi per ignoranza, vuoi per indolenza, vuoi per mancanza di confronto vuoi per malafede, a malapena poteva[no] scorgere”. Del resto, come ha scritto Isnardi “In certi italiani e più ancora negli stranieri, esiste una ingiusta offensiva diffidenza per la taciturna fierezza di quell’umile gente, per certi atteggiamenti che paiono di malevolenza e che sono invece effetto di povertà, di fatica mal rimunerata, di stenti, di speranze deluse, spesso di debolezza organica cagionata dalla malaria. I viaggiatori costieri frettolosi e difficoltosi non escono da questo stato d’incomprensione e di ottusità e contribuiscono soltanto a diffonderlo, magari con libri troppo ingiustamente fortunati. Bisogna addentrarsi nella Calabria, percorrerne strade e sentieri, vederla nelle sue parti più alte e più lontane, per conoscerne bene, insieme col più caratteristico paesaggio, l’anima delle popolazioni”. Muovendo dall’intuizione di Isnardi, Fiorenza è andato alla ricerca dei resoconti redatti “Non solo [da] viaggiatori ma anche militari, artisti, letterati, filosofi, uomini di potere, giornalisti e individui di varia umanità. Così, “dato per scontato che due milioni di calabresi (è la popolazione della regione) non possono essere tutti mafiosi”, l’autore ha cercato di capire quanto pesi sull’identità dei calabresi “la contaminazione, chiamiamola così, proveniente dal campo dell’illecito e/o del pregiudizio” e quanto  abbia contribuito e contribuisca tuttora “il punto di vista extraregionale a creare questa identità”. Il volume si propone, infine, di capire se i calabresi s’identificano nell’immagine costruita dal pregiudizio altrui e se tale immagine sia stata determinata “dall’assenza di autocritica e/o di autoironia nei calabresi”. Un dubbio cui “La Calabria non è la Calabria” cerca di trovare una risposta.

 Giuseppe Fiorenza, è nato a Pazzano in provincia di Reggio Calabria, ma vive a Torino. Ha pubblicato i romanzi La terra senza dio, Roma 1995, Io t’ho amato sempre non t’ho amato mai, Torino 2007, Un viaggio lungo 35 anni 11 mesi 29 giorni, Torino 2010, dal quale è  tratta la sceneggiatura I treni del Sole che ha ottenuto una menzione speciale al Premio Solinas, e Il paese del malocchio, Cosenza 2011, Fiele, Rossano 2014.  Ha fondato il “Centro Barlaam, Biblioteca delle Letterature Mediterranee”.

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Il libro: le "Muse Ioniche" di Ulderico Nisticò

Erano figlie di Zeus e di Mnemosyne, la dea della Memoria. I geni materni erano fondamentali, perché le nove Muse, da Clio a Calliope, si cimentavano in rami del sapere così importanti da dover essere tramandati ai posteri. Le Muse, quindi, intese come metafora della memoria e della trasmissione del sapere. Non è un caso, dunque, che siano proprio loro a dare il titolo all’ultima fatica dello storico e saggista Ulderico Nisticò che, nei due tomi di “Muse Ioniche – Poeti e prosatori in greco e latino” (Città del Sole edizioni) raccoglie opere e scritti che vanno dalla Magna Grecia all’età contemporanea. Il primo volume, si apre con i “Frammenti” di Stesicoro di Medma e si conclude con il “Professio fidei” di Gioacchino da Fiore. Il secondo tomo, invece, abbraccia il lungo periodo storico che va dal medioevo all’età contemporanea. Si tratta di un’opera importante, non solo sotto il profilo letterario, poiché la lettura dei testi aiuta a ripercorre le tappe di una storia della Calabria conosciuta solo a tratti, in maniera superficiale e frammentaria. Grazie al lavoro di Nisticò, è possibile sfatare il mito di chi crede che la Calabria sia stata solo Magna Grecia. E’ vero, “ sulle coste che oggi si chiamano di Calabria, Basilicata, Puglia giunsero, narrano i miti, gli antichissimi Peucezio ed Enotro, e vi trovarono popoli; e i coloni greci incontrarono alti monti e feconde pianure”. Fu in questi territori che “fiorì poesia, scienza, filosofia”. Ma, se non ci fossero stati i devastanti terremoti e le rovinose alluvioni, la Calabria avrebbe potuto, mettere in mostra quelle stratificazioni storiche, frutto di avvicendamenti culturali, che sono percepibili nell’opera di Nisticò. Al periodo magno greco, succede, infatti, quello romano. I discendenti di Romolo vennero in Calabria “ad apprendere quelle arti che le dure vicende del governo dello Stato e della guerra avevano loro vietate, e vi affinarono lingua ed animi”. Il tramonto del periodo romano non coincide con quello delle “Muse ioniche” che, anzi, continuano a far sentire la loro voce, anche, nei lunghi secoli del Medioevo e dell’Età moderna”, quando i “santi monaci scrissero di Dio” ed i “poeti cantarono l’amore in greco e in latino”. Un libro, quindi, che rappresenta un’antologia di testi che offre l’occasione ai lettori ed ai “giovani delle scuole” di conoscere  “un po’ meglio quella Magna Grecia di cui si parla molto senza troppo saperne, e quella cultura ionica più moderna che è affatto ignota”.

Ulderico Nisticò, Muse Ioniche, Città del Sole edizioni, pagine 232, prezzo 14,00 Euro

 

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