'Ndrangheta, operazione "Nuovo Corso": 5 arresti per estorsione e associazione mafiosa

Reggio Calabria - È scattata all’alba di oggi un’operazione, denominata “Nuovo corso”, con la quale la polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha eseguito 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di elementi ritenuti affiliati o contigui alle potente cosca di ‘ndrangheta dei De Stefano.

Gli indagati sono accusati a vario titolo, d’associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione, reati aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa.

Le ordinanze sono state disposte alla luce dei risultati emersi nel corso di un’indagine, durante la quale i poliziotti della Questura reggina, con il coordinamento della locale Dda, hanno documentano l’operatività della cosca De Stefano nel capoluogo di provincia, soprattutto nel settore delle estorsioni consumate ai danni di imprenditori aggiudicatari di gare d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche.

In particolare, gli investigatori hanno fatto luce su gravi vicende estorsive che hanno interessato i lavori di rifacimento di corso Garibaldi e piazza Duomo, nella città dello Stretto.

Durante l’operazione - i cui dettagli saranno resi nella conferenza stampa che il Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri terrà alle 10.30 di oggi insieme al Questore Bruno Megale – i poliziotti hanno eseguito anche diverse perquisizioni domiciliari a carico degli indagati.

Reggio, maxi operazione anti 'ndrangheta della Polizia di Stato

E’ in corso dalle prime ore di questa mattina a Reggio Calabria una vasta operazione della Polizia di Stato per l’esecuzione di 19 ordinanze di custodia cautelare, di cui 11 in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 2 con obbligo di dimora, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia. Nel corso dell'operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria sono stati colpiti presunti, capi, gregari e soggetti contigui alle cosche De Stefano e Franco aderenti al cartello Destefaniano e Rosmini, Serraino e Araniti aderenti al cartello Condelliano, imperanti in città ed uniti nella spartizione dei proventi derivanti dalle attività estorsive in danno di commercianti ed operatori economici di Reggio Calabria. Le attività hanno impegnato 250 uomini appartenenti alla Polizia di Stato. I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa, al concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d’ufficio. Eseguite anche numerose perquisizioni. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà in Questura alle ore 11. La Squadra Mobile di Reggio Calabria sta eseguendo anche numerosi sequestri di esercizi commerciali in mano alla 'ndrangheta. Si tratta di noti bar della città, di una stazione di servizio per l’erogazione di carburante, di una concessionaria di autovetture ed esercizi commerciali per la distribuzione di prodotti ittici surgelati. Gli esponenti delle cosche di Reggio Calabria avevano costituito e gestito, direttamente o per interposta persona, una serie di attività economiche, operanti in diversi settori imprenditoriali, attribuendone la titolarità formale a terzi soggetti, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione. Dieci milioni di euro è il valore stimato delle aziende e degli altri beni sequestrati. "Sistema Reggio" sarebbe il nome dell’operazione che gli investigatori della Squadra Mobile stanno eseguendo in queste ore a Reggio Calabria. L’inchiesta della D.D.A. di Reggio Calabria conferma che le cosche della 'ndrangheta esercitano sistematicamente anche il potere di regolamentazione dell’accesso al lavoro privato, facendo assumere agli esercizi commerciali dipendenti graditi alle organizzazioni criminali, nonché la potestà di regolamentazione dell’esercizio del commercio, autorizzando o meno l’apertura di esercizi commerciali nei quartieri da esse controllati. Il quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria sarebbe stato controllato capillarmente dalla  'ndrangheta attraverso le famiglie Franco e Stillitano, i primi federati ai De Stefano e i secondi ai Rosmini e quindi ai Condello. I due massimi referenti locali sarebbero Roberto Franco, 56 anni e i fratelli  Mario Vincenzo Stillitano, 30 anni e Domenico, 54 anni arrestati questa notte dai poliziotti reggini assieme ai componenti di altri sodalizi criminali. L’operazione "Sistema Reggio” trae origine da un grave attentato perpetrato la notte dell’11 febbraio 2014, con l’esplosione di un ordigno pipe bomb, al Bar Malavenda, noto esercizio commerciale del quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria. L’esplosione aveva distrutto la vetrina del bar, il banco pasticceria e diverse vetrate anche dei locali sovrastanti, adibiti ad ufficio, magazzino e laboratorio, nonché una minicar in sosta nelle adiacenze. L’1 marzo 2014, fu rinvenuto un altro ordigno inesploso, nello stesso punto e dello stesso tipo di quello che era scoppiato a febbraio. Alla base dell’inchiesta numerose intercettazioni. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile si sono basate essenzialmente sui risultati delle intercettazioni telefoniche, ambientali e delle video riprese disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Gli elementi acquisiti dalla Squadra Mobile, grazie alle attività tecniche, hanno consentito di ricostruire puntualmente non solo le dinamiche criminali relative al duplice attentato del Bar Malavenda con l’individuazione dei mandanti, ma anche ai contesti mafiosi riconducibili ai due più potenti casati di ‘ndrangheta operanti nella città di Reggio Calabria, ovvero quelli facenti capo alla famiglia De Stefano e Condello, entrambi dominanti ad Archi ed in altri quartieri del centro di Reggio Calabria, fra i quali Santa Caterina.

    

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'Ndrangheta, operazione "Il Principe": dettagli e nomi degli arrestati

Alle prime ore della mattinata odierna, la Squadra Mobile della Questura ed il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei Carabinieri di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, nei confronti di cinque soggetti, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione ed intestazione fittizia di beni, aggravati dalle finalità mafiose: il 39enne Giovanni Maria De Stefano, alias "Il Principe"; Fabio Salvatore Arecchi, 38 anni; Francesco, detto "Ciccio" Votano, 27 anni; Vincenzo, detto "Dino", Morabito, 47 anni; Arturo Assumma, 30 anni. Tutti di Reggio Calabria. L’operazione è il frutto di due distinte ed originariamente autonome attività investigative condotte dalla Squadra Mobile e dal R.O.N.I. dei Carabinieri di Reggio Calabria: le prime incentrate sulla figura e sulle presunte attività criminali di Giovanni Maria De Stefano, rampollo della famiglia rimasto in libertà, che avrebbe esercitato il governo territoriale della cosca; le seconde sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Enrico De Rosa, con riferimento alle attività estorsive poste in essere ai danni della CO. BAR S.p.a., esecutrice dei lavori di ristrutturazione del Museo Archeologico della Magna Grecia di Reggio Calabria. Il coordinamento delle attività investigative e la fusione degli esiti autonomamente raggiunti in ciascun procedimento, ha consentito all’Autorità Giudiziaria di fotografare, con straordinaria chiarezza a parere degli investigatori, i contorni della struttura dirigenziale territoriale della cosca De Stefano, da anni egemone nel territorio di Reggio Calabria, le modalità operative funzionali alla fluida gestione dell’organizzazione di 'ndrangheta, nonché di accertare dettagliatamente l’esecuzione di un’estorsione protratta nel tempo ed esercitata con svariate modalità esecutive ai danni dei rappresentanti della  società CO.BAR. Le indagini avrebbero consentito di dimostrare come la cosca De Stefano agirebbe con speciale autorevolezza criminale nella zona del centro della città di Reggio Calabria, attraverso l’esercizio dell’intimidazione. Peraltro, recentemente sono stati scarcerati Orazio De Stefano, 56 anni, (scarcerato al 19 settembre dello scorso anno) e Paolo Rosario De Stefano, 39 anni  (scarcerato il 19 agosto). Entrambi erano stati tratti in arresto dopo lunghi periodi di latitanza, al pari del più grande dei figli del defunto "don Paolo", ovvero Carmine De Stefano, 47 anni, che aveva pienamente condiviso col più noto fratello Giuseppe, 46 anni, gran parte delle vicende giudiziarie afferenti il clan mafioso, ereditando unitamente a quest’ultimo, la reggenza e la gestione criminale della cosca. Nel periodo antecedente alle scarcerazioni, un ruolo speciale sarebbe stato ricoperto da Giovanni Maria De Stefano, figlio del defunto Giorgio De Stefano, quale unico rampollo della storica famiglia che - all’indomani della sua liberazione, avvenuta nel mese di settembre 2009 - l’avrebbe rappresentata sul territorio, assumendone la reggenza. A Giovanni De Stefano (unitamente a Vincenzino Zappia, già detenuto poiché arrestato dalla Polizia di Stato, nell’ambito dell’Operazione "Il Padrino", nel mese di dicembre dello scorso anno), viene contestato il ruolo di capo e promotore con compiti di direzione, decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle strategie del sodalizio criminoso. Nello specifico, egli avrebbe assunto  le scelte più rilevanti in ordine alle concrete modalità di controllo e gestione delle molteplici attività economiche e degli esercizi commerciali esistenti e/o di nuova apertura nel territorio di Reggio Calabria. Coordinava e pianificava, sulla scorta di quanto ipotizzato in fase d'indagine, le attività delittuose, anche di natura estorsiva, ai danni di ditte o imprese operanti nel territorio, reinvestendo i proventi illecitamente ottenuti e destinando una parte degli stessi a garanzia di un adeguato sostegno economico dei sodali detenuti e dei loro familiari. Dirimeva, è il giudizio degli inquirenti, le varie problematiche ed i contrasti, interni ed esterni al sodalizio, anche in ordine alla suddivisione tra gli associati degli ingenti ricavi illecitamente prodotti ed accumulati. Avrebbe cooperato costantemente anche con gli altri soggetti al vertice della medesima articolazione territoriale della 'ndrangheta ai fini della realizzazione del programma criminoso. Un ruolo di primo piano sarebbe attribuito a  Demetrio Sonsogno (già detenuto, poiché tratto in arresto nell’ambito dell’operazione 'Tatoo' condotta dalla Squadra Mobile nel mese di novembre 2013), quale dirigente organizzatore, con compiti di diretto controllo e gestione delle attività estorsive - poste in essere direttamente e per il tramite di altri sodali - e d’infiltrazione degli interessi patrimoniali della cosca nell’economia lecita, nonché di controllo delle attività economiche avviate e da avviare, anche al fine di garantire il necessario sostegno ai massimi dirigenti della cosca detenuti ed ai loro familiari. Nell’ambito della cosca De Stefano, Fabio Salvatore Arecchi e Francesco Votano (unitamente, anche con compiti e condotte diverse, ad Enrico De Rosa)avrebbero il ruolo di partecipi, con lo stabile compito di fungere da continuativi intermediari tra i sodali e, in particolare, tra Giovanni De Stefano e gli altri associati, ricevendo e riportando svariati messaggi funzionali alla migliore operatività della cosca e collaborando fattivamente alle attività economiche intestate fittiziamente ad Arecchi, le cui sedi operative sarebbero divenute anche punto logistico per lo scambio di messaggi tra i sodali e strumento di riciclaggio delle attività delittuose perpetrate dalla cosca. Giovanni Maria De Stefano, Vincenzino Zappia,  Demetrio Sonsogno,  Vincenzo Morabito, Arturo Assumma ed Enrico De Rosa, per cui si procede separatamente) rispondono anche dell’accusa di estorsione aggravata posta in essere ai danni CO.BAR. spa. che ha eseguito i lavori di ristrutturazione del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria. Invero, costoro, in tempi diversi e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con minacce e violente intimidazioni, avrebbero costretto Vito Matteo Barozzi e la società CO.BAR spa (di cui il medesimo Barozzi è il titolare del 95% delle quote sociali ed amministratore) a corrispondere - tramite il geometra Domenico Trezza ed in quattro distinte occasioni – somme di denaro di differente importo ed in particolare: in una prima occasione, a consegnare a  Vincenzo Morabito, detto Dino, una somma di denaro pari a 15/20.000,00 euro circa (somma successivamente prelevata, sostengono gli investigatori, da  Enrico De Rosa, e da Sonsogno); in una seconda occasione, a consegnare a Sonsogno ed a De Rosa nei pressi di un ingresso laterale del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria una somma di denaro pari a 45/50.000,00 euro circa; in una terza occasione, a consegnare ad Enrico De Rosa una somma di denaro pari a 50.000,00 euro circa (somma che successivamente sarebbe stata da quest’ultimo corrisposta a Sonsogno);  in una quarta occasione, sempre sulla scorta di quanto ipotizzato dagli investigatori, a consegnare ad Arturo Assumma, una somma di denaro pari a 50/60.000,00 euro circa (somma che sarebbe stata successivamente prelevata da De Rosa e corrisposta al Sonsogno). Giovanni Maria De Stefano e Fabio Salvatore  Arecchi sono anche indagati per il delitto di intestazione fittizia di beni, perché, in concorso fra loro, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, Giovanni De Stefano avrebbe attribuito fittiziamente a Fabio Salvatore Arecchi la formale titolarità dell’impresa individuale G.D.C. Distribuzione di Fabio, Arecchi avente ad oggetto il "commercio all’ingrosso di caffè, zucchero, bevande ed alimenti vari", con unità locale dislocata dapprima a Reggio Calabria in via del Salvatore n. 28/30 ed infine, dal maggio 2013, soltanto in via Vecchia Provinciale n. 101 (luogo ove la stessa impresa ha anche la sede legale). Contestualmente è stata data esecuzione al sequestro preventivo dei beni costituenti il patrimonio aziendale dell’impresa individuale “G.D.C. Distribuzione di Fabio Arecchi", avente ad oggetto il "commercio all’ingrosso di caffè, zucchero, bevande ed alimenti vari", con unità locale dislocata dapprima a Reggio Calabria in via del Salvatore n. 28/30) ed infine dal maggio 2013 in via Vecchia Provinciale n. 101. Il quadro complessivo delle risultanze investigative ha consentito di ritenere sussistente il pericolo di fuga in capo a Giovanni Maria De Stefano, Vincenzo Morabito, Arturo Assumma, Francesco Votano e Fabio Salvatore Arecchi, sicché, nei confronti degli stessi, è stato emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria il provvedimento di fermo di indiziato di delitto eseguito dai Carabinieri e dalla Polizia di Stato nella mattinata odierna. L’operazione "Il Principe" prende il nome dall’appellativo con cui i sodali erano soliti chiamare Giovanni Maria De Stefano, il quale, da diversi anni, svolgerebbe funzioni di reggente della omonima cosca di 'ndrangheta, segnatamente nel settore delle estorsioni. 

 

'Ndrangheta, operazione "Il Principe": fermati cinque presunti affiliati alla cosca De Stefano

E’ in corso dalle prime ore di questa mattina un’operazione congiunta della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria per l’esecuzione di cinque fermi di indiziato di delitto emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti di alcuni esponenti della cosca De Stefano di Reggio Calabria. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria alle ore 11.30.

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