Serra, la processione del Sabato Santo e la tradizione della "Naca"

Il Sabato Santo è il giorno dell'anno che la Chiesa consacra al silenzio e all'attesa.
 
Dopo lo sconvolgente mistero della Passione e Crocifissione del Cristo, tutto tace in attesa che l'opera della salvezza si compia nella misura più piena e completa.
 
La liturgia del Sabato Santo è praticamente inconsistente, tutto si svolgerà nella notte della Risurrezione.
 
Serra, tuttavia, è una delle poche realtà cattoliche a mantenere viva una costumanza che si svolge, appunto, nella mattina del giorno a-liturgico per eccellenza.
 
Quest'anno, a causa della pandemia da covid19, alle nove del mattino non saremo davanti alla chiesa Addolorata per assistere a un momento tanto atteso, intriso di fede ma anche di curiosità: vedere la Naca uscire dalla chiesa Addolorata, ammirarla, giudicarne la forma e i colori.
 
Vanto del priore pro tempore dell'Arciconfraternita, la Naca non si può definire un catafalco o un letto di morte: quanta tenerezza nell'etimologia di questo termine, che deriva dal greco "nachè" (it. culla). Su ricchi panni e drappeggi colorati viene adagiato il corpo del figlio la cui Madre lo segue, ammantata di nero e sostenuta dalla presenza di Giovanni e Maria Maddalena.
 
E come Maria ce lo ha consegnato nella povera culla di Betlemme, il Sabato Santo Gesù ci viene consegnato nell'ultima culla, adagiato come il chicco di grano caduto nella terra per morire ma per produrre così molto frutto.
 
Quella della Naca è una tradizione serrese che si perde anch'essa nella notte dei tempi.
 
Forse un po' più recente rispetto al rito della Schiovazziuoni, iniziato alla fine del '700, quella della Naca è comunque un'usanza che non si può far risalire oltre i primi del '900, quando si cominciò ad addobbarla ogni anno in maniera diversa.
 
Cominciarono le Suore della Carità che operavano nell'Asilo Chimirri a dedicarsi alla preparazione della Naca.
 
Poi l'arte dell'addobbo fu consacrata da vere e proprie maestranze locali: mastro Nazzareno Pelaia a ragione deve essere annoverato tra queste, essendosi occupato per tantissimi anni della realizzazione della Naca, coadiuvato nell'opera da consorelle e confratelli zelanti, come il compianto mastro Gino Scrivo.
 
Luigi Drago è l'ultimo nome di ideatori della Naca, figura che ha sempre messo a disposizione la sua maestria sin dalle prime fasi della lavorazione, che parte in genere subito dopo le feste natalizie.
 
Quest'anno, dunque, non potremo "giudicare" la Naca, come avvenuto per tutte le altre funzioni religiose pasquali.
 
Sarà un Sabato Santo più lungo, che spero ci porti una consapevolezza nuova e una fede più forte, una Resurrezione nella nostra fede e un rinnovamento nello spirito affinché le nostre usanze ci innalzino come Gesù fu innalzato per salvarci.
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Serra: in anteprima la foto della "Naca"

In anteprima per il Redattore la "Naca" che verra` accompagnata dalla chiesa Matrice al Calvario nella tradizionale processione di Sabato mattina. Si ringraziano il priore della confraternita di Maria SS de' Sette Dolori, Vincenzo Vavala` e l'autore della fotografia, Raffaele Timpano.

La Calabria e gli antichi riti della Settimana Santa

“Gli Italiani sono anagraficamente cattolici ma in realtà, secondo alcune indagini sociologiche, coloro che credono e praticano la fede sono soltanto una minoranza” (P. B. Sorge). Ma a Pasqua il discorso cambia radicalmente perché d’improvviso l’Italia scettica e letargica si risveglia e si scopre religiosa e la sua fede si mescola tra il sacro e il profano, tra processioni cariche di devozione passionale e scampagnate fuori porta con tanto di soppressata e videocamera. Il tutto ha per palcoscenico le rappresentazioni di chiesa o di piazza della “passione” o dei “misteri” che fanno lievitare il turismo primaverile per la gioia dei tanti operatori turistici: insomma un week-end tra sacro e profano. Se ne contano a centinaia, a migliaia in tutta Italia ed in particolare nella nostra Calabria. È celebre in tutto il mondo “lo scoppio del carro” sul sagrato della cattedrale di Firenze la mattina della domenica di Pasqua che fa scoppiare un carro in un tripudio di botti e fuochi da una colombina dotata di ramo di ulivo che scorre su un cavo proveniente dall’altare maggiore: i Fiorentini ne traggono un auspicio per l’anno in corso. Più a sud, a Taranto, è conosciuta la processione dei “Misteri”, che ricorda la Settimana Santa di Siviglia, iniziata nel 1764 e voluta da Don Diego Calò membro di una famiglia tarantina. I “Misteri” sono “fedeli” con tunica bianca, corone di spine sul capo, bastone e piedi nudi che cominciano a sfilare già dalla Domenica delle Palme. La Calabria, che è una regione povera di tante altre cose, è ricchissima di  tradizioni e, nello specifico, ogni paese, anche sperduto e lontano dalle grandi vie di comunicazione, è custode di una qualche sacra rappresentazione pasquale. Iniziamo anche noi  l’itinerario pasquale per stimolare la voglia di viaggiare e conoscere sì ma soprattutto lievitare lo stare costantemente in rapporto con Cristo per rispondere alle esigenze che ci provengono dai “drammi dei nuovi poveri e degli emarginati” (P. Sorge). Sono famose le “passioni” e le “pigghiate” di  Laino, Borgia, Luzzi e Tiriolo; le processioni del venerdì santo: quella dei Misteri di Sambiase con le cinque statue che rappresentano Gesù nell’orto, alla colonna, coronato di spine, che porta la croce e crocifisso; la processione del Cristo morto con l’Addolorata a Nicastro; la “schiovazzioni” a Serra San Bruno. Per il sabato santo: la processione, fino al calvario e attraverso le quattro grandi chiese, dell’artistica “naca”, sempre a Serra San Bruno col Cristo morto adagiato su un letto adornato di centinaia di fiori ed angeli di pregevole fattura artistica, l’Addolorata, la Maddalena e San Giovanni; il “Caracolo” a Caulonia che vuole essere una commemorazione statuaria della Passione e che affonda le sue radici nel lontano 1640; a Luzzi il famoso “incanto dell’Addolorata” di origine spagnola. Ma assieme al culto della morte c’è bisogno della riaffermazione della vita, un bisogno di resurrezione che si manifesta, la domenica di Pasqua, con le “Affruntate” o “Cunfrunte”(Vibo V. Arena, Dasà, Soriano, Mileto e altrove) dove il Cristo Risorto si “incontra” con Maria e San Giovanni nella piazza centrale dopo una corsa veloce dei fedeli che innalzano canti di gioia al ritorno della vita; la “Svelata” di Caulonia che scopre, “svela” appunto il Risorto. Sono tutti riti organizzati da antiche confraternite religiose e laicali che vogliono perpetuare il culto della morte e del dolore come temi centrali che pervadono la vita sociale degli uomini. Di carattere folclorico e scenico oltre che carichi di dimensione penitenziale sono gli ormai più che famosi “Vattienti”( battenti) di Nocera Torinese, in cui non risalta la parola ma il gesto: la flagellazione. I “Vattienti”, con lo strumento del loro martirio che consiste in un pezzo di sughero detto “cardo” ripieno di frammenti di vetro, il venerdì santo, in processione, scalzi e sul capo una corona di spine, si battono alle gambe fino a farsi sangue.” Simili cerimonie, pur essendo aride, stanno a designare l’amore saldo per un passato ancestrale, a cui i Calabresi, in genere, si sentono legati ed in cui risiede la personalità, la forza, l’anima del nostro popolo” (R. Ranieri). Sono comunque tutte originate dalla cultura medievale e soprattutto da quella spagnola pervasa delle dottrine tridentine e finalizzate a “promuovere penitenza e conversioni”(G. Scafuro). Lo stesso entusiasmo si raggiunge in alcune località grecaniche dell’Aspromonte ( Bova, Roghudi, Condofuri, Gallicianò, San Lorenzo, Roccaforte del Greco) dove “ja na vaddune olii sti lampa ti glossa ma na mi sbia”, (vogliono alimentare la lucerna con l’olio perché la loro lingua non si spenga mai). Se poi si vuole un ricco corredo di teatralità bizantina allora bisogna soggiornare tutta la Settimana Santa tra Bivongi, Pazzano e Stilo. Nella terra di Tommaso Campanella, tra gli altri riti, da poco ripristinata, la “peregrinatio” medievale dei venerdì di marzo fino alla domenica delle Palme: si tratta di un corteo penitente che dovrà portarsi al pianoro del monte Consolino e del castello normanno ove è collocata “ a santa cruci” costruita con materiali poveri e motivo di raccoglimento e di preghiera. Anche la provincia crotonese offre le sue manifestazioni pasquali, basta fermarsi: alla “naca” di Cutro che richiama alla mente la sofferenza, la passione e la pietas che emanano dal suo famosissimo Crocifisso seicentesco di Fra’ Umile da Petraia; a Petilia Policastro il “Calvario” lunga e tortuosa processione che, il 2° venerdì di marzo, dal centro abitato si snoda fino al santuario della Sacra Spina posto su in montagna; alla visita ai “Sepolcri del Giovedì Santo” attraverso le antiche chiese del centro storico di Crotone; ai riti arbresche dell’Alto Crotonese (San Nicola dell’Alto, Carfizzi e Pallagorio) e rimanendo alla cultura italoalbanese uno sguardo lo si può dare alla cinquecentesca ballata della “Vallja” di Civita (CS), celebrata anche dallo scrittore carfizzoto Carmine Abate. Allora andiamo pure a curiosare sull’espressione popolare del grande martirio della storia umana che è il sacrificio di Cristo ma facciamo emergere spunti di riflessione che si trasmettano nella quotidianità: il sacrificio di Cristo non sia stato inutile ma compensato con l’essere veri cristiani.

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Serra, ecco come si costruisce la Naca: LE FOTO

La Naca è una "culla" che custodisce, nei giorni culminanti della Pasqua, il corpo di Gesù. Ha la tipica forma di una culla allungata ornata di damaschi e seta e attorniata da fiori. Agli estremi vi sono quattro o più angeli che tengono in mano i simboli della Passione di Cristo, mentre alle spalle vi è una grande croce. La Naca, a Serra San Bruno, è, come da tradizione, fatta ad opera del Priore dell'Arciconfraternita di Maria SS. dei Sette Dolori e viene portata in processione la mattina di Sabato Santo. Vi proponiamo una serie di scatti che documentano i momenti salienti della sua costruzione con l'avvertenza che si riferiscono alla Naca 2014. Si ringrazia il Priore dell'Arciconfraternita di Maria SS. dei Sette Dolori dottor Vincenzo Vavalà.

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Serra: la processione della "Naca"

La tradizionale processione della "Naca" di Serra San Bruno negli scatti di Raffaele Timpano.

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ESCLUSIVO: LE FOTO DELLA "NACA" IN ANTEPRIMA

In esclusiva per i lettori del Redattore, l'anteprima della "Naca" di Serra San Bruno.

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