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"La Villa Comunale come Central Park": nuova puntata della narrazione tragicomica di Falcomatà

La domanda, l'unica che a questo punto della tragica narrazione, ci si può porre è: perché? Quale debolezza umana induce un giovane di 32 anni, di professione sindaco di Reggio Calabria, ad avventurarsi nella giungla  delle dichiarazioni roboanti che con la realtà hanno lo stesso legame esistente tra la fantascienza grottesca e lo scrupoloso studio quotidiano nel quale sono immersi i geni ai quali dobbiamo scoperte rivoluzionarie. Il protagonista delle intemerate verbali, come già accaduto in passato, è Giuseppe Falcomatà, Primo Cittadino di Reggio Calabria. Una carica che, tuttavia, ricopre evidentemente a sua insaputa, al pari dell'assessore all'Ambiente Antonino Zimbalatti che qualche giorno fa ha osato ironizzare, lui, su un cestino traboccante nel centro storico di Roma. Al sindaco i caratteri tipici del genere fantasy, forse condizionato dalla giovane età, devono piacere davvero tanto e, quando ne sfiorano i pensieri, non può fare a meno di renderli di pubblico dominio, anche al prezzo di saltare il fosso che divide la serietà dallo sketch comico. Mesi addietro, in una sede istituzionale come Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale, aveva paragonato Reggio a Londra. Ne scrivemmo, convinti di descrivere fedelmente la vetta più alta apice del teatro dell'assurdo. Ma si trattava, come dimostrato dagli eventi, di un'apertura di credito immeritata perché il sindaco, tramortito da ignoti fremiti onirici, ha voluto abbattere con forza dirompente ogni argine. Il fiume impetuoso del paradosso si è ingrossato lungo la sua corsa verso il mare delle irresponsabili velleità e, con sicumera degna di miglior causa, lo ha affrontato, facendosi però trascinare fino al punto estremo (almeno per ora): la Villa Comunale di Reggio Calabria come Central Park  a New York. "Possiamo dire che questo spazio della città ha davvero poco da invidiare al centro della Grande Mela". Testo e musica di Giuseppe Falcomatà, peccato che la stonatura sia tale da imbarazzare anche l'orecchio meno educato. Certo, potrebbero anche essere interpretate come frasi innocue, in fondo le parole, anche quelle meno aderenti alla realtà, hanno un peso specifico azzerato nel circo della politica (se questa modalità di esercitarla lo fosse). In realtà, sulle bucce di banana che costellano la perigliosa strada attraversata dal sindaco si cela qualcosa di ben più inquietante: la patologica assenza del culto della verità che, per fortuna, non coinvolge l'opinione pubblica, essa sì sepolta dalla catastrofe civile. Una comunità smarrita che assiste ormai con un sorriso disincantato all'ennesima scenetta da avanspettacolo interpretata da personaggi ancora in cerca d'autore e, per questa ragione, impegnati a profondere a piene mani nel ricco repertorio della farsa. Seguendo questo canovaccio, il finale è scritto: prima della fine del mandato Falcomatà guarderà Dio occhi negli occhi e, con somma sufficienza, gli concederà la licenza di occupare parte del Paradiso, meglio noto con il nome di Reggio Calabria.  

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