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In morte del centrodestra reggino: l'elezione del Consiglio Metropolitano ne ha constatato il decesso

Il voto di Palazzo Madama e, a stretto giro di posta, l'ingresso a Rebibbia di Antonio Caridi, oltre ad aver segnato una svolta sul piano squisitamente giudiziario, ha imposto lo stop alla scalata, ormai in fase avanzata, di un esponente del centrodestra reggino le cui mosse negli ultimi due anni erano state tutte volte alla conquista della supremazia in città e provincia. Fermo ai box Giuseppe Scopelliti, anch'egli per vicissitudini penali, il vice coordinatore regionale di Forza Italia aveva fatto man bassa di eletti sia a Palazzo San Giorgio che altrove, fino ai Consigli Comunali più piccoli dell'entroterra. Tutti sotto l'ala protettiva di colui che, agli occhi dei rappresentanti di un'area politica sconquassata come mai accaduto nella storia recente, sembrava essere il nuovo "uomo forte" da sostenere per mettere sotto vetro le proprie rispettive ambizioni. I piani, però, sono stati smantellati dalle recenti inchieste sulle quali sarà, come si recita in questi casi, la magistratura a doversi pronunciare. Al momento la chiave di lettura , dunque, non può che riguardare lo stato di salute del centrodestra a queste latitudini. Una prima conferma di questo assunto è piombata sulle macerie della coalizione con lo scrutinio del voto per il Consiglio Metropolitano. Le elezioni, celebratesi domenica, hanno sancito un ulteriore smottamento di credibilità e forza per coloro che, staccatosi il collante del potere e smarrita la guida dell'ex presidente della Regione, si sono mossi in ordine sparso e, perseverando nell'errore, continuano colpevolmente a farlo. Troppi i rancori, anche di natura personale, esplosi con il "liberi tutti", troppo ampie le distanze tra i vari movimenti e partiti che compongono, in linea puramente astratta, la sedicente alleanza. L'assenza di figure di peso in grado di esercitare una leadership autorevole si sta rivelando un ostacolo impossibile da sormontare proseguendo lungo la via fin qui percorsa con gli occhi bassi ed un diario povero di visioni o, al limite, anche di idee. A fronte di un centrosinistra più volte tacciato, anche da chi scrive, di inadeguatezza strutturale, gli avversari (per modo di dire) brillano per i loro incomprensibili silenzi. Iniziative estemporanee che non sono tenute assieme dal filo rosso della logica, recriminazioni sterili sui social network ed una velenosa nostalgia per un passato consegnato definitivamente agli archivi: è questo il mix diabolico che viene confuso con una linea politica coerente ed efficace. Tra i "Falcomatà boys" ed il centrodestra permane, a conti fatti, una condizione statica di equilibrio fra debolezze: due differenti fragilità che si tengono assieme l'una con l'altra regalando l'illusione ad entrambe le parti di godere di una solidità in realtà inesistente. I nodi sono venuti al pettine nella tarda serata di domenica. Il Partito Democratico che, sebbene gracile, gestisce l'intera filiera del potere, dal Governo nazionale all'Amministrazione Comunale, passando per la Giunta regionale, ha sfruttato l'inesistenza di competitori sull'altro fronte della barricata, stravincendo la consultazione ed accaparrandosi nove delle quattordici poltrone in lizza. Due sono state conquistate dai Socialisti, una dalla lista "Locride Metropolitana". Una vera e propria "Caporetto"  per il centrodestra che, portando a casa due seggi, ha messo la firma sul proprio certificato di morte. Eduardo Lamberti Castronuovo, che ha raccattato il maggior numero di preferenze ponderate nella compagine sconfitta, si è comunque fermato ad una soglia inferiore a quella raggiunta dall'ultimo degli eletti dei "Democratici insieme per Reggio Metropolitana". Una plastica rappresentazione dell'irrilevanza, sociale e culturale prima ancora che politica, di un mondo, quello del centrodestra di Reggio Calabria, ridotto ai minimi termini. Sarà, se mai dovesse iniziare, un processo di ricostruzione lungo ed accidentato perché, prima di tutto, non si è ancora fatta strada nemmeno la presa di coscienza di un fallimento che risiede nell'ostinazione di fatti e numeri. Operazioni di bassissimo cabotaggio che, nei pensieri di qualcuno, dovrebbero costituire le basi per una ripartenza ancora ben al di là da venire. All'orizzonte, tuttavia, non si scorgono, soggetti che abbiano le qualità necessarie per rimettere assieme i tasselli di un mosaico andato in frantumi. Già il 6 settembre dello scorso anno scrivemmo che "a Reggio  i fermenti dell'opposizione germogliano all'esterno del Palazzo". Da allora nulla è cambiato, anzi, tutt'altro. Il quadro clinico del centrodestra è diventato sempre più preoccupante e, al netto del perpetuo "movimentismo" messo in atto da Enzo Vacalebre, presidente di Alleanza Calabrese, si fa fatica ad individuare un impegno organico che abbia come obiettivo il concepimento e la crescita di un'alternativa al centrosinistra. Basta andare a guardare la catastrofe emersa dalle urne aperte per la costituzione del Consiglio Metropolitano. Deludente, oltre ogni pessimistica previsione, la performance dei consiglieri comunali che siedono sui banchi dell'opposizione a Palazzo San Giorgio. Un campanello d'allarme, l'ennesimo a dire la verità, che dovrebbe scuotere sia chi era candidato sia chi non ha direttamente partecipato alla competizione. Le carte, nella composizione della lista "Centrodestra metropolitano", sono state distribuite dal capogruppo di Forza Italia in Consiglio Regionale, Alessandro Nicolò, e dal collega Francesco Cannizzaro. Il peso della sconfitta bruciante grava, dunque, sulle loro spalle, oltre che su quelle degli iscritti alla corsa. Un elemento di cui tutti i rappresentanti della coalizione dovrebbero tenere conto se sono davvero intenzionati a buttare in campo le energie migliori a disposizione ed a coinvolgere forze fresche da lanciare nella mischia. Insistere sui personaggi che da troppo occupano la scena sarebbe un errore irrimediabile. Non è il desiderio di "nuovismo" a tutti i costi che dovrebbe indirizzare le scelte, ma il coraggio di affidare le chiavi a chi sarebbe percepito dall'opinione pubblica come una reale opzione verso cui catalizzare il consenso in virtù di un disegno capace di tratteggiare i contorni della Città Metropolitana del futuro. Non rileva, ai fini del ragionamento, che tali soggetti siano pescati dalla società civile o appartengano già alla dimensione pubblica della politica propriamente detta. E' il momento che anche chi è già dentro i Palazzi si eserciti in uno scatto di coraggio per proporsi non ai livelli gerarchicamente più elevati della catena di comando, ma, senza filtri di alcun genere, all'intera comunità. Agendo in autonomia e slegati da vincoli di qualsivoglia natura, è l'ora, per chiunque ritenga di possedere idee forti e le caratteristiche necessarie per assolvere al ruolo, di lanciarsi in mare aperto. Solo a titolo esemplificativo e confinando il ragionamento all'attuale rappresentanza istituzionale, una donna come Mary Caracciolo, per come ha interpretato fin qui la funzione di rappresentante in Consiglio Comunale a Reggio Calabria, sarebbe una delle personalità su cui puntare, assieme ad altre da scovare nell'alveo della Città Metropolitana, per dare un nuovo volto ad un centrodestra che necessita, oggi più di ieri, di ricucire il rapporto quotidiano con i vari pezzi della società reggina sordi al richiamo della Politica e disposti, semmai, a lanciarsi fra le braccia del pigro disincanto. Tanti altri, nascosti e silenti, o attivi esclusivamente dietro un pc, hanno adesso l'obbligo, non più rinviabile, di fare dieci passi avanti per dimostrare, in modo visibile e non astrattamente autocompiacente, che un altro modo di condurre la macchina amministrativa è possibile.  

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