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Garibaldi in Calabria e la storia dei calabresi finita in tribunale

La Calabria non perde mai occasione di mostrare al mondo quanto sia provinciale; e oggi non dico sfiora ma colpisce a pieno il ridicolo, quando la lite a dove sbarcò Garibaldi, che dilania a colpi di storia Melito Portosalvo e Montebello Ionico, deve finire in tribunale; e, con i tempi secolari della giustizia, sarà un magistrato a decretare… Mi cadono le braccia.  Urge però una lezioncina di storia, essendo io più che certo essere ignoto ai più, o molto confuso, l’evento in parola. Garibaldi sbarcò una prima volta, il 19 agosto 1860, e proseguì dritto verso Napoli, dove entrò comodo e in treno il 7 settembre. Stiamo parlando di quella che è nota come la Spedizione dei Mille.  Lo sbarco che finisce in mano agli avvocati non c’entra niente con questo, e ci porta nell’agosto sì, ma del 1862. Cos’è era successo nel frattempo? Sarò breve.  Sulla strada di Napoli, quella del 1860, Garibaldi aveva raccolto circa 60.000 uomini, che, mossi da sentimenti e interessi e idee assai diverse, in quel momento erano vagamente antiborboniche. Il Regno delle Due Sicilie, in cachessia politica e militare, andava in disfacimento; arrivato a Napoli, e agendo come  capo di Stato, non faceva mistero di voler proseguire verso Roma e cacciarne papa Pio IX. Sarebbe intervenuta, a sostegno del papa, la Francia di Napoleone III, come già nel 1849; ma si agitavano Austria e Prussia, e si rischiava una guerra europea. Napoleone spinse all’intervento il Regno di Sardegna, ormai esteso a Milano, Parma, Modena, Bologna, Firenze, cedendo alla Francia la Savoia e Nizza; lo scopo era di fermare Garibaldi, e ciò avvenne. Il 9 ottobre il deluso eroe lasciava alla chetichella Napoli, dove si era insediato, vero vincitore, Vittorio Emauele II. Il 13 febbraio 1861, con la resa di Gaeta, Francesco II andava in esilio a Roma. Il Regno era finito per le sue inspiegabili debolezze politiche e umane e per avere generali e ufficiali decrepiti per età e di tutto capaci tranne che di guerra.  Vero, ma non la pensava affatto così gran parte della popolazione, che insorse fin da subito, dando inizio a quello che verrà chiamato brigantaggio. Per alcuni anni molte aree interne dell’Appennino restarono in mano ai ribelli borbonici.  A complicare le cose, ecco un secondo sbarco di Garibaldi, quello del 1862, dovunque sia avvenuto. Inoltratisi con pochi uomini sull’Aspromonte, gli si fecero incontro i bersaglieri italiana di Pallavicini, e senza tanti complimenti gli spararono addosso, ferendolo alla famosa gamba della canzoncina; e arrestandolo. Poi dite che non è un fatto antropologico! Venne poi richiamato in servizio contro l’Austria nel 1866, quando, nel disastro italico, solo lui e l’ex borbonico Pianell salvarono la faccia! L’anno dopo riprovò a prendere Roma, ma subì una dura sconfitta dalle truppe pontificie.  Chiaro che stiamo parlando di due sbarchi, uno contro i borbonici nel 1860, l’altro contro gli italiani nel 1862? Evitiamo confusioni.  Torniamo al 1862, per chiederci cosa mai volesse Garibaldi con questo strano sbarco. La spiegazione ufficiale, da lui stesso avallata, era l’intenzione di prendere Roma; ma ha poca logica, voler partire da 700 km di distanza, e voler attraversare un territorio di cui una parte in mano alle bande; e il resto saldamente occupato dalle truppe di Vittorio Emanuele. A parziale spiegazione, ricordiamo che quello d’Aspromonte è solo uno dei tanti sbarchi che ebbero di mira la Calabria come base di partenza verso Napoli o comunque il nord. Nel febbraio 1799, sbarcò presso Palmi il cardinale Ruffo, che il 13 giugno liberò la capitale dai Francesi e dai loro amici giacobini: l’unico sbarco riuscito e vittorioso. Nel 1806 sbarcò un reparto britannico, che battè i Francesi a Maida - S. Eufemia; ma si ritirò senza effetti. Nel 1815 sbarcò Murat a Pizzo, subito catturato, e fucilato il 13 ottobre. Nel 1844 sbarcarono i fratelli Bandiera, messi a morte. Nel 1849 il siciliano Ribotti, sperando invano di trovare aiuti per la rivoluzione dell’isola. Il 14 settembre 1861 sbarcò il generale spagnolo Borjes, nominato da Francesco II comandante dell’insurrezione; venne fucilato dai bersaglieri, ma in Abruzzo. Anche gli Angloamericani sbarcarono, il 3 settembre 1943, in Calabria, senza dover combattere che in pochi casi, e l’8 venne dichiarato l’armistizio; subito dopo effettuarono una ben più massiccia operazione a Salerno, contrastati ormai solo da truppe germaniche.  Nei mesi precedenti, Garibaldi aveva più volte dichiarato le sue intenzioni; e resta dubbio se il governo (Cavour era morto da più di un anno, e gli era successo Rattazzi) abbia tenuto un atteggiamento ambiguo, magari sperando di fare a Roma quello che era stato fatto a Napoli. Ma l’imperatore francese non poteva permetterlo, dovendo rendere conto al partito cattolico da cui era sostenuto. Garibaldi agì dunque di sua iniziativa. Niente niente voleva avere qualcosa a che fare con i briganti, cui attribuiva, arbitrariamente, un pensiero di matrice democratica? Se fosse così – e lo diciamo a titolo di pura fantasia e badando solo agli aspetti bellici della faccenda, però… - allora sì che le bande avrebbero trovato un capo capace e di tenerle sotto disciplina, e di farne buon uso sui campi, e meglio nei boschi di battaglia.  Ipotesi, mera ipotesi; vero però che la situazione politica e ideologica dell’Italia di quegli anni confusi era tale da lasciare spazio a ogni iniziativa; e se mazziniani e repubblicani erano ancora minoranza, erano tuttavia anche molto attivi e pochissimo moderati. A loro volta, i briganti, a parte un antichissimo sentimento di fedeltà al Regno e perciò al re, tutto si può dire di loro tranne che avessero le idee chiare sul presente e sul futuro: un vuoto che qualcuno poteva tentare di colmare.  Alla fine, come leggete, c’è qualche problemino più curioso e interessante, e di maggiore serietà storiografica, che andare in tribunale per stabilire di chi fosse, nel 1862, un tratto di spiaggia deserta. Ma la Calabria è provinciale, e pur di darsi importanza… E ci sono tanti avvocati speranzosi d’incarico…

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