Cina: la lunga marcia per inseguire un pallone

Se i protagonisti della Lunga marcia avessero saputo che, anziché il paradiso degli operai, la Cina sarebbe diventata l’eden dei calciatori, molto probabilmente, sarebbero rimasti a casa a giocare a Go.

L’ingaggio milionario di Carlitos Tevez rappresenta, infatti, il definitivo de profundis del comunismo cinese.

L’ideale di giustizia sociale non è naufragato nella svolta capitalista voluta da Den Xiaoping negli anni Ottanta. Non è svanito neppure nelle industrie dove i lavoratori vengono sfruttati per la classica ciotola di riso.

Il comunismo con gli occhi a mandola si è dissolto nel sogno di ricchezza che anima i cinesi, ma solo alcuni. Un sogno che ha mutuato dall’occidente capitalista tutti i suoi stilemi.

Le luce sfavillanti, le auto potenti ed i vestiti di lusso non bastano più. Per proiettare fino in fondo l’allucinazione del benessere, il governo cinese ha deciso d’investire nello sport.

Fino a poco tempo fa, l’unica preoccupazione di Pechino era arraffare il maggior numero di medaglie alle olimpiadi. Da qualche tempo, l’obiettivo è stato riposizionato e la parola d’ordine sembra essere stupire.

Del resto, il rango di grande potenza impone alla Cina di sbalordire tutti. Per farlo, il paese del Drago può contare sui fiumi di dollari che affluiscono quotidianamente da tutto il mondo.

Una parte del denaro, che arriva da ogni angolo del pianeta, viene quindi investita per creare l’uomo nuovo. L’uomo nuovo cinese, però è già vecchio. Il modello di riferimento sembra essere, infatti, quello occidentale, imbolsito, annoiato e capace di emozionarsi solo al cospetto dei campioni dello sport.

Per avviare il mutamento antropologico i Mandarini hanno, quindi, pensato di ricorrere al gioco più popolare, il calcio. Il problema della penuria di talenti indigeni si sta superando grazie al mercato, con l’ingaggio, a suon di milioni, di calciatori famosi.

Grazie a montagne di dollari, il campionato cinese è diventato affascinante anche a chi era abituato a ben altri prosceni.  I giocatori europei e sudamericani hanno, quindi, scoperto quante soddisfazioni può offrire la Chinese Super League.

Al banchetto allestito in Estremo Oriente si è seduto anche un italiano, Graziano Pellè. A lui, che non è esattamente quel che si dice un fuoriclasse, la Shandonh Luneng ha assicurato un contratto da 15 milioni a stagione.

Niente di comparabile con i 40 milioni all’anno che percepirà Carlitos Tevez. L’argentino che, poco più di un anno fa, era stato strappato alla Juventus dalla nostalgia di casa si è convito subito a rifare le valige. I 106 mila euro al giorno offerti dallo Shangai sono stai sufficienti a fargli dimenticare l’asado e lo yerba.

In Cina Tevez troverà una terra che di sconfinato ha tre cose: la storia, il territorio e l’ingiustizia.

Un’ingiustizia testimoniata da un dato. In un’ora Tevez percepirà, grosso modo, la stessa cifra che un contadino cinese guadagna in un anno di duro lavoro.

Davvero un gran bell’esempio di ridistribuzione della ricchezza in un paese in cui di comunista è rimasta solo la bandiera rossa.

 

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