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Il Sud paga dazio anche sul Recovery plan. La matematica è un'opinione anche per Draghi

Affermare che il 40% del Pnrr assegnato al mezzogiorno è una cifra considerevole e sufficiente a ripianare il divario che da sempre esiste tra il nord ed il sud d’Italia,  sottacendo che in realtà la cifra assegnata dalla stessa Unione europea è pari al 60%,a mio parere, non solo rappresenta un assunto inaccettabile ma anche improponibile e politicamente scorretto soprattutto se a dichiararlo  è il presidente del Consiglio Draghi, una grande personalità nota ed apprezzata in tutto il mondo. Le affermazioni, gravi ed inaspettate, per giustificare la sottrazione di circa 21 miliardi di euro  al sud, a tanto equivale la differenza tra il 40% ed il 60% dell’importo totale del Pnrr, è che il sud non riuscirebbe a spendere una cifra  così consistente visti i pregressi. Tali dichiarazioni avrebbero dovuto creare un sussulto della classe politica e dirigente delle regioni meridionali e della società civile per  evidenziare l’ennesima beffa: una nuova espoliazione delle risorse destinate al sud. Le voci contrastanti sono state invece flebili e sommesse forse per timore reverenziale e/o  per quell’atavica rassegnazione dei meridionali. Basterebbe studiare la storia degli ultimi cinquant’anni per rendersi conto che il ripianamento del gap esistente  tra nord e sud è  condizione necessaria ed indispensabile per la ripresa economica dell’Italia. I dati economici di una lieve ripresa del sud negli anni settanta, quando fu  proposto ed  in parte realizzato un piano concreto di sviluppo tendente a valorizzare le risorse naturali del territorio,  coincisero con il boom economico  dell’Italia.

Pensare ancora di rimandare alle calende greche o di non fare o ultimare le opere infrastrutturali (Statale ionica 106, completamento reale della terza corsia autostradale, interporto e potenziamento del porto di Gioia Tauro, alta velocità, ecc..) significa  rassegnarsi ad un inspiegabile cupio dissolvi. A nessuno sfugge la contraddizione stridente tra la necessità di spendere presto e subito i soldi del Recovery Plan e la proposta di ultimare l’alta velocità tra Salerno-e Reggio Calabria, se mai sarà realizzata,  nel 2030 quando probabilmente nuove tecnologie supereranno  tale sistema di trasporto. Così pure è difficile comprendere la contrarietà alla realizzazione del ponte sullo Stretto  non dei tecnici o degli economisti, ma di autorevoli esponenti della nostra cultura umanistica o di opinion leaders. Le idee, i progetti, le potenzialità per lo sviluppo del Sud non mancano, manca la volontà politica di realizzarli. I partiti, o meglio quel che resta dei partiti, perseguono spinte e logiche    localistiche ed interessi delle grandi lobby il cui unico scopo è il guadagno ad ogni costo.


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