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La Corte costituzionale ha deciso: Wanda Ferro ha diritto ad entrare in Consiglio regionale

La Corte costituzionale ha dato ragione a Wanda Ferro: la candidata alla presidenza della Regione Calabria per il centrodestra alle elezioni del novembre 2014 ha diritto ad entrare nel Consiglio regionale.

La Consulta ha, in particolare, riconosciuto l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge elettorale calabrese (che escludeva l’attribuzione del seggio al miglior perdente), approvata il 12 settembre 2014. In quel momento, peraltro, l’Assise regionale operava in regime di prorogatio (il presidente Giuseppe Scopelliti si era dimesso il 29 aprile comunicando la decisione all’Aula il 3 giugno).

Inammissibile, invece, il ricorso della Democrazia cristiana che, attraverso la richiesta di dichiarazione d’incostituzionalità dell’intera legge, puntava allo scioglimento del parlamentino calabrese. Secondo le prime interpretazioni a lasciare Palazzo Campanella dovrebbe essere Ennio Morrone. Da verificare, comunque, quanto siano accreditate le indicazioni che vedono indiziato Giuseppe Mangialavori.

Entrambi, in quanto parti controinteressate nel giudizio, si erano autonomamente costituiti chiedendo una dichiarazione relativa all’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar Calabria.

Regione Calabria: niente scioglimento, ma la fine politica è un dato di fatto

Per la Corte costituzionale il percorso amministrativo regionale deve andare avanti. Almeno per il momento (resta in attesa di esito il ricorso promosso da Wanda Ferro), almeno formalmente. Perchè la morte politica di questa legislatura sembra essere stata registrata già da qualche tempo e precisamente da quando la famosa Giunta “monca” è stata azzerata per far posto a quella che gli addetti ai lavori definiscono “tecnica” e che la gente comune preferisce battezzarla come quella degli “sconosciuti”. La marcia, lenta sin dalla travagliata proclamazione degli eletti, è stata ulteriormente frenata dai sospetti derivanti dal difficile rapporto con il PD romano, oltre che da inchieste che non mancano mai quando si parla di Calabria. Il principale oppositore di questo “immobilismo” è stato per diversi mesi quel Carlo Guccione che dell’attuale maggioranza doveva essere il motore, mentre il resto è sempre e solo routine. L’attività consiliare è rarefatta e palazzo Campanella pare essere più adibito ad operazioni di ratifica che non a scelte dal preciso significato politico. Lo stato di “congelamento” istituzionale sembra aver sfiancato persino i malpancisti che danno l’idea di accontentarsi della stanca realtà quotidiana piuttosto che combattere battaglie contro i mulini a vento. La verità è che non c’è l’anima politica: ci sono tanti singoli con obiettivi diversi e che comunque tengono più conto delle esigenze del singolo rispetto a quelle della squadra. L’assenza di carisma e di leadership riconosciuta è plateale. Non c’è una nitida visione programmatica nè una chiara strategia operativa: i risultati di conseguenza non ci sono o non vengono percepiti. E fra i cittadini cresce un acido malumore verso tutto ciò che ha a che fare con la politica ed i suoi processi selettivi e decisionali. Sentimento comune sorto a ragione, anche se la componente di invidia sociale verso chi “vive meglio” della massa fa la sua parte.

  • Published in Diorama
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