E’ grazie alla cocaina ed ai rapporti con il mondo della finanza e della politica che la ‘ndrangheta è riuscita a diventare una delle “più potenti manifestazioni criminali”. E’ quanto emerge dalla relazione, presentata in Parlamento l’8 settembre scorso, sull’attività svolta e sui risultati conseguiti, nel secondo semestre del 2014, dalla Direzione investigativa antimafia. La relazione, che fa il punto sull’azione di contrasto condotta contro le organizzazioni criminali presenti in Italia, per quanto riguarda la ‘ndrangheta, evidenzia come da “ consorteria essenzialmente calabrese”, abbia “ormai da tempo, travalicato i confini regionali, diventando un aggregato criminale capace di agire con estrema disinvoltura nei contesti più diversificati”. Grazie ad “ un’accentuata predisposizione nei confronti di comparti economici, finanziari ed imprenditoriali” le ‘ndrine calabresi non si limitano a perseguire la “mera accumulazione di denaro”, ma “prediligono” esercitare “forme di potere sui singoli, sulle imprese e sulla collettività, anche grazie ad atteggiamenti di cecità compiacente”. Quel che più sorprende è la “ la capacità degli affiliati di esportare le dinamiche criminali attraverso comportamenti che possono riproporre il tradizionale modello mafioso anche mediante la costituzione al di fuori della Calabria, di nuclei stabili sul territorio legati, spesso, da vincoli familiari”. A favorire una buona dose d’impermeabilità ad alcuni fenomeni come il pentitismo l’organizzazione su base prevalentemente familiare. A differenza di cosa nostra, la ‘ndrangheta “non si identifica in una organizzazione di tipo rigidamente verticistico”, anche se, “nell’ultimo periodo”, appare “protesa nel ricercare una certa forma di aggregazione attorno a centri di comando più definiti”. In altri termini, in un tempo di profondi mutamenti, gli interessi vanno coltivati sul piano globale, quindi, non ha più senso continuare a rappresentare “un mero insieme di cosche prive di connessioni tra loro”. Pertanto, la ‘ndrangheta rappresenta oggi “un sistema criminale moderno, adattato alla mutevolezza delle condizioni ambientali”, capace di adeguarsi ai tempi e di strutturarsi come “una galassia di centri di potere alla ricerca di possibili sinergie con consorterie spesso territorialmente limitrofe”. Non è un caso che le “ indagini” abbiano “consentito di appurare l’esistenza di una regia che tende a riunire le potenzialità ‘ndranghetiste che, pur mantenendo il suo centro nevralgico in Calabria, persegue una costante opera di radicamento in altre regioni d’Italia e all’estero”. Le risultanza investigative avrebbero permesso di fare luce su una struttura “gerarchicamente organizzata, al cui vertice si pone una articolata denominata “provincia” o “crimine”, sovraordinata ai “mandamenti”, che insistono sulle tre macroaree tradizionali definite (ionica, tirrenica e centro), all’interno delle quali operano le “locali” e le ’ndrine’”. Le cosche sarebbero “quindi coinvolte in una stretta sinergia, mai improvvisata, ma, anzi, legata da rigide direttive che fanno emergere l’esistenza di un sistema che, nonostante fortissimi interessi criminali divergenti, mantiene una sostanziale identità di comportamenti”. Un cliché secondo il quale si punta sempre a “penetrare settori che offrono le migliori possibilità di remunerazione". Per questo motivo “gli appetiti malavitosi sono trasmigrati nelle aree di maggiore spesa pubblica ove le infiltrazioni mafiose tendono a confondersi con la miriade di aziende coinvolte nell’assegnazione di ricchi appalti”. La necessità di mettere le mani sul ricco settore dei lavori pubblici, nel corso degli anni, ha indotto le consorterie calabresi a cercare “sinergie” con il mondo della politica tanto da incidere “sulla partecipazione democratica”. Grazie alla capacità di “ penetrazione del tessuto economico e imprenditoriale, con conseguente acquisizione di ingenti ricchezze” la ‘ndrangheta riesce a “connettersi” con la “cosiddetta zona grigia, in cui orbitano professionisti e imprenditori i quali, a loro volta, rappresentano un canale privilegiato di comunicazione con la politica, interessata ad ottenere consenso e sostegno finanziario”. Un meccanismo collaudato che garantisce il condizionamento delle scelte politiche che determinano il “controllo della cosa pubblica”. Accanto alla rete di relazioni con il mondo delle istituzioni, la ‘ndrangheta è riuscita a costituire un vero e proprio network internazionale grazie al quale ha assunto il controllo, quasi, esclusivo del traffico di droga. “ Nel panorama del traffico internazionale di cocaina, che dal Sud America giunge in Europa, - si legge nella relazione - la ‘ndrangheta riveste una posizione oligopolistica”, tanto che le “altre organizzazioni criminali italiane richiedono sovente approvvigionamenti a esponenti ‘ndranghetisti che, attesa l’entità del giro d’affari gestito, possono essere considerati 'grossisti', alla stregua di rappresentanti di una multinazionale”. A promuovere gli esponenti della cosche calabresi al rango d’interlocutori esclusivi dei cartelli sud americani sarebbero “l’affidabilità e la solvibilità”. La disponibilità economica derivante dal traffico di stupefacenti ha permesso alla mafia calabrese di radicarsi nelle aree più ricche del Paese, a tal punto che le regioni a più alto rischio sono considerate quelle “del Centro – Nord Italia”, dove la ‘ndrangheta può contare su importanti appalti pubblici” e su “situazioni favorevoli” che le consentono di “effettuare operazioni di riciclaggio e reinvestimenti di beni ed utilità di provenienza illecita nei comparti economici, commerciali e finanziari”