I lacchè di Falcomatà, il PCI di Reggio contro il sindaco

Nel medioevo, i nobili, specialmente quelli rammolliti, incapaci di difendersi da soli, si facevano precedere e seguire, quando di notte attraversavano le strade buie, da "lacchè", mercenari che avevano il compito di illuminare la strada, proteggendoli dai pericoli, veri o presunti che fossero.

Venivano ovviamente retribuiti per i loro servigi e, da ricerche storiche attendibili, la loro mercede mensile fosse pari alle attuali 650 Euro, per pura coincidenza, equivalente alla retribuzione che sarà elargita ai componenti dello staff, scelti dal sindaco metropolitano.

Qualche secolo dopo Manzoni li immortala, nel suo celebre romanzo, definendoli "bravi" e successivamente, nel corso del processo evolutivo, i tratti di costoro si ingentilivano e, con la successiva scolarizzazione di massa, molti di loro finivano per essere cooptati negli enti pubblici, pagati dalla collettività.

Oggi, di notte, le strade sono illuminate e non occorrono più questi  tristi "figuri" in soccorso ai potenti o presunti tali e, chi detiene il potere, forse per  nemesi storica, si accontenta di farsi accompagnare da cagnolini più o meno festosi: siamo passati dai " Lacchè", ai "Dudù".

Questi ultimi, ovviamente, assecondando la loro natura, scodinzolando quando il loro padrone li chiama ed abbaiano se  qualcuno si avvicina, anche se con fare affatto minaccioso.

La storia sembra inevitabilmente ripetersi: quando si arriva ad occupare un posto di potere, l'esigenza primaria sembra quella di contornarsi di nani e ballerine, come se, senza di questi, il potere avesse un sapore meno gradevole.

Dai confini sperduti della geopolitica, (dove, il sindaco, ci ha collocati con superbia ed alterigia) tentando di dare voce a chi non ha la possibilità di approdare all'interno del "cerchietto magico" del primo cittadino, giunga il disprezzo di tanti giovani disoccupati, la stragrande maggioranza  dotata di titoli di studio elevati, acquisiti con anni di sacrifici e privazioni indicibili, il cui destino inevitabile è abbandonare questa terra, per ricercare un posto di lavoro.

Chiami, il primo cittadino, questi ragazzi per parlare dei loro problemi e vedrà che non sarà sufficiente il tavolo delle riunioni, che si mostra deserto per un invito andato deserto, con una messa in scena desolante ed infantile.

Verificherà direttamente quanto questo mondo reale e dolente sia distante dal suo modo di concepire la vita e la politica  e che i suoi tentativi di precostituirsi una base elettorale, distribuendo  mance e briciole a povere anime questuanti,  svaniranno nella prossima tornata elettorale, prendendo  sempre per buona la pubblica affermazione della sua mancanza di interesse ad una candidatura al parlamento, perché  fra il dire ed il fare

La sinistra non va mai al potere, se ci va non dura

I fatti novembrini della Leopolda, con agitazioni contro Bersani eccetera, mentre gli energumeni dei centri sociali, tra le mie risate, difendono con le spranghe la costituzione, inducono a qualche simpatica riflessione.

La sinistra non va mai al potere, e se ci va, non dura. Ci va, qualche volta, sotto forma di centrosinistra, cioè di un centro più vaghe opinioni ugualitarie. C’è stata in Russia, ma come dittatura della burocrazia. Il solo esempio di sinistra sinistra andato al potere in Europa Occidentale fu il Fronte Popolare di Blum, che nel 1936 vinse le elezioni in Francia. Nel 1938 venne abbattuto… e voi pensate da una congiura di aristocratici dell’ancien régime? Da biechi fascisti? Ma no, da un’ondata di scioperi operai!

 Fin dalle origini, negli ultimi decenni del XVIII secolo, la sinistra ha mostrato due evidenti caratteristiche, la seconda conseguenza della prima: alto livello di ideologizzazione, e altissima conflittualità. Marx ha passato più tempo a dir male di Mazzini e Proudhon che dei capitalisti; e viceversa.

 I socialisti italiani si divisero subito in correnti, che, alla grossa, erano due: riformisti e massimalisti; siccome nel 1919 avevano vinto le elezioni ma non sapevano che fare, subito una bella scissione, ed ecco il Partito Comunista d’Italia. Ogni socialista che si rispetti odia i comunisti, e ogni comunista disprezza i socialisti: vi ricordate di Craxi?

 I comunisti, giunti al potere con la forza in Russia poi Unione Sovietica, non per questo trovarono pace; anzi, Trotskij, che se ne stava micio micio e inoffensivo in Messico, venne raggiunto da una picconata speditagli da Stalin in persona: prevenire è meglio che curare, pensava Baffone. Gli anarchici spagnoli non dovettero attendere di essere eliminati dai franchisti, perché ci pensò alla grande il medesimo Stalin attraverso i suoi agenti, tra cui il famigerato Vittorio Vidali, che avrà a che vedere con l’assassino del detto Trotskij, e sarà deputato del PCI. 

 Per dirla con la Traviata, “qui son più miti i cuori”; e non è più tempo di omicidi politici. Renzi chiama rottamazione le sue operazioni di eliminazione politica dei vari D’Alema, Bersani eccetera.

 Tutto questo avviene, dal XVIII secolo, nella più ottusa buona fede; e gli odi tra le sinistre non son dovuti a volgari motivi di soldi e potere, ma sempre a nobili ragioni di alti ideali e parole; parole cui l’uomo di sinistra, a furia di ripeterle, crede davvero, e per cui lotta; nel passato neanche troppo lontano, fino a uccidere e morire. Non sto facendo ironia, è davvero così. Per le infinite divisioni sulle parole, la sinistra propriamente detta non andrà mai al potere. Il massimo che può sperare, qualche compromesso storico di breve durata; e che, generalmente, provoca interessi e corruzione. Tranquilli, è successo lo stesso ai miei ex camerati quando sono divenuti Alleanza Nazionale, Dio me ne liberi, a parte che nel 1995 me ne liberai da solo.

 Oggi, meno male, a sinistra si contentano di espulsioni.

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Caso Report: Federica Roccisano, un assessore nella Calabria dei muti

 Sul caso Roccisano, l’unico intervento chiaro è quello di Enzo Bruno, presidente della Provincia di Catanzaro, il quale smentisce la suddetta Roccisano.

 Il PCI chiede le dimissioni della prefata; e si aggiunge una “petizione” dei giovani di Forza Italia. Ci sarebbe anche una posizione del Cinque Stelle, ma vale poco perché fanno Al lupo, Al lupo contro tutti e tutto.

 Sono invece del tutto muti, come vivessero in Norvegia o in Nuova Zelanda e non in Calabria, i seguenti illustri personaggi e partiti:

-          Mario Oliverio, presidente della Giunta di cui fa parte (speriamo per poco) la Roccisano;

-          Antonio Viscomi, vicepresidente della Giunta di cui fa parte (speriamo per poco) la Roccisano. A proposito, il Viscomi, già onnipresente, è sparito da almeno due settimane: secondo me, gatta ci cova;

-          Il resto della Giunta: non faccio nomi perché sono anonimi;

-          Franco Corbelli, che se ne impipa dei Diritti Civili e dei disabili, quando rischia di dare fastidio a Oliverio; e comunque, osserva un silenzio… cimiteriale;

-          Magorno, che sarebbe il segretario regionale del partito della Roccisano e dintorni, Oliverio compreso;

-          I vari Ciconte e Gioffrè Lanzetta, eccetera, che pure dovrebbero avere il dente avvelenato;

-          Passiamo al centro(destra): silenzioso come una notte senza luna; siamo tutti amici, vero?

-          Gli intellettuali e professori antimafia segue cena, i Bova, le Bindi, i don, gli scrittori inneggiati e televisivi, la Pedagogia della resistenza…

 Costoro sono muti. Tutti muti, in Calabria.

 La più muta di tutti, la Roccisano, la quale, dopo aver annunziato la sua presenza al Tg3 delle 7.30, non si è vista, magari datasi malata. E già, proverbio calabrese: “U cana scardatu a l’acqua carda si spagna puru e l’acqua fridda”; per i Trentini: Se un cane è stato scottato da acqua calda, evita anche la fredda.

 Intanto a Viscomi bocciano il bilancio: mancano 220 milioni. Egli dice che è un “errore materiale”: alla faccia della Giunta di Alto Profilo!

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E' morto Quirino Ledda

 E’ morto questa notte, nella sua abitazione di Catanzaro, Quirino Ledda, ex vice presidente del consiglio regionale e storico dirigente del Pci.  Sardo di nascita e calabrese d'adozione, Ledda è stato, negli anni Settanta, segretario regionale della Federbraccianti e successivamente esponente del Partito comunista italiano. Eletto nel 1980 consigliere regionale in Calabria ha anche ricoperto la carica di vicepresidente del Consiglio regionale.  Nei primi anni Ottanta legò il suo nome alla battaglia per il restauro della Certosa di Serra San Bruno. Il 17 marzo 1982, la sua vita venne scossa da un attentato dinamitardo alla sua abitazione. Le autorità parlarono di un tentativo di strage. Diventato vicepresidente del Consiglio regionale nel 1985, visse, poi, una lunga esperienza in qualità di dirigente della Legacoop calabrese.

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