Il nuovo standard televisivo Dvb-T2 in vigore dal 2022 costringerà milioni di italiani a sostituire il televisore o a dotarsi di un decoder

La transizione dal sistema trasmissivo Dvb-T (Digital broadcasting terrestrial in italiano Diffusione digitale terrestre) al nuovo sistema definito Dvb-T2 è ormai prossima. Inizierà dal settembre 2021 per concludersi a giugno 2022. Entro questa data tutte le regioni dovranno con modalità diverse gradatamente adeguarsi al nuovo sistema di trasmissione terrestre resosi necessario in seguito all’avvento della connessione a banda larga 5G per le telecomunicazioni e la telefonia. La banda larga, sebbene esistano timori per i possibili effetti sulla salute delle persone, consentirà a tutti, ma soprattutto alle imprese, di essere competitive sul mercato mondiale  del lavoro per la velocità  quasi in tempo reale di scambio di notizie ed informazione. Il segnale definito 5G sarà allocato nella banda dell’attuale frequenza di trasmissione del terrestre –digitale (Dvb-T) 700 Mghz e al terrestre digitale sarà assegnata una nuova banda di trasmissione. Questa traslazione costringerà circa trenta milioni di italiani o a dotarsi di un decoder per la ricezione del segnale   allocato nella nuova frequenza o di sostituire il televisore. Solo i televisori comprati dopo il 2017 sono dotati della nuova tecnologia di ricezione Dvb T2   Il bonus previsto dal governo Conte non coprirà la spesa da affrontare per l’acquisto del decoder  o di un nuovo televisore ed i cittadini saranno costretti ad affrontare una nuova spesa che si configura come un nuovo balzello che si aggiunge ai tanti altri esistenti.  Sarebbe  più giusto che i gestori di telefonia e le società di telecomunicazioni che usufruiranno di ingenti investimenti ed immensi ricavi coprissero l’intera spesa dell’applicazione di questa nuova tecnologia, se non esistessero in parlamento alcune forze politiche che, da sempre, perseguono, non sempre disinteressatamente, una politica tutta protesa a difesa della grande finanza e delle grandi imprese.

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La Rai in Calabria oggi, ieri e forse domani

Per i tipi dell' Editore Pellegrini di Cosenza è stato di recente pubblicato il saggio "La mia Rai" di Santi Trimboli, che analizza 25 anni di esperienza diretta dal 1985 al 2010, scandita da quella inqualificabile traiettoria che si è snodata dalla "lottizzazione"  - frutto dello storico compromesso - manuale Cencelli - alla "occupazione ", dalla Prima (sino al 1994) alla Seconda Repubblica, ormai sfinita .

Un intreccio di cammini paralleli e di rami genealogici  che hanno descritto e interpretato gli eventi regionali e non solo, sotto il controllo del capo direttore di turno, oggi inesistente, come rimarca il presunto/ fantastico "candidato" Ulderico Nisticò.

Egli giustamente sottolinea il ruolo e il posto che dovrebbe essere dato alla cultura, anche per aver dato, e continua a farlo, preziosi contributi, cito per tutti: l'edizione in italiano della "Calabria illustrata" di p. Giovanni Fíore da Cropani.

Vorrei , però, ricordare che quando fu avviata la sede regionale a Cosenza, la sezione programmatica diretta da Antonio Minasi produsse straordinari documentari, che illustrano con immagini meravigliose i beni culturali, raggiunse notevoli risultati anche a livello internazionale, come ebbe a sottolineare Indro Montanelli. Erano strumenti didattici di nuova generazione, ora purtroppo sepolti nelle Teche, o in alcune biblioteche, e che - credo - andrebbero rispolverati e diffusi, anche come testimonianze dell'evolversi del territorio e della conservazione dei beni culturali e ambientali. 

Sottoscriviamo tutti una petizione alla Rai, purtroppo in dissesto, di non trascurare la Calabria, e di servirsi di personalità autorevoli come Ulderico, per spronare sopratutto tantissimi giovani a conoscere la propria terra, prima di dover.... purtroppo .... emigrare.

 

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