Il sonno dell’Europa e l’assenza dell’Italia regalano il Mediterraneo a Russia e Turchia

Il mondo che abbiamo conosciuto sta crollando giorno dopo giorno. A determinarne la caduta non sarà, come banalmente si sente ripetere, la pandemia da Covid.

Piuttosto, a dare le nuove coordinate al mondo che sarà, è qualcosa di molto più arcaico e conosciuto: la volontà di potenza.

L’espressione, riformulata in chiave filosofica da Nietzsche, è alla base della costruzione dei grandi imperi, ovvero degli spazi vitali che ogni popolo ha cercato di disegnare e conquistare.

Senza scomodare il Lebensraum e le dottrine di Haushofer, i popoli da sempre tendono a costruire la loro storia seguendo il medesimo filo conduttore.

Un filo rimasto latente nel mondo congelato dalla Guerra Fredda, ma ritornato oggi più protagonista che mai della corsa alla creazione degli spazi geopolitici del mondo che verrà.

Una corsa dalla quale l’Europa, sempre più vittima del suo pensiero debole, è destinata ad essere tagliata fuori.

Ciò che è accaduto negli ultimi anni, ma anche nelle ultime settimane, evidenzia in maniera inesorabile l’immobilismo del Vecchio continente, ormai rassegnato a portare i panni del gigante riluttante.

Un immobilismo colpevole, soprattutto in considerazione di ciò che sta avvenendo nel “Mediterraneo allargato”, ovvero lo spazio geografico che coinvolge aree territoriali  e marittime che hanno nel “Mare Nostrum” il loro baricentro.

 Lo spazio vuoto, lasciato dal riposizionamento degli interessi Usa nell’area del Pacifico, avrebbe dovuto essere coperto dall’Unione europea o dai Paesi del suo fronte sud che hanno una naturale proiezione nel Mediterraneo.

E’ invece, l’ignavia dell’Italia e il velleitarismo francese, hanno lasciato campo libero a vecchi e nuovi attori.

I conflitti degli ultimi anni, dalla Siria alla Libia, per finire al Nagorno – Karaback, ci dicono che i protagonisti della costruzione del nuovo ordine regionale sono già all’opera, impegnati a piantare bandierine nelle loro, sempre più ampie, aree d’influenza.

Da una parte, la Russia che, metabolizzate le conseguenze delle sanzioni imposte dall’Occidente dopo l’inizio della guerra nel Donbass (Ucraina) ed il vittorioso colpo di mano in Crimea, ha portato la sua influenza nel Mediterraneo ad un livello mai conosciuto neppure ai tempi dell’Unione sovietica.

Pur mantenendo un profilo basso, Putin è riuscito ad incunearsi in un settore strategico sia per le rotte commerciali – presenti e future – che per quelle energetiche.

La Russia, una volta consolidato il potere di Assad in Siria - dove con l’ampliamento della base navale di Tartus rafforzerà ulteriormente la propria presenza in un tratto di mare nel quale, a breve, i ricchi giacimenti d’idrocarburi presenti, porteranno al parossismo le linee di tensione già in atto - ha rivolto la propria attenzione verso un altro settore strategico: la Libia.

In quella che fu la “Quarta sponda”, il nuovo “zar” del Cremlino ha saggiamente occupato l’unica casella allora disponibile, quella accanto al generale Haftar, attorno al quale si sono coagulati gli interessi di altri attori, dall’Egitto agli Emirati Arabi - con i quali la Russia ha un interessato dialogo in atto. Nelle intenzioni di Mosca, infatti, avere, tramite i contractors del "Gruppo Wagner", gli scarponi in Libia non significa soltanto piazzare un’ulteriore bandierina nel Mediterraneo meridionale, bensì aprirsi una porta verso il Maghreb e buona parte dell’Africa sub sahariana.

Il disegno di Mosca non è avventato, né estemporaneo, piuttosto risponde ad una precisa e calcolata strategia finalizzata a presidiare le più importanti rotte marittime, energetiche e commerciali.

Non è un caso, che una volta consolidata la presenza nel Mediterraneo, Putin abbia rivolto l’attenzione verso un bacino cruciale del “Mediterraneo allargato”, ovvero il Mar Rosso. Proprio nei giorni scorsi, infatti, lo “zar” ha annunciato la stipula di un accordo con il Sudan, grazie al quale la Marina russa si doterà di una base navale non lontano da Port Sudan, a metà strada dalle porte d’accesso al Mediterraneo (Suez) ed al Golfo di Aden e quindi all’oceano Indiano (lo Stretto di Bab el-Mandeb).

L’ultimo intervento, in ordine di tempo, Putin lo ha fatto registrare nel suo “giardino di casa”, ovvero in Nagorno-Karback, dove ha fatto da sensale, insieme al presidente turco Erdogan, per l’accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian.

Un trattato sul quale hanno avuto un peso decisivo, l’abilità e la raffinata astuzia di Putin, il quale ha atteso, per intervenire, che l’Armenia fosse irrimediabilmente con le spalle al muro, con il risultato che la pace draconiana subita, ha indotto gli armeni e porsi definitivamente sotto l’ombrello protettivo di Mosca.

Al tavolo della pace, Putin, come spesso capita ultimamente, ha incrociato l’alleato-rivale Erdogan.

Proprio il presidente turco è l’altro protagonista che, in maniera sempre più assertiva, sta proiettando Ankara ad interpretare il ruolo di potenza regionale.

Un ruolo a tutto campo che ha indotto la Turchia a ripensare se stessa in chiave neo ottomana.

Una strategia imperniata sulla dottrina del “Mavi Vatam” o della “Patria Blu” in virtù della quale Ankara si propone di estendere il controllo sul mare, per poi imporre la propria influenza sulle risorse energetiche e sulle rotte commerciali.

Un disegno sostenuto anche grazie all’attività della “Fratellanza musulmana” che ha permesso alla Turchia di allargare il proprio raggio d’azione con la creazione di una base militare in Qatar e di un punto d’appoggio navale nel porto di Suakin, in Sudan.

La penetrazione turca, tutt’altro che unidirezionale, ha fatto breccia anche nei Balcani - non solo in Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo, ma anche in Serbia – dove la “Strategia profonda” ha portato Ankara ad essere il maggior investitore dopo Unione europea, Cina e Russia.

Molto più rumorosa, invece, la partita che Erdogan ha giocato e continua a giocare nello scacchiere siriano, dove la Turchia impiega una straordinaria massa di manovra composta da integralisti islamici e siriani turcomanni.

La stessa massa di manovra è stata spregiudicatamente gettata in campo in Libia, dove l’appoggio turco si è rivelato decisivo per evitare la caduta di Tripoli, insidiata dalle milizie del generale Haftar.

Un impegno che, grazie anche all’appoggio della “Fratellanza musulmani” che supporta Fayez Al Sarraj, ha già fatto passare Erdogan all’incasso, ottenendo la strategia base aerea di “al-Watiya” e quella navale di Misurata. Anche in Libia, così come accaduto in Somalia, a fare le spese dell’attivismo turco è stata l’Italia, la cui unica politica estera, in questi anni, è stata quella portata avanti dalla diplomazia informale dell’Eni.

La proiezione turca, come dimostra il recente conflitto azero-armeno per il controllo del Nagorno-Karabakh, non si limita al solo Mediterraneo.
Proprio nel Caucaso l’intervento indiretto di Ankara – con i soliti mercenari islamici e con cospicue forniture militari – si è rivelato decisivo per ribaltare l’esito della guerra combattuta nei primi anni Novanta.

A rendere possibile la vittoria azera sono stati, soprattutto, i Tb2, i temibili droni di costruzione turca con i quali sono state decimate le forze corazzate e le linee logistiche armene.

Un successo che ha permesso, ancora una volta, al “Sultano” di allargare la sua sfera d’influenza e sedere ad un tavolo le cui decisioni sono state apprese dall’Unione europea solo attraverso i giornali.

L’immobilismo europeo, sui diversi scacchieri, forse risente di un concezione ormai superata.

L’idea che sia sufficiente produrre beni per conquistare e mantenere i mercati appartiene, infatti, al mondo che è stato, non a quello che sarà. Il vantaggio competitivo dato dalla tecnica ha permesso all’Europa, complice l’ombrello militare americano, di coltivare il proprio import-export senza doversi preoccupare delle incombenze geopolitiche.

Oggi, invece, quel vantaggio competitivo, peraltro sempre più ridimensionato, non basta più a conquistare e mantenere i mercati. Lo hanno ben capito proprio i Paesi che, come Russia e Turchia, hanno la consapevolezza che chi non fa la Storia è destinato a subirla.

Mediterraneo fra innovazione e tradizione, convegno all'Umg

Le cattedre di Diritto della Navigazione e dei Trasporti, Politica economica e Storia economica del'Università “Magna Graecia” di Catanzaro hanno organizzato un convegno internazionale di studi sul tema “Mediterraneo, fra innovazione e tradizione: profili economici e giuridici”.

L'evento si articolerà in due giornate, il 31 maggio e l'1 giugno. Moltissimi gli spunti di riflessione che saranno affrontati nell'arco dei numerosi e autorevoli interventi programmati che prenderanno il via venerdì mattina alle ore 9, nell'aula “Blasco” del campus di Germaneto, con il saluto del Rettore Giovambattista De Sarro.

La prima sessione sarà dedicata all'analisi dei profili economici. Nelle ultime due, di taglio più marcatamente giuridico, saranno esaminati argomenti di navigazione marittima (soccorso in mare e responsabilità, tutela dell'ambiente marino) e aerea (contratto di trasporto, sicurezza e infrastrutture).

Il convegno è stato accreditato dal Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Catanzaro con 12 crediti formativi (8 per il primo giorno e 4 per il secondo).

Gli avvocati potranno iscriversi al seguente indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

  • Published in Cultura

Soveria Mannelli tra i Borghi più belli del Mediterraneo

Soveria Mannelli è tra i borghi più belli del Mediterraneo.

A decretarlo è l’Associazione "I Borghi più belli d’Italia" che ha inserito il comune calabrese nella nuova guida "I borghi più belli del Mediterraneo", curata dal giornalista Claudio Bacilieri e promossa dalla Fondazione "Terzo pilastro Italia Mediterraneo".

Sono 135 i borghi prescelti tra 17 Paesi che si affacciano sulle sponde del Mare Nostrum. A fare compagnia a Soveria Mannelli ci sono, tra gli altri, bellissimi borghi come Ansouis in Francia, Mojácar in Spagna, La Valletta a Malta, Baalbek in Libano, Dana in Giordania, Kakopetria a Cipro, Göreme in Turchia, Moschiena in Croazia e gli italiani  Burano, Alberobello, Monreale, Cefalù, Erice, Altomonte, Acciaroli, Laigueglia.

Ognuno di questi luoghi è una traccia di salvezza, un angolo dove rifugiarsi, nascondersi e vivere. Storie, climi e territori diversi, meraviglie spesso sconosciute non solo dal punto di vista geografico, ma anche storico e culturale.

Deviazione per la virtù è l’invito rivolto nella guida ai viaggiatori e turisti che desiderano conoscere Soveria Mannelli, borgo che contraddice “l’idea di una Calabria spezzata da catastrofi antiche e nuove”.

Il Sindaco Leonardo Sirianni ha espresso soddisfazione per questo riconoscimento manifestando l’orgoglio di essere stati accomunati alla straordinaria bellezza dei luoghi citati - i borghi più belli del Mediterraneo-.

“È una vetrina importante che ci onora e allo stesso tempo ci responsabilizza”.

“Gli amministratori che ci hanno preceduto hanno voluto e saputo riscoprire la storia e le tradizioni di questo luogo. Da parte nostra devo dire che abbiamo avuto l’opportunità, continuando nel solco di anni di amministrazione consapevole e lungimirante, di coltivare e far crescere il senso di appartenenza attraverso la valorizzazione di un patrimonio fatto di “bellezza” paesaggistica, culturale, artistica, di storia, tradizioni artigiane e gastronomiche. Crediamo profondamente che non sia la mera sontuosità ma la pura bellezza a decretare l’identità di un luogo”. Puntando su quest’ultima crediamo sia possibile, anzi oggi assolutamente necessario, diffondere l’immagine di una Calabria diversa da quella che emerge dai media; di quella Calabria che ha incantato il cuore e la mente dello stuolo di viaggiatori che nel corso del tempo ha avuto la ventura di imbattersi nella nostra Terra”.

 

  • Published in Cultura

Verso il Mediterraneo, la Salerno-Reggio Calabria raccontata in cento foto

Dal 15 dicembre 2016 al 14 febbraio 2017, l’Istituto centrale per la grafica ospita la mostra "Verso il Mediterraneo. Sezioni del paesaggio da Salerno a Reggio Calabria", a cura di Emilia Giorgi e Antonio Ottomanelli, con oltre 100 lavori realizzati da alcuni dei maggiori fotografi italiani contemporanei che hanno documentato il paesaggio attraversato dall’A3 Salerno - Reggio Calabria.

Il sottotitolo della mostra prende ispirazione dalla celebre ricerca di Gabriele Basilico e Stefano Boeri Sezioni del paesaggio italiano, pubblicata nel 1997 per un atlante eclettico sui mutamenti del territorio nazionale.

La mostra è promossa da Anas in collaborazione con l’Istituto centrale per la grafica, il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo e realizzata con il supporto di Contship Italia Group, Willis Towers Watson e Planar, nell'ambito del progetto OIGO Osservatorio Internazionale sulle Grandi Opere.

Undici gli autori coinvolti, Andrea Botto, Gaia Cambiaggi, Martin Errichiello e Filippo Menichetti, Marco Introini, Allegra Martin, Maurizio Montagna, Armando Perna, Filippo Romano, Marcello Ruvidotti, Francesco Stelitano, Giulia Ticozzi, che hanno esplorato tre regioni – Campania, Basilicata e Calabria – e rintracciato un patrimonio culturale materiale e immateriale visibile in mostra come un “viaggio nel viaggio” che inizia a Salerno e termina a Reggio Calabria.

Sono narrate realtà diverse, attraverso i focus che ogni autore ha individuato con singoli percorsi, visitando le infrastrutture, osservando il paesaggio, facendo emergere attraverso l’ascolto dei linguaggi delle tre regioni, i conflitti e le contraddizioni del territorio indagato.

La documentazione va dalla dismissione delle vecchie infrastrutture alla naturalizzazione e il ripristino ambientale; dalle storie di vita di uomini e donne coinvolti direttamente o indirettamente dai lavori dell’infrastruttura alla presentazione di opere collegate all’autostrada, come il Porto di Gioia Tauro; fino alle immagini di paesaggio fisico e culturale alla scoperta di un Meridione inedito, a volte intrinsecamente legato alle origini dei singoli autori.

Ne emerge un racconto antropologico in cui la monumentalità delle grandi opere diviene veicolo per sondare da una parte la trasformazione e l’emancipazione del panorama culturale delle regioni che attraversa, dall’altra l’integrazione e la valorizzazione dell’architettura paesaggistica.

A fare da contrappunto a questo racconto sul presente è una sezione dedicata a tre maestri della fotografia italiana con opere provenienti dalla Collezione di Fotografia del MAXXI Architettura e in particolare dal progetto di committenza Atlante Italiano 03. Sono gli scatti di Gabriele Basilico e Olivo Barbieri che descrivono lo stretto di Messina, ancora oggi di estrema attualità, e quelle di Mario Cresci che centra il suo lavoro sulla SS 106 Jonica, importante collegamento tra Reggio Calabria a Taranto, illustrata anni dopo anche dal fotografo Filippo Romano.

Sono parte integrante del percorso espositivo i disegni e le immagini provenienti dall’archivio Anas, esposto per la prima volta al pubblico: progetti, planimetrie e soprattutto fotografie degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, alcune realizzate dallo Studio Fotografico Vasari, che testimoniano i lavori infrastrutturali di un’epoca e del periodo che precede la costruzione dell’A3.

La mostra "Verso il Mediterraneo. Sezioni del paesaggio da Salerno a Reggio Calabria" è accompagnata da una pubblicazione edita da Planar Books con i testi dei curatori e di Stefano Boeri e Joseph Grima.

IL PROGETTO

Partendo da un lavoro fotografico sulla regione Calabria a cura di Antonio Ottomanelli – presentato per la prima volta all’interno della sezione Monditalia della XIV Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia e alla Triennale di Milano – la mostra è il risultato di una nuova campagna fotografica, che include anche un’attenta ricerca visiva sulla Campania e la Basilicata realizzata nel 2016, voluta dall’Osservatorio Internazionale sulle Grandi Opere, per restituire un ritratto ignoto e sensibile su una parte dell’Italia che l’immaginario corrente della cronaca giornalistica non racconta.

“La Salerno - Reggio Calabria - scrive Gianni Vittorio Armani - è un progetto unico nel suo genere, perché attraversa gli Appennini lucani e calabresi per oltre il 50% dell’intero percorso. La prevalenza lungo il tracciato di rilievi montuosi segnati dalle capillari fiumare e dalla forte instabilità idrogeologica dei suoli, che hanno sempre rappresentato un ostacolo all’infrastrutturazione, diventano un terreno di sfida per coniugare alta ingegneria e architettura al servizio del territorio. La scelta di Anas di promuovere il progetto della mostra nasce da una forte volontà di raccontare la complessa vicenda di questa Autostrada, attraverso lo sguardo di importanti fotografi che hanno restituito liberamente una visione nuova, e lontana dagli stereotipi, di questa grande opera e dei territori che attraversa”.

L’esposizione rientra nel programma delle attività legate all’apertura al traffico, da parte di Anas, dell’ultimo cantiere dell’autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria prevista per dicembre 2016.

  • Published in Cultura

"In arrivo forte scossa di terremoto in Calabria", la Protezione civile rassicura

 

"Durante l'edizione delle 14:30 del TGR Calabria di oggi, 3 novembre 2016, è andata in onda un'intervista ad un geologo durante la quale lo stesso professionista, disquisendo di un improbabile modello di previsione dei terremoti da lui stesso elaborato, forniva preoccupanti indicazioni circa un forte terremoto destinato ad interessare prossimamente il territorio calabrese con particolare riferimento alle aree geografiche della Sila e della Calabria meridionale.

Al riguardo si ritiene doveroso evidenziare che le suddette dichiarazioni, rilasciate evidentemente a titolo personale, risultano essere fondate su modelli non riconosciuti scientificamente e privi di qualsiasi validazione ufficiale da parte delle istituzioni competenti".

E' quanto afferma in un comunicato l'Unità operativa autonoma della Protezione civile regionale.

"Lo stato attuale delle conoscenze scientifiche - prosegue la nota - non consente, neanche nei paesi più avanzati nello studio dei terremoti quali il Giappone e gli USA, di formulare alcuna previsione dei terremoti individuando nella prevenzione l'unica forma di difesa possibile.

Si devono pertanto fortemente stigmatizzare tali dichiarazioni che hanno consentito il diffondersi di informazioni prive di alcuna validazione scientifica che rischiano di ingenerare ingiustificate preoccupazioni nell'opinione pubblica, in questi giorni già particolarmente scossa dalle drammatiche notizie che giungono dalle zone terremotate del centro Italia.

Al riguardo la U.O.A. Protezione Civile Regionale, nel prendere le dovute distanze dalle affermazioni in questione, ritiene indispensabile ribadire che pur essendo nota l'ubicazione delle faglie attive e recenti e quindi sapendo dove si potrebbero verificare eventi sismici, non è possibile invece fare alcuna previsione su quando queste ultime si attiveranno e quindi su quando e con quale intensità colpirà il prossimo terremoto.

I dati storici e geologico-strutturali indicano che la Calabria è una delle Regioni più esposte al rischio sismico dell'intera regione del Mediterraneo e pertanto la comunità scientifica è consapevole che in futuro – non si sa quando – si verificheranno sismi in Calabria.

Tali conoscenze tuttavia, più che alimentare paure irrazionali che inducono a dare credito a fantasiose teorie ammantate da inesistenti basi scientifiche, devono stimolarci ad adottare le giuste misure di prevenzione tra le quali sicuramente una adeguata ed efficace pianificazione dell'emergenza a scala comunale e l'adeguamento sismico degli edifici pubblici e privati".

  • Published in Cronaca
Subscribe to this RSS feed