La Cia dietro l'arresto di Nelson Mandela

Dietro l'arresto, nel 1962, di Nelson Mandela c'era la Cia. A rivelarlo, un ex agente dei servizi segreti statunitensi che si occupò in prima persona dell'operazione, "giustificata" in chiave anti-comunista e anti-sovietica. La rivelazione fatta dall'ex 007 Donald Rickard, è stata ripresa e pubblicata su diversi organi d'informazione. L'uomo era stato intervistato e registrato nei mesi scorsi, poco prima di morire all'età di 88 anni, dal regista inglese John Irvin, autore di un film, proiettato ieri in anteprima al festival di Cannes, sui giorni che precedettero l'arresto di Mandela. In seguito all'arresto, l'ex presidente sudafricano trascorse oltre trent'anni in carcere, prima di essere liberato e di ascendere al ruolo di capo dello Stato.

Terrorismo, la preoccupazione di Marco Minniti: “Una centrale internazionale decide dove colpire”

La prospettiva è di quelle che fanno tremare. Perché secondo quanto affermato oggi dal sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega ai Servizi segreti esisterebbe un esercito multietnico nel cuore dell’Europa pronto a mietere nuove e innumerevoli vittime. “I foreign fighters – ha spiegato Marco Minniti nel corso del summit del Gruppo per il Mediterraneo e il Medioriente della Nato - sono la più straordinaria e consistente legione straniera dell'epoca moderna, giungono da cento Paesi diversi, lasciano le proprie case e vanno a combattere in Siria e in Iraq. Poi si sganciano. E diventano terroristi”. Questi soggetti si spostano dall’Europa per raggiungere le aree in guerra, dove ricevono un addestramento terroristico. Poi tornano nel mondo occidentale e sferrano gli attacchi. “Siamo a un passaggio cruciale – ha precisato l’esponente del PD - un salto di qualità che faremmo un grave errore a non vedere: ci siamo trovati di fronte a movenze, cadenze e organizzazione di un tipico attacco militare nel cuore profondo dell'Europa. Per un periodo limitato di tempo, c'è stato il tentativo di prendere il controllo militare di una capitale europea”. Ma il peggio è nelle parole successive. “La cosa più preoccupante - ha infatti confessato Minniti - è che c'è la probabilità che questi attacchi possano essere coordinati dalla centrale di Islam state, ovvero c'è la possibilità che ci sia un centro internazionale che può decidere dove e quando colpire”. Quindi ci sarebbe un’organizzazione mondiale con una testa che pensa e decide dove seminare la morte e a cui è urgente opporsi con tutte le forze. “Serve una strategia – ha rilevato al proposito il sottosegretario - che tenga insieme quattro pilastri. Primo: prevenzione e attività di intelligence. Secondo: lotta senza quartiere ai canali di finanziamento di Islam state. In questo caso pecunia olet, quei soldi puzzano orrendamente, costano il sangue dei nostri fratelli. Terzo: la campagna militare, l'iniziativa militare e tuttavia insieme a questa ci deve essere la capacità diplomatica, guai a noi tenerle separate. Queste cose si devono fare tutte e quattro insieme". Infine una scelta chiara: “la comunità internazionale deve saper dimostrare che, di fronte alla sfida del terrorismo, sa parlare al cuore dei popoli. L'Is si è rafforzato con la guerra civile in Siria. Chi l'ha causata, prima o poi se ne deve andare, e in ogni caso non può rappresentare la Siria. Mi riferisco ad Assad".

  • Published in Politica
Subscribe to this RSS feed