Usura ai danni di un imprenditore: un arresto, denunciato commerciante

Usura ai danni di un imprenditore: è per questa ragione che i Carabinieri hanno tratto in arresto un 59enne e denunciato un commerciante. L'inchiesta ha preso le mosse in seguito a quanto riferito dalla vittima che, rivolgendosi ai militari dell'Arma di Isola Capo Rizzuto, ha rivelato i dettagli della vicenda. Fattosi prestare la somma di 50 mila euro da un commerciante, ha dovuto firmare una simulazione di intesa contrattuale di servizi che prevedeva il pagamento, su base annuale, di 120 mila euro. Intercettando le conversazioni al telefono, gli investigatori si sono resi conti che all'imprenditore erano stati applicati tassi usurai ed i responsabili sarebbero stati sia il commerciante che l'uomo finito in manette, F.P., il quale gli aveva prestato, in due circostanze, una cifra complessiva di 20 mila euro con un tasso mensile pari al 22%.  

    

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Operazione "Acero Bis": si è costituito il commerciante ricercato

Si è costituito il commerciante di 53 anni coinvolto nell'inchiesta portata avanti dai Carabinieri e sfociata in 34 arresti eseguiti il 10 marzo. Domenico Antonio Jerinò, residente a Gioiosa Jonica, in provincia di Reggio Calabria, è sospettato del reato di usura. Diversi soggetti finiti in manette nel contesto dell'indagine denominata "Typographic-Acero Bis"  sono ritenuti appartenenti alla locale di 'ndrangheta di Gioiosa. Sono accusati, a vario titolo,  di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, esercizio abusivo del credito, usura, condotte illecite aggravate, secondo gli investigatori, dal metodo mafioso. Ai militari dell'Arma, che lo ricercavano dal 2 aprile, Jerinò ha spiegato che era lontano da casa per ragioni legate alla sua attività lavorativa. 

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La testimonianza di Pino Masciari al convegno nazionale "Contro tutte le usure"

È previsto per martedì alle 15 il convegno “Contro tutte le usure”, organizzato da Confedercontribuenti e Anvu-Confedercontribuenti. Nella Sala Regina della Camera dei deputati avrà luogo un ampio dibattito al quale, fra gli altri, prenderanno parte il procuratore generale della Repubblica di Roma Cesare Salvi, il commissario nazionale per le misure Antiracket e Antiusura Santi Giuffrè, il prefetto di Roma Franco Gabrielli, l’onorevole Luisella Albanella, il presidente regionale della Commissione Antimafia della Sicilia Nello Musumeci, il direttore centrale Polizia criminale Antonino Cufalo, l’assessore del Comune di Catania Rosario D’Agata. Punti salienti saranno le testimonianze di chi ha dovuto fare i conti con la forza soverchiante della  ‘ndrangheta: in particolare l’imprenditore serrese Pino Masciari racconterà le vicende che lo hanno visto coinvolto. Ad aprire i lavori, che saranno moderati dalla giornalista Francesca Capizzi, sarà il presidente nazionale Carmelo Finocchiaro. Quest’ultima, insieme alla coordinatrice nazionale confedercontribuenti-anvu Franca Decandia, assegnerà il premio “Polizia amica” alla presenza del questore di Catania Marcello Cardona per i successi e l’impegno della relativa Squadra mobile. Le conclusioni saranno affidate al viceministro Filippo Bubbico.

Ex direttore di una banca di Vibo assolto dall'accusa di usura

E' stato assolto "per non aver commesso il fatto" un ex direttore della Banca Antonveneta di Vibo Valentia al quale in primo grado nel 2011 i magistrati avevano inflitto una condanna, accompagnata dalla sospensione della pena ad un anno di reclusione. Ad emettere il verdetto sono stati i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Maria Vittoria Marchianò, consiglieri Gianfranco Grillone e Ippolita Ruzzo). La decisione risale al 26 novembre dello scorso anno ed è stata depositata il 25 gennaio. Rosario Alfredo Donato era accusato di aver attuato tassi d'usura nei confronti di diversi clienti della filiale. Il ricorso in Appello lo ha premiato con l'esclusione di qualsiasi responsabilità. 

 

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Operazione “Turpe lucrum”, sequestrati beni per circa 11 milioni ad un presunto usuraio

La Guardia di Finanza ha appena eseguito una complessa ordinanza di sequestro di numerosi beni appartenenti a ad un presunto usuraio. Il provvedimento, adottato ex art. 12 sexies della legge 356/92, è stato emesso dall’ufficio Gip del Tribunale di Lamezia Terme, su conforme richiesta della Procura della Repubblica alla sede, articolata sulla base delle informative del Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme. La misura patrimoniale è stata attuata nei confronti di un imprenditore lametino, la cui notevole e rapida ascesa economica e finanziaria ha insospettito le “Fiamme gialle”, poichè l’elevato tenore di vita mantenuto e le importanti e recenti acquisizioni immobiliari effettuate dallo stesso non trovavano riscontro adeguato nella redditività lecita dichiarata negli ultimi 15 anni. Il provvedimento cautelare reale appena eseguito costituisce un ulteriore sviluppo - attuato questa volta sul piano patrimoniale dalla Guardia di Finanza - delle indagini di Polizia giudiziaria che avevano già portato alla notifica, nei confronti del medesimo imprenditore, di un avviso di garanzia e di conclusione delle indagini preliminari, a vario titolo, per usura e altri illeciti connessi. In particolare, erano stati acquisiti elementi probatori sulla base dei quali la Procura della Repubblica di Lamezia Terme ha ravvisato, nei confronti dell’indagato, la sussistenza delle ipotesi di reato di usura ed esercizio abusivo del credito a danno di tre vittime, le quali, a fronte di prestiti in denaro erogati dall’indagato, avrebbero corrisposto a quest’ultimo interessi variabili dal 51,58% al 93,31% annuo. Concluse le attività investigative finalizzate ad accertare le condotte illecite dell’indagato, i finanzieri hanno concentrato l’attenzione verso il notevole patrimonio sospetto, accumulato in breve tempo dall’imprenditore, per verificare se lo stesso rappresentasse il normale frutto dei redditi derivanti dalle attività aziendali svolte ovvero il provento derivante da attività illecite. In proposito, gli accertamenti patrimoniali e reddituali delle Fiamme gialle, coordinate dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, sono riusciti a dimostrare che i beni, per i quali l’Autorità giudiziaria ha ora disposto il sequestro, sono di valore sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati dall’imprenditore. Le indagini, durate circa un anno, sono peraltro risultate particolarmente complesse, in quanto hanno riguardato, oltre alla posizione dell’indagato, anche quella del suo nucleo familiare, della sua famiglia d’origine, di altri soggetti collegati e di 13 aziende avviate dall’indagato sotto forma di società di persone, società di capitali e ditte individuali. Nel corso delle indagini, le Fiamme gialle lametine hanno quindi approfondito decine di migliaia di movimentazioni finanziarie effettuate su oltre 100 conti correnti e depositi bancari ed hanno dovuto rapportare i flussi economici registrati in un periodo temporale di circa 15 anni con le dichiarazioni reddituali non solo dell’indagato, ma anche delle aziende e delle persone fisiche comunque collegate allo stesso imprenditore, nonchè con la documentazione contabile delle società a lui riconducibili o partecipate di diritto o di fatto. Inoltre, nel contesto, i finanzieri hanno dovuto ricostruire compiutamente una fitta rete di atti relativi a compravendite e trasferimenti di proprietà di terreni, fabbricati e quote societarie. Nel corso delle investigazioni, è stata anche segnalata l’intestazione fittizia di alcuni beni riconducibili all’indagato ad un “prestanome”, il quale si è conseguentemente visto recapitare un avviso di garanzia per la violazione dell’art. 12 quinquies della legge 356/92, per intestazione fittizia di beni dalle indagini, infatti, è emerso che questo soggetto - apparentemente “terzo” - ha avviato un’attività commerciale - sopportandone le ingenti spese - in un periodo in cui il medesimo non poteva avere affatto disponibilità finanziarie tali da poter compiere gli investimenti accertati e che le necessarie provviste, di fatto, erano state fornite dall’indagato principale. Anche i beni fittiziamente intestati al prestanome sono ovviamente rientrati tra quelli per i quali è stato disposto ed eseguito il sequestro. Le indagini dei finanzieri hanno comunque consentito di fornire alla magistratura adeguati elementi di prova per disporre il sequestro dei patrimoni rivelatisi di origine illecita o ingiustificati nel loro possesso, il cui valore si attesta in circa 11 milioni di euro. La misura ablatoria reale ha riguardato, nello specifico:

1. quattro lussuose ville ubicate a Lamezia Terme e dintorni;

2. un complesso alberghiero;

3. due gioiellerie;

4. un ristorante;

5. sette ulteriori notevoli fabbricati (fra appartamenti e magazzini);

6. tredici grossi appezzamenti di terreno, quasi tutti edificabili;

7. tredici aziende, con tutto il loro patrimonio, di altrettante

società operanti, fra l’altro, nel settore immobiliare e

dell’edilizia;

8. autovetture, anche di lusso;

9. disponibilità finanziarie.

L’operazione odierna rientra in un più vasto dispositivo di contrasto alla criminalità economico-finanziaria, coordinato dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, attraverso il quale si tende, oltre che ad accertare i vari gravi reati commessi, soprattutto a privare gli autori dei crimini di ogni provento illecito indebitamente conseguito, molte volte, a prezzo di gravi delitti, nonchè a ripristinare il corretto andamento della concorrenza, dei mercati e dell’accesso al credito.

Commerciante nelle grinfie dell'usura nel Vibonese: condannati 6 imputati

Sono stati condannati in sei perché ritenuti responsabili delle estorsioni e dell'usura di cui è rimasto vittima un commerciante che vende capi d'abbigliamento e gioielli che successivamente ha collaborato con i magistrati. E' questo il verdetto emesso al culmine del processo celebrato con rito abbreviato e nato dall'operazione "Insomnia". Condotte illecite che sono state commesse a Reggio Calabria e  Vibo Valentia. Giuseppe Perri, giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catanzaro,  ha disposto le seguenti pene: 6 anni a Gaetano Antonio Cannatà; 5 anni a Salvatore Furlano; 4 anni ciascuno a Francesco Cannatà e Giovanni Franzè; 3 anni e 4 mesi a Damiano Padra; 3 anni ad Alessandro Marando. A carico di Gaetano Antonio Cannatà è stata riconosciuta l'aggravante del metodo mafioso. Sia il commerciante vessato, rappresentato in aula dall'avvocato Michele Gigliotti, che  la fondazione antiusura "Interesse Uomo", tutelata dal'avvocato Josè Toscano, si sono costituiti parte civile. 

 

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Imprenditore del Vibonese vittima di estorsione ed usura: a processo 6 imputati

Il giudice delle indagini preliminari, accogliendo l'istanza formulata da Camillo Favo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha disposto che cinque persone siano processate per estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso ai danni di un imprenditore edile della provincia di Vibo Valentia. Sul banco degli imputati siederanno Guglielmo Ciurleo, 54enne di Filogaso; Francesco Cracolici, 40enne di Maierato; Paolo D'Elia, 87 anni, originario di Seminara, in provincia di Reggio Calabria, da cui si è allontanato spostandosi a Vibo per non incappare nelle fatali conseguenze di una guerra fra clan; Franco Teti, 39 anni ed il fratello 64enne Vincenzo, di Filogaso. Ad essi si aggiunge Antonio Muscimarro, 67enne di Curinga, parte offesa e per il quale è ipotizzato il favoreggiamento. Le indagini condotte dagli agenti della Squadra Mobile vibonese arrivarono ad una svolta nel dicembre di due anni fa. Sulla scorta di quanto emerso in sede investigativa, l'imprenditore avrebbe ricevuto a tassi d'usura una somma in prestito pari ar 30mila euro. 

 

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Estorsione ed usura: 75enne finisce in carcere

Un uomo di 75 anni sottoposto in passato al regime della sorveglianza speciale è stato tratto in arresto dai Carabinieri della Stazione di Rende. Il provvedimento è stato emesso dalla Procura Generale della Corte d'Appello di Catanzaro. B. E. dovrà scontare una pena residua di 2 anni, 10 mesi e 28 giorni di reclusione. La condanna gli era stata inflitta perché giudicato responsabile dei reati di estorsione ed usura, che ha commesso fino al mese di maggio di otto anni fa Cosenza. Espletate le formalità di rito, è stato accompagnato presso il carcere di via Popilia, a Cosenza.

 

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