‘Ndrangheta e sanità in Calabria, consigliere regionale finisce ai domiciliari

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Scio, sotto il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito, con il supporto dei colleghi di Milano, Verona, Livorno e Roma, un’ordinanza di misura cautelare emessa dal gip del Tribunale reggino, su richiesta della locale Procura della Repubblica, con la quale sono stati disposti provvedimenti cautelari nei confronti di 17 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa – finalizzata alla turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione, frode nelle pubbliche forniture, estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Nove dei destinatari della misura sono finiti in carcere, mentre, per altri sette sono scattati i domiciliari. Un’altra persona è stata, invece, sospesa dall’esercizio del pubblico ufficio.

Tra gli arrestati ai domiciliari, con l’accusa di corruzione, figura anche Nicola Paris, eletto in consiglio regionale nel 2020 nella lista dell’Udc con 6.358 voti.

Contestualmente, le fiamme gialle hanno eseguito un decreto di sequestro dell’intero patrimonio aziendale di 5 persone giuridiche, per un valore stimato di oltre 12 milioni di euro.

L’operazione, denominata “Inter Nos”, costituisce l’epilogo di un’indagine che ha permesso di accertare che i servizi di pulizia e sanificazione delle strutture amministrative e sanitarie ricadenti nella competenza territoriale dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria sarebbero stati affidati - senza alcuna procedura di evidenza pubblica- a società, i cui membri, sarebbero legati a varie consorterie criminali operanti  nel territorio della provincia di Reggio Calabria.

Inoltre, durante le investigazioni sarebbero stati cristallizzati episodi di corruzione.

Infine, per gli investigatori, alcuni degli indagati, in piena crisi pandemica, si sarebbero appropriati dei dispositivi di protezione individuale anti-Covid-19, sottraendoli anche al personale sanitario impegnato in occasione dell’emergenza  e si  sarebbero indebitamente sottoposti a vaccinazione (prevista, all’epoca dei fatti, solo per determinate categorie).

Infine, sarebbero state acclarate condotte estorsive poste in essere da alcuni indagati, i quali avrebbero preteso da alcuni dipendenti la restituzione di una parte dello stipendio.

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