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"Lorsignori" mangiano e la Calabria affonda

"E' quasi surreale dovere constatare che, al continuo perpetrarsi di truffe e raggiri per ottenere illeciti finanziamenti, corrisponda, per converso, l’incapacità, specialmente nelle regioni del Sud, di spendere i ricchi stanziamenti europei per legittimi progetti di sviluppo. In tale contesto, peraltro, non meraviglia, ma è triste che l'Italia sia primatista delle frodi comunitarie, con in testa Calabria e Sicilia". E' questo, uno dei passaggi salienti contenuto della relazione del Presidente della Sezione giurisdizionale per la Calabria della Corte dei Conti, Mario Condemi che, nel corso dell'apertura dell'anno giudiziario 2015, tenutasi, ieri, a Catanzaro, ha evidenziato quanto sia "doloroso riscontrare che la violazione della legalità ha assunto, in misura ormai molto preoccupante, una delle peggiori e più deleterie delle sue manifestazioni: la corruzione, rilevata essersi estesa in moltissimi settori di attività, dove pubblico e privato incrociano e condividono interessi ormai di natura criminale". “La corruzione – ha aggiunto Condemi -  è “costituita anche da ogni indebita e volontaria alterazione profittatoria di regole generali giuridiche e comportamentali, che si manifesta, quasi sempre, come degenerazione spirituale e morale, depravazione, totale abbandono della dignità e dell'onestà, con compromissione, inquinamento e ammorbamento di basilari principi del vivere civile". Sembra, poi, riecheggiare il Corrado Alvaro della “disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”, il passaggio in cui, il presidente della Corte dei Conti ha evidenziato la presenza di un “panorama desolante”  dove “l’onestà, la correttezza, l'affidamento, l'osservanza delle norme non trovano più posto”. E’ un quadro a tinte fosche quello tratteggiato dal magistrato che ha ribadito, più volte, quanto in Calabria, “la corruzione” abbia, ormai, “assunto configurazione di ‘sistema’”, causa di “tanti danni” “alle pubbliche finanze”. La “matrice” della corruzione, per Condemi, trova origine “nel patologico istinto egoistico dell'esclusivo interesse personale o di gruppo”. Tuttavia, a favorire la proliferazione del fenomeno è la presenza di “contesti normativi ed amministrativi fragili, contraddittori e incerti, tra le cui maglie possono trovare facile appiglio ambiguità interpretative per illeciti comportamenti, ritardi e/o accelerazioni di procedimenti, con l'ausilio di una burocrazia che si sente legittimata e protetta certamente da imperfette disposizioni e/o superfetazioni normative”. Complice della politica sarebbe, quindi, la burocrazia “anch'essa egoisticamente e supinamente abbarbicata in quella mai o poco rimossa inefficienza, a volte oggettiva, a volte volutamente prodotta, grazie alla quale spesso, è agevole inserire il proprio agire nel perimetro di malaffare, la cosiddetta zona grigia, pur senza attivamente concorrervi, nel cui ambito, con sorniona e autogiustificata acquiescenza-collusione, ritenuta fallacemente di ineluttabilità ambientale, non si disdegna di accettare illecite dazioni per attività spesso dovute e/o per evasione di affari poco chiari”. Un quadro cupo che, qualora c’è ne fosse stato bisogno, ha confermato, ancora una volta, la presenza di numerose “corporazioni” dedite al malaffare che, con il loro egoismo, tengono inchiodata la Calabria al suo atavico sottosviluppo. 


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