Enza Bruno Bossio (Pd): "Dopo la sentenza del CdS riaprire subito ospedale di Praia a Mare"

Riceviamo e pubblichiamo

"Il Consiglio di Stato ha definitivamente annullato il decreto con il quale il commissario Scura ha chiuso l'ospedale di Praia a Mare.

Il Consiglio di Stato con l'odierna sentenza ha disposto invece la nomina di un commissario ad acta per la riapertura del nosocomio di Praia a mare a partire dall'immediata attivazione del Pronto Soccorso e progressivamente di tutti gli altri servizi previsti.

Sarebbe auspicabile ora non una burocratica attuazione di questa sentenza ma una risoluta azione amministrativa.

Mi auguro che si pervenga rapidamente alla revisione degli atti di programmazione dell'attuale rete ospedaliera regionale.

Il Commissario Scura  prenda atto della bocciatura e recepisca tempestivamente il dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato e metta in condizione l'Azienda sanitaria provinciale, di adempiere alle necessarie e coerenti iniziative di propria competenza.

Ogni tentativo dilatorio si prefigurerebbe come dolosa omissione.

Anche per questo come parlamentari del Pd calabrese ci rivolgeremo al Ministero della Salute affinché venga esercitata una efficace ed adeguata azione di vigilanza istituzionale.

L'urgenza del l'attuazione della sentenza è dettata dal fatto che la chiusura dell'ospedale ha privato le popolazioni di una vasta aerea territoriale della fascia tirrenica calabrese dei servizi sanitari essenziali.

Infatti l'ospedale non è stato sostituito nè da una casa della salute, nè da altri servizi capaci di garantire gli interventi di cura primari ed emergenziali.

La chiusura dell'ospedale di Praia a mare ha negato i LEA, ha contribuito all'aumento della mobilità Sanitaria passiva e ad aggravare la spesa a carico delle casse regionali".

On. Vincenza Bruno Bossio - IX Commissione - Trasporti, Poste e Telecomunicazioni - Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie

 

 

Il Consiglio di Stato boccia le nozze gay

“La diversità uomo-donna è la connotazione ontologica del matrimonio, per cui in Italia le nozze tra persone dello stesso sesso non sono previste e, se avvenute all' estero, le trascrizioni nei registri comunali devono essere considerate illegittime”. Queste le motivazioni alla base della sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del Tar annullando il registro istituito dal Comune di Roma per la trascrizione delle nozze gay celebrate all’estero. I giudici di palazzo Spada hanno indicato “la diversità di sesso dei nubendi quale prima condizione di validità e di efficacia del matrimonio […] in coerenza con la concezione del matrimonio afferente alla millenaria tradizione giuridica e culturale dell'istituto, oltre che all'ordine naturale costantemente inteso e tradotto nel diritto positivo come legittimante la sola unione coniugale tra un uomo e una donna”. In altri termini, secondo i giudici del Consiglio di Stato, il matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso è “sprovvisto di un elemento essenziale (nella specie la diversità di sesso dei nubendi) ai fini della sua idoneità a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento»”. L'atto, quindi, non è da ritenersi “nullo, bensì “inesistente”, dal momento che manca “di un elemento essenziale della sua stessa giuridica esistenza”. Pertanto, “il matrimonio omosessuale deve intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate proprio in quanto privo dell'indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell'atto di matrimonio”. La sentenza ha, inoltre, riconosciuto, la legittimità della decisione del prefetto di Roma di annullare le trascrizioni delle unioni omosessuali all'estero disposte dal sindaco Ignazio Marino. Il Tar aveva negato al prefetto questo potere, “reputando la relativa potestà riservata in via esclusiva al giudice ordinario”. Il Consiglio di Stato nel ribaltare la decisione ha evidenziato che il “potere di annullamento gerarchico d'ufficio da parte del prefetto degli atti illegittimi adottati dal sindaco, nella qualità di ufficiale di governo, senza il quale, peraltro, il loro scopo evidente, agevolmente identificabile nell'attribuzione al prefetto di tutti i poteri idonei ad assicurare la corretta gestione della funzione in questione, resterebbe vanificato. […] se si negasse al prefetto la potestà in questione – prosegue la sentenza- la sua posizione di sovraordinazione rispetto al sindaco (allorchè agisce come ufficiale di governo), in quanto chiaramente funzionale a garantire l'osservanza delle direttive impartite dal ministro dell'interno ai sindaci e, in definitiva, ad impedire disfunzioni o irregolarità nell'amministrazione dei registri di stato civile, rimarrebbe inammissibilmente sprovvista di contenuti adeguati al raggiungimento di quel fine”.

Decisione del Consiglio di Stato: Mannarino rimane presidente di Fincalabra

L'ordinanza numero 3442 emessa dal Consiglio di Stato ha recepito favorevolmente l'istanza presentata da Luca Mannarino avverso il provvedimento che ne determinava l'allontanamento dalla presidenza del Consiglio di Amministrazione di Fincalabra. I giudici hanno quindi rigettato la richiesta espressa dalla Regione Calabria. I togati hanno ritenuto insussistenti gli elementi a fondamento del provvedimento rimettendo alla Corte Costituzionale la scelta relativa agli eventuali profili di illegittimità costituzionale che sarebbero in capo all'affidamento della carica a Mannarino. 

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