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PD Vibo: "Situazione dipendenti Provincia una polveriera sociale"

"Lo scorso venerdì 20 febbraio, presso la Federazione di Vibo Valentia, si è riunita la Segreteria Provinciale del Partito Democratico per discutere della drammatica situazione che stanno vivendo  da mesi i dipendenti della Provincia di Vibo Valentia, e di come tutta la situazione influisca in modo pesante e negativo su tutto l’assetto economico e sociale provinciale. Dalla riunione è emersa la totale solidarietà e vicinanza ai dipendenti,  i quali non percepiscono lo stipendio da mesi e vivono ormai in uno stato di perenne agitazione". Questa la premessa di un comunicato stampa nel quale il PD Vibonese, nell'esprimere  solidarieta' ai lavoratori, avanza alcune proposte con le quali cercare di fronteggiare l'emergenza. In particolare, si legge nella nota" Il consigliere provinciale e membro della Segreteria Vitaliano Papillo, ha illustrato la situazione e sottolineato come “ dopo alcuni incontri avuti in queste settimane si sono prospettate delle possibili soluzioni. Una di queste è quella di ricorrere ai due dodicesimi maturati dei fondi, 29 milioni di euro, spettanti agli enti intermedi per il personale da parte della regione (Legge regionale 34 del 12/8/2002). Questo acconsentirebbe di tamponare la questione, permettendo di reperire le risorse necessarie a coprire tutte e quattro le mensilità arretrate dovute ai dipendenti”. E’ stata sottolineata però, da parte i tutti i componenti della Segreteria, la necessità di trovare  una soluzione a lungo termine per evitare che tra qualche mese la situazione si riproponga. “Il mancato pagamento delle mensilità – ha sottolineato Giuseppe Pellegrino-  non riguarda solo i dipendenti ma anche tutte le aziende, ditte,  privati che in questi anni hanno lavorato per l’ente e questo significa che la situazione è ormai una vera e propria polveriera sociale pronta a scoppiare”.Dalla riunione è emersa quindi l’urgenza di  farsi carico, come Partito Democratico, di questa emergenza  e di interessare inoltre, e nel più breve tempo possibile, tutta la delegazione parlamentare Calabrese affinché porti la questione Provincia di Vibo Valentia al tavolo del Governo in quanto una situazione straordinaria richiede, ad avviso dei membri della segreteria, una via e una soluzione straordinaria". 

Estorsione e truffa all'anziano, Michele Gamo non risponde davanti al giudice

Si è avvalso della facoltà di non rispondere, Michele Gamo, il 49enne di Serra San Bruno, destinatario nei giorni scorsi di una misura cautelare agli arresti domiciliari con l’accusa di estorsione e truffa nei confronti di un anziano del luogo. Durante l'interrogatorio di garanzia innanzi al Gip di Vibo Valentia, ha scelto la strada del silenzio. Il difensore, Giacinto Inzillo, tuttavia, starebbe valutando l’ipotesi di presentare un ricorso al Tribunale della libertà per ottenere la revoca della misura cautelare. Questi i fatti. Nei primi del mese di ottobre 2014, a seguito di una denuncia-querela per truffa ed estorsione, presentata da un anziano pensionato residente nel comune di Serra San Bruno, la Compagnia dei carabinieri, guidata dal capitano Stefano Esposito Vangone, ha avviato un’ attività di indagine che ha visto indagato e successivamente arrestato ai domiciliari, Michele Gamo, di 49 anni, residente a Serra San Bruno, disoccupato e con precedenti di polizia. Le indagini sono state coordinate  e dirette dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia. L’anziano disperato, secondo quanto dichiarato dai carabinieri, si era rivolto agli uomini della Benemerita in preda ad una crisi depressiva, trovando conforto, ascolto e fiducia nei militari a cui aveva rappresentato la propria  situazione di estrema indigenza e assoggettamento psicologico ingenerata dal Michele Gamo. Quest’ultimo, con minacce, promesse, raggiri e insidiose telefonate, lo avrebbe, infatti, indotto a cedere alle sue richieste facendo sprofondare la vittima in uno stato di totale degrado psicofisico e disagio patrimoniale. Le  cessioni di denaro, per decine di migliaia di euro sarebbero già avvenute in passato, in un rodato meccanismo di calcolo e coazione. L’arrestato, infatti, avrebbe fatto credere che la dazione del denaro sarebbe servita a placare gli animi e le intenzioni di rappresaglia di taluni, indispettiti da estirpazioni di piante demaniali operate dalla vittima durante alcune passeggiate nei boschi.  Le attività  dei carabinieri avrebbero accertato sia la continua truffa nei confronti del vegliardo, sia le minacce a lui rivolte che, sovente molto gravi, incutevano uno stato d’ansia tale da determinarne il ricovero del malcapitato presso l’Ospedale di Serra San Bruno, ove era stata diagnosticato un principio di ischemia cerebrale, dovuto proprio al continuo stress psico-fisico. Anche durante la degenza in ospedale sarebbero state recapitate minacce in vario modo. Nelle telefonate minatorie l’indagato sarebbe arrivato persino a simulare la voce di donna, che prometteva all’anziano un rapporto “sentimentale” in cambio di soldi.  

'Ndrangheta: Pantaleone Mancuso a Rebibbia

Espletate tutte le procedure per ottenere l’estradizione, è arrivato questa mattina a Roma, proveniente da Buenos Aires, Pantaleone Mancuso, 53 anni, detto Zio Luni "L'ingegnere", esponente di spicco dei Mancuso, la cosca di Limbadi ritenuta dagli organi investigativi una delle più potenti della Calabria. Ricercato con l’accusa di duplice tentato omicidio e associazione mafiosa, il presunto boss era stato catturato lo scorso agosto a Puerto Iguazù, mentre, con un passaporto falso e cento mila euro in contanti, stava cercando di oltrepassare il confine con il Brasile a bordo di un pullman. Mancuso è arrivato in Italia, accompagnato dai funzionari dell’Interpol,  con le manette ai polsi ed un giaccone lungo indossato sopra una tuta di colore azzurro. Effetuato il foto segnalamento e la notifica dell'arresto, dagli uffici della Polizia Giudiziaria dell'aeroporto Leonardo da Vinci, a bordo di un cellulare della Polizia Penitenziaria, il presunto boss è stato tradotto nel carcere romano di Rebibbia.

Febbre suina: morto un 73enne lametino

H1N1 è questa la sigla con la quale viene indicata la nuova epidemia: "la febbre suina". Sono 4 i casi d'influenza suina registrati in Calabria in poche settimane ma, secondo l'Organizazione Mondiale della Sanità, il virus è di moderata potenza, nonostante sia di facile trasmissione, quindi nessun allarme sanitario, almeno per il momento. Intanto è di ieri la notizia della morte di un 73enne lametino colpito dall'epidemia ma, a quanto pare, l'uomo soffriva di gravi difficoltà respiratorie ed era cardiopatico. Oltre al caso lametino, sempre in Calabria, sono stati registrati altri tre casi del medesimo virus: un uomo di placanica di 36 anni, una 45enne badolatese e un 60enne di Feroleto Antico. Tutti e tre i pazienti contagiati sono stati trasferiti all'Ismett di Palermo, nosocomio specializzato in malattie infettive.

Secondo il parere di alcuni veterinari, il contagio dei quattro pazienti non è correlabile con un infezione animale, altrimenti l'allarme sanitario nazionale sarebbe stato inevitabile. L'ultimo provvedimento in tal senso è stato preso dalla Polizia Veterinaria nei comuni di Davoli, Gagliato, Petrizzi, San Sostene, Satriano e Soverato, a seguito della scoperta di alcuni capi infetti nel mese di Dicembre.

Il contagio può avvenire con un semplice starnuto o addirittura con una banale stretta di mano, a dimostrazione di come la diffusione ormai sia soltanto tra essere umani e non più attraverso animali. I sintomi sono simili a quelli di una classica influenza, per poi degenerare in casi di pazienti già gravemente ammalati.

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