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Basta chiacchiere: la Giunta Falcomatà "scorti" con i fatti il coraggio di Angela Marcianò

E' il momento della verità: le chiacchiere stanno a zero. La gravissima intimidazione subita dall'assessore Angela Marcianò segna il definitivo punto di non ritorno per l'Amministrazione Falcomatà e per l'intera classe politica reggina. Un onere di responsabilità naturalmente distribuito in maniera direttamente proporzionale alle differenze dei ruoli assunti da ciascuno. La notte a cavallo tra sabato e domenica rappresenta il giro di boa e, per quanto possa apparire cinico, il momento più propizio per dimostrare finalmente all'intera città che la "Svolta" non è un banale slogan distante anni luce dalla buia quotidianità di Reggio Calabria, ma il punto di riferimento ideale per imprimere la sterzata necessaria ad un cammino fin qui sotto tono nei comportamenti, sopra le righe sul piano della comunicazione senza sostanza. Tra tutte le parole che hanno inondato nelle ultime ore le redazioni delle testate giornalistiche, le uniche che meritano di essere prese in considerazione sono quelle pronunciate dalla stessa Marcianò. La giovane giuslavorista, esterna alle dinamiche di Palazzo e per questo ancora più lontana dai consolidati equilibri che affossano qualsiasi speranza di riscatto, pur determinata a non modificare di una virgola il suo approccio alla conduzione di un assessorato di difficile gestione, ha confessato con umana sincerità di essere scossa per quanto accaduto. Contrariamente alla retorica ridondante e drammaticamente pericolosa distribuita a piene mani dai "professionisti della solidarietà e della vicinanza", l'esponente della Giunta Falcomatà ha fatto emergere lo smarrimento di una professionista prestata alla gestione della "cosa pubblica" di fronte ad un'azione criminale, come quella dell'incendio di un'automobile, che ha un unico fine: avvertire che lo status quo, di interessi illeciti, e rendite di posizione, non deve essere minacciato né messo in discussione. E' qui ed ora che i nodi devono essere sciolti. Il bivio è davanti agli occhi: da una parte la forma della pigra esternazione, dall'altra la pesantissima sostanza di atti e comportamenti. Dalla strada che sceglierà di intraprendere il sindaco discenderà, con un effetto a cascata, il corso degli eventi. Se la fermezza, parola talmente abusata da aver abbondantemente superato i confini della farsa, rimanesse lettera morta, buona solo per conferire una patina di autorevolezza a pietosi comunicati stampa, la capitolazione è già scritta. L'alternativa c'è ed è visibile con nitidezza: Angela Marcianò non solo deve godere della fiducia, massima ed incondizionata, da parte di sindaco e Giunta, ma merita, per quello che da ora in avanti rappresenterà, di essere "scortata" come la punta di diamante volta a smantellare sacche di resistenza e grumi di potere. L'intera squadra di governo della città ha l'obbligo, politico e morale, di fare da scudo all'operato quotidiano dell'assessore ai Lavori Pubblici. "Non un passo indietro" è stato detto e scritto da Falcomatà nelle ore immediatamente successive. Ci si limitasse a questo, la sconfitta di fronte alla dilagante barbarie sarebbe l'esito più scontato di una guerra non combattuta. Dieci, cento, mille passi avanti sono, al contrario, quelli che dovranno compiere i rappresentanti dell'Amministrazione per acquisire la credibilità necessaria per costituire, essi stessi, un baluardo insormontabile per banditi troppo spesso liquidati con le armi spuntate delle frasi di circostanza. La bandiera della legalità non si agita a mani nude e con i palmi insozzati dall'ignavia ipocrita. Per agitare quel vessillo con forza è indispensabile essere alimentati dal fuoco del coraggio, un fuoco uguale e contrario a quello che ha distrutto l'automobile di Angela Marciano, un fuoco che incenerisca la paura e faccia terra bruciata delle distese di infame malaffare coltivate anche sfruttando il concime di ciance sterili ed insignificanti. 

Nella sua abitazione i Carabinieri scoprono 20 dosi di hashish: 26enne in manette

I Carabinieri dell’Aliquota Radiomobile hanno tratto in arresto un 26enne per il reato di detenzione ai fini di spaccio di  sostanza stupefacente poiché, nel corso di una perquisizione personale e domiciliare, è stato trovato in possesso di circa 15 grammi di hashish, frazionata e confezionata in 20 dosi, un bilancino elettronico di precisione funzionante e 4.125 euro ritenuti provento dell’illecita attività di spaccio. B.A., marocchino di 26 anni  domiciliato a Reggio Calabria, è stato sottoposto agli arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria in attesa rito direttissimo.

Bella senz'anima: lo sguardo spento di Reggio su un futuro senza luce

Non scorre più il sangue nelle vene della città ed il tempo pare sospeso nell'attesa della formale constatazione del decesso. Fu definita "dolente" Reggio, in un'epoca neanche troppo lontana e nemmeno troppo diversa da questa in cui è tristemente indolente. Un'inedia collettiva la pesta senza suscitare alcuna reazione collettiva. Il cuore della comunità non batte più all'unisono, i battiti, lenti come i riflessi. Prostrata ai piedi dell'immutabile scorrere degli eventi, subisce il vuoto di idee e la scomparsa della speranza. Sono questi gli effetti catastrofici di una guida mediocremente burocratica che manca di guizzi, assente nella costruzione di un'idea, di un sogno comune. Non c'è nulla di politico nell'amministrazione quotidiana della città, solo uno stanco ed inconcludente vagare attorno a problemi che, sofferta la metamorfosi in drammi sociali, schiacciano con la loro enormità le piccolezze di parvenu borghesi chiusi nel loro fortino di fango dal quale si affacciano esclusivamente per lanciare qualche innocuo petardo da social network, unico regno in cui appaiono in una disperata fuga da una realtà sgangherata. C'era una volta in cui erano i detentori di pacchetti di voti a governare le sorti di un gruppo organizzato di individui. Il processo involutivo della sedicente democrazia ha mutato l'assetto facendo salire sul proscenio burattini di cartapesta i cui fili sono tirati dai loro rispettivi referenti che, agendo dietro le quinte, hanno espulso dalle dinamiche politiche il sacro principio della responsabilità in capo alle persone fisiche investite dal consenso. Dalle terze e quarte file la selezione dei "capicordata" ha premiato i più fedeli ed i più docili, perseguendo così una terribile concezione del potere. Tacere per mantenere la posizione, influenzare per marcare il territorio: sono queste le uniche regole da rispettare. Nel frattempo l'agonia di Reggio diventa insopportabile, il respiro è ormai un rantolo, si fa affannoso ed ogni mattina in cui la città apre gli occhi aumenta la consapevolezza che il buio della notte non si è arrestato davanti all'incedere del sole. Riannodare i fili, tranciati dalla diffidenza reciproca, di un sentire condiviso tra gli inquilini di Palazzo San Giorgio e l'anima popolare è, e sarà impossibile: è la connessione sentimentale ad essere venuta meno. La frattura è irriducibile e troppi spettri agitano il sonno dell'una e dell'altra parte i cui destini si sono irrimediabilmente separati. Quando venti mesi fa i reggini furono chiamati alle urne scelsero di assecondare lo spirito del tempo: troppo fresca la ferita aperta dal commissariamento seguita allo scioglimento del Consiglio Comunale per contiguità con la 'ndrangheta, troppo frettolosamente archiviate le motivazioni retrostanti una decisione poi rivelatasi scellerata, nel metodo e nel merito. A dominare all'epoca era la vulgata secondo cui fosse decisivo, per riprendere il cammino bruscamente interrotto, affidarsi alla terapia shock di un giovanissimo rampollo che incarnasse, nella forma più netta possibile, una cesura con il recente passato. Erano stati anni vissuti di corsa, anche se non sempre nella direzione giusta. Lo stop intimato da Roma, epilogo di logiche ben chiare da un lato ed assai oscure dall'altro, ha segnato la traumatica fine di una lunga stagione, quella scopellitiana, appesantita da troppi fardelli, alcuni concreti, altri costruiti ad arte da nemici vicini e lontani. Aspettative forse eccessivamente alte per l'asticella che avrebbe potuto saltare Giuseppe Falcomatà, che niente vantava nel proprio curriculum per meritare la fiducia accordatagli. Presto, prestissimo, infatti, i nodi sono venuti al pettine: un ansimante tirare a campare avviato già con la formazione del gruppo di testa composto, in gran parte, da fanciulli impegnati ancora in una affannosa ricerca di identità. Così facendo, è stato facile per la città smarrire la propria: senza timonieri che conoscessero la rotta, la nave si è subito incagliata negli scogli dell'anonimato. Non serve qui dilungarsi nell'elenco degli scivoloni e degli errori che certificano l'inconsistenza degli amministratori reggini. Tante altre cadute seguiranno e sarebbe ingeneroso verso i cittadini mettere il dito nella piaga ed affondarlo nella purulenza dell'inadeguatezza. Perché il nodo inestricabile da sciogliere è legato in una dimensione che resta al di là della politica ed occupa uno spazio che la precede: in discussione, infatti, sono carisma e leadership. E' il deficit di personalità a riverberarsi sull'azione amministrativa, una debolezza che scarica i suoi fulmini sul mare di attese di un popolo, quello reggino, oppresso da disillusione e disincanto e per questa ragione chino sotto il fardello di un futuro invisibile. Una impreparazione al ruolo di classe dirigente i cui tratti, paradossalmente, presentano caratteri ancor più marcati nelle tappe decisive: non più tardi di qualche giorno fa la presentazione in pompa magna dei contenuti presenti nei Patti per il Sud. Un flusso di risorse finanziarie che dovrebbe contribuire ad accendere la miccia dello sviluppo. Contegno istituzionale messo da parte per far posto ad un trionfo di selfie strappalike su Facebook. L'autocompiacimento al potere, purissima cartina di  tornasole di una "banda" di giovin borghesi che quotidianamente si specchiano nella loro disarmante inconsapevolezza. In fondo, questo è, pur sempre, il luogo in cui basta un torello, libero di scorrazzare per un intero pomeriggio lungo le strade in un sabato primaverile, per mettere a soqquadro l'ordine sociale, preso a schiaffi da una disorganizzazione spudorata. Resta, per fortuna, il sollievo di vivere lontano dalla geografia del terrore islamico: cosa sarebbe successo se, invece, di un esemplare sfuggito al controllo, a vagare per le vie della città fossero stati i fratelli Kouachi che, loro sì, hanno spappolato l'anima dell'Europa? Avrebbero raso ogni angolo lasciandosi dietro le spalle una scia di macerie: la stessa che sarà sotto lo sguardo spento di ogni reggino  se gli "apostoli della Svolta" non imprimeranno prima di subito l'inversione di rotta al fragile vascello, diretto verso l'iceberg dell'oblio. 

Reggio (senz'acqua) affonda nel mare di propaganda: #nonseitulamiacittà

I giorni trascorrono inesorabili e s'ingrossano diventando settimane, mesi. Un fiume che, iniziata la sua corsa dalla fonte della propaganda d'accatto, si è riempito e rischia di tracimare oltrepassando gli argini della pazienza. A Reggio Calabria i rubinetti sono insensibili ai cambi di stagione si ribellano con fiera ostinazione alle magnifiche sorti e progressive dell'Amministrazione Falcomatà ed hanno stabilito, unilateralmente, che la cronica incapacità di erogare un servizio primario, quale quello idrico, è ampiamente sufficiente per qualificare l'azione di una squadra di governo che sguazza con incoscienza nel mare magnum dell'inadeguatezza. E' il Terzo Millennio, bellezza e, se, a distanza di quasi due anni dall'insediamento, il "Sommo Sacerdote della Svolta" non è in grado di affastellare una qualsivoglia azione organizzata finalizzata a comunicare al "pueblo" che a tale ora di tale giorno di acqua non ne scorrerà, scompare, assieme al prezioso liquido, la necessità di porsi domande in merito all'esistenza, o meno, delle concrete abilità da esibire nella gestione di un Ente sedicente Metropolitano. Un'istantanea che regala in maniera plastica  l'immagine del livello apicale di irresponsabilità di chi, ignorando colpevolmente i pesantissimi limiti di cui è portatore, insiste e persiste nell'attività di vendita di fumo a buon mercato. Vero è che quello stesso "pueblo", non potendo aprire i rubinetti, potrebbe almeno spalancare gli occhi e riappropriarsi di quella coscienza sovrana fissata alla base della condivisione di un destino collettivo. Sarebbe un punto di partenza utile per pretendere, finalmente, che anche Reggio Calabria inizi a godere di uno standard di servizi tali da collocarla in un range di civiltà dal quale è, al momento, distante anni luce. Prorompere in noiose giaculatorie sui social non esenta, infatti, il cittadino da quell'imperativo morale che gli impone di non essere asservito all'ignavia. E a nulla valgono le patetiche giustificazioni che tutto riportano alla mai ultimata diga del Menta, perché quella stessa opinione pubblica potrebbe anche accontentarsi, e già sarebbe gravissimo, di essere semplicemente informata in tempo reale e, dunque, rispettata. E, invece, come nulla fosse, si preferisce sopravvivere "sempre senza disturbare, che non si sa mai". D'altra parte, il rapporto che (s)lega amministratori ed amministrati è tra le testimonianze più nitide della "Sindrome di Stoccolma": soggetti prostrati psicologicamente ai piedi dei propri aguzzini. Quando è stata smarrita la saggezza, quando latita una visione (presente e futura), quando è invisibile l'abilità politica di piazzare, con decisione, al centro del tavolo le esigenze fondamentali di una comunità, percepite e reali, non è la Politica il luogo ideale per lasciare sfogare il proprio Ego. L'esito, inevitabile, prodotto dall'assenza di una guida, è quello che conduce dritti alla reciproca dichiarazione di guerra fra coloro che abitano in periferia e quelli che risiedono nel cuore della città. L'ennesimo elemento disgregante dei meccanismi che regolano una ordinata vita sociale. Resi schiavi dalla mancanza, improvvisa, di acqua, succubi dell'inazione, servi della presunta ineluttabilità. Destreggiarsi fra mille e più tormenti: è questa la principale occupazione quotidiana del reggino che, oppresso dagli eventi, è spinto a spellarsi le mani per i "fuoriclasse" efficienti al punto, addirittura, da essere riusciti a far arrivare in città i nuovi cestini. Passaggi epocali che meritano di essere resi immortali dal selfie d'ordinanza, da scattare, però, con rapidità, perché è indispensabile correre a casa per lavarsi prima che vada via l'acqua. 

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