Coronavirus in Italia, record di contagi: 10.925 nuovi casi e 47 decessi

Ennesimo picco dei contagi da coronavirus in Italia, dove, nelle ultime 24 ore, sono stati individuati 10.925 nuovi positivi.

Rispetto a ieri, quando si era superata quota diecimila (10.010), sono 915 in più.

A far lievitare il dato è anche l’elevato numero di tamponi (165.837) eseguiti tra ieri ed oggi.

Con i contagi cresce anche il numero dei ricoveri, sia ordinari (+439) che in terapia intensiva (+67).

Allo stato i positivi sono complessivamente 116.935, 109.613 dei quali si trovano in isolamento domiciliare.

Diminuiscono, seppur di poco, i decessi (47 rispetto ai 55 di ieri).

In totale, in Italia il coronavirus ha fin qui fatto 36.474 vittime.

I guariti invece sono 249.127.

Coronavirus, Italia: si va verso il coprifuoco

Si fa sempre più concreta l’ipotesi del coprifuoco, per cercare di contrastare la circolazione del coronavirus.

Le nuove norme anti covid saranno varate tra domani e lunedì, con un apposito Dpcm.

Tra le misure al vaglio del governo, ci sarebbe appunto quella di un coprifuoco a partire dalle ore 22.

Intanto, già da stasera, in Lombardia pub e ristoranti chiuderanno alle 24.

Le nuove misure allo studio giungono in seguito alla preoccupante diffusione del contagio.

 Ieri, infatti, in Italia sono stati individuai oltre 10mila nuovi positivi su 150mila tamponi eseguiti.

Coronavirus, Italia: oltre 5 mila nuovi contagi nelle ultime 24 ore

Continuano a crescere i contagi da coronavirus in Italia.

Nelle ultime 24 ore, a fronte dei 129.471 tamponi eseguiti, i positivi sono aumentati di 5.372 unità (ieri erano stati 4.458).

Dai dati diffusi dal Ministero della Salute, si apprende inoltre che tra ieri ed oggi ci sono stati 28 decessi.

Tra le regioni con il maggior numero di nuovi casi, figurano: Lombardia (983), Campania (769), Veneto (595) e Toscana (483). 

 In virtù dei 29 ricoveri avvenuti nelle ultime ore, i pazienti in terapia intensiva per coronavirus sono adesso 387.

 I ricoverati nei reparti ordinari sono invece cresciuti di 161 unità, arrivando a 4.086.

 Gli attualmente positivi sono 70.110, mentre i nuovi guariti sono 1.186, per un totale di 237.549.

In aumento di quasi 4 mila unità, anche i positivi in isolamento domiciliare, che sono ora 65.637.

Coronavirus, Italia: oggi 24 vittime e 224 nuovi contagi

Ci sono 440 italiani guariti dal coronavirus, a fronte di 224 nuovi contagiati.

I dati, riferiti alle ultime 24 ore, sono contenuti nell’ultimo bollettino della Protezione civile.

Complessivamente, le persone che hanno superato la malattia sono ora 182.893.

I positivi sono quindi 20.972, con una decrescita, rispetto a ieri, di 240 unità. 

Tra i positivi: 148 (-4) sono in cura presso le terapie intensive, 2.314 (-160) sono ricoverati con sintomi, mentre 18.510 si trovano in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.

Da registrare, inoltre, le 24 nuove vittime, che portano il totale a 34.634.

Dall’inizio del contagio, gli italiani che hanno contratto il virus - compresi morti e guariti- sono 238.499.

Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono: 13.843 in Lombardia, 2.013 in Piemonte, 1.172 in Emilia-Romagna, 583 in Veneto, 365 in Toscana, 248 in Liguria, 991 nel Lazio, 527 nelle Marche, 126 in Campania, 222 in Puglia, 53 nella Provincia autonoma di Trento, 141 in Sicilia, 78 in Friuli Venezia Giulia, 403 in Abruzzo, 75 nella Provincia autonoma di Bolzano, 15 in Umbria, 28 in Sardegna, 5 in Valle d’Aosta, 36 in Calabria, 40 in Molise e 8 in Basilicata.

Coronavirus, Italia: vittime e nuovi casi in lieve risalita

Ci sono 546 italiani guariti dal coronavirus, a fronte di 262 nuovi contagiati.

I dati, riferiti alle ultime 24 ore, sono contenuti nell’ultimo bollettino della Protezione civile.

Complessivamente, le persone che hanno superato la malattia sono ora 182.453.

I positivi sono quindi 21.212, con una decrescita, rispetto a ieri, di 331 unità. 

Tra i positivi: 152 (-9) sono in cura presso le terapie intensive, 2.474 (-158) sono ricoverati con sintomi, mentre 18.586 si trovano in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.

Da registrare, inoltre, le 49 nuove vittime, che portano il totale a 34.610.

Dall’inizio del contagio, gli italiani che hanno contratto il virus - compresi morti e guariti- sono 238.275.

L’italiano medio, ovvero vizi senza virtù dell’italiano al di sopra della media

L’Italia è un Paese di “santi, eroi, poeti, navigatori” ed “italiani medi”.

Da qualche tempo, infatti, soprattutto sui social, la definizione impazza e viene usata per indicare un essere riprensìbile, riprovevole, da tenere alla larga più di un paria.

 “Italiano medio” è ormai l’epiteto, lo sberleffo usato per imbrattare l’interlocutore.

E’ diventato un vero e proprio randello, da tenere in serbo in attesa che la conversazione prenda una china sfavorevole: "l’arma segreta" con la quale annichilire il confronto.

Una volta rimasti senza argomenti, lo si sfodera, si colpisce con durezza e si fa calare il sipario sulla contesa.

 A quel punto, il destinatario dell’invettiva non può che accusare il colpo e battere in ritirata.

Certo, è singolare che ad usare la definizione non sia qualcosa d’altro rispetto agli italiani, piuttosto, tanto i fruitori quanto i destinatari, sono dei comunissimi abitanti dello Stivale, pertanto gente con tutte le sembianze  dell’“italiano medio”.

Tuttavia, nonostante sia in ogni dove, “l'italiano medio” non lo si trova da nessuna parte. Ciascuno, infatti, pensa che sia altro da sé: il collega di lavoro, il vicino di casa, l’avversario politico, l’automobilista indisciplinato, etc.

Costoro, a loro volta, non pensano di essere “italiani medi”, anzi, pensano che ad esserlo siano tutti gli altri, tranne loro, beninteso.

Un circolo vizioso da far diventar matti, per uscire dal quale è necessario compiere uno sforzo di comprensione e cercare di prendere coscienza di cosa in realtà sia “l'italiano medio”

“L'italiano medio” è un uomo senza virtù che non nasconde mai i suoi vizi, anzi, li ostenta con compiaciuta teatralità. Tra le caratteristiche più riconoscibili, la vocazione ad essere il migliore, anche tra i peggiori.

“L'italiano medio” ama primeggiare, non accetta di essere contraddetto, vuole avere sempre l’ultima parola e se si accorge di avere torto o di aver sbagliato non chiede scusa, manda a quel paese.

Infine, giusto per chiudere una carrellata altrimenti destinata a diventare stucchevole, c’è l’ultima caratteristica, lo stigma definitivo che offre il lasciapassare per l’accesso al tutt’altro che esclusivo circolo dell’“italiano medio”, ovvero la protervia.

Sì, proprio l’aggettivo che per il Tommaseo indica “l'ostinata superbia” e per il Fanfanilo star fermo nel mal proposito, [e] il darlo a vedere con alterigia e con arroganza”.

Una volta chiariti i tratti caratteriali dell’ “italiano medio”, si comprende quindi come la categoria annoveri una vastissima e trasversalissima moltitudine d’accoliti.

Per comprendere la portata del fenomeno è sufficiente scorrere i social, assistere ad un dibattito televisivo, o anche uscire per strada e guardarsi intorno.

Si scoprirà che ciascuno, con ostentata e “ostinata superbia”, ha la pretesa di essere migliore di chi gli sta accanto o di fronte.

Il campo in cui lo si intuisce meglio è quello del confronto, in ogni ambito (politico, sportivo, accademico, etc), la cui chiave di lettura non è mai rappresentata dal rapporto dialogico, ma dalla sfrenata propensione a squalificare l’interlocutore. Difficilmente la contrapposizione dialettica sfocia nell’esposizione di idee antitetiche, piuttosto scade nella contumelia, nell’offesa ai limiti dell’oltraggio.

Un atteggiamento, per l’appunto “protervo”, tipico di chi sfugge al confronto non considerando l’avversario degno della sua grandezza.

Un atteggiamento che, guardandosi intorno, si scopre essere assai comune, al punto da far pensare che il vero “italiano medio” si possa riconoscere dalla spiccata propensione a sentirsi un italiano al di sopra della media.     

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L’Italia stremata e il teatro delle ombre di Villa Pamphili

Nell’Italia flagellata dal coronavirus non ci sarebbe tempo da perdere.

Le imprese sono in ginocchio, i lavoratori non ne parliamo.

Il momento imporrebbe riflessioni accurate, scelte coraggiose e una catena di comando rapida ed efficace.

Per momenti come l’attuale, andrebbe rispolverato il vecchio “Festina lente”, il motto attribuito all’imperatore Augusto, articolato sull’ossimoro “affrettati lentamente” che rappresenta un invito ad agire senza indugi, ma con cautela.

L’Italia contiana, invece, sembra aver recepito il concetto al contrario, nel senso che si agisce con indugi e senza cautela.

A testimoniarlo, più che le analisi degli economisti o degli osservatori, sono il disagio, la disperazione, a volte addirittura la prostrazione in cui annaspano milioni d’italiani.

Il coronavirus, poi, ha messo a nudo le discrepanze e le ineguaglianze di un Paese in cui alcuni lavoratori, quelli super garantiti e ipersindacalizzati, al termine della crisi hanno paradossalmente visto crescere la loro disponibilità economica e quelli cui non sono rimasti neppure gli occhi per piangere.

Da un parte, chi ha continuato a percepire il medesimo stipendio e con i consumi limitati quasi esclusivamente alle sole spese alimentari, si è trovato con in banca un insperato gruzzoletto; dall’altra, chi, da sempre senza garanzie, si è trovato ad affrontare il mare in tempesta senza neppure un salvagente bucato.

Per il prossimo futuro, poi, le previsioni sono ancora più fosche: il crollo del Pil, che già in condizioni ordinarie era tutt’altro che entusiasmante, potrebbe trascinare sul lastrico, non solo i precari ed i lavoratori senza voce né diritti, ma anche commercianti e piccoli imprenditori.

Un intero tessuto socio-economico rischia di rimanere schiacciato sotto il peso di una valanga  di proporzioni apocalittiche.

In un frangente del genere, quindi, servirebbero analisi ponderate e risposte celeri.

In Germania, i tecnici della Merkel hanno redatto una cartellina nella quale sono contenute tutte le misure necessarie per rilanciare l’economia.

In Italia, invece, sono state messe in piedi quattro differenti task force, con uno stuolo di esperti o sedicenti tali che, allo stato, non sono riuscite a cavare il classico ragno dal buco.

Come se non avessimo già perso tempo a sufficienza, Conte ha deciso d’inventarsi gli Stati generali.

Un evento mortificante per la democrazia parlamentare sancita dalla Costituzione, che affida al Parlamento il compito di legiferare e quindi discutere gli indirizzi da dare al Paese.

Così, a Villa Pamphili, in barba ai 945 parlamentari, più i senatori a vita, che i contribuenti pagano perché diano le coordinate all’Italia, si ritrova un folto manipolo di tecnocrati non eletti da nessuno e scelti con criteri e modalità sconosciuti ai più.

Ad aggravare il deficit di democrazia, la scelta di non rendere pubblici gli incontri nei quali si parla o si dovrebbe parlare del futuro del Paese e del destino degli italiani.

Infine, come se non bastasse, nonostante il flagello del coronavirus imponga risposte immediate, la kermesse si trascinerà per ben dieci giorni.

Un tempo biblico, soprattutto in un’epoca come la nostra dominata dal mito diabolico della velocità.

Con il Paese a pezzi, dieci giorni sono un’eternità, tanto più  che, giusto per fare un esempio, la conferenza di Yalta, con la quale venne ridisegnato il mondo uscito dalla Seconda guerra mondiale, durò appena una settimana.

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Tallini: "Il Piano Colao taglia fuori il Sud"

“Così non si va da nessuna parte. Il Piano Colao per la ripartenza del Paese sembra essere stato disegnato come un abito su misura per il rilancio del Nord”.

 Lo sottolinea il presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini.

“Del Sud e delle sue enormi potenzialità non c’è traccia – evidenzia - se non tre misere parole in un dossier di 53 pagine. Il Meridione non compare nelle sei Aree di azione individuate dal Comitato degli esperti voluto dal premier Conte, meno che meno nell’analisi dei 'punti di forza e di fragilità' del sistema Italia”.

“Sono dispiaciuto – commenta il Presidente del Consiglio regionale - che anche un manager di origini calabresi come Colao si sia piegato alle logiche che vedono sempre una supremazia del sistema economico padano. I superesperti hanno tracciato regole e soluzioni per tutti, che valgono in Lombardia come in Calabria, e in questo modo non è difficile intuire che solo le Regioni più attrezzate potranno trarre vantaggio da questo piano”.

“Il Sud, che ha permesso all’Italia di sopravvivere con la sua resistenza all’epidemia – commenta Tallini - meritava ben altro. Meritava uno specifico capitolo dedicato alle grandi infrastrutture, a cominciare dal Ponte sullo Stretto, alla modernizzazione dell’agricoltura e del turismo, all’innovazione e alla ricerca, agli incentivi per attrarre capitali dall’estero”.

“Così non si va da nessuna parte – ribadisce il Presidente del Consiglio regionale - Posso solo augurarmi che la politica, intesa come Governo e come Parlamento, corregga questa impostazione burocratica e senza anima, talmente miope da dimenticare che il sacrificio delle Regioni del sud ha consentito di fermare l’epidemia”. “Vedremo – conclude i Presidente Tallini - quali saranno le forze che sinceramente e realmente si schiereranno per un’Italia più equa nelle sue realtà territoriali. Vedremo se alle belle parole di tanti esponenti politici corrisponderanno i fatti”.

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